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Barney Stinson ha un’illuminazione, finisce nel convento di Suor Angela e diventa il nuovo Don Matteo

È un caso di omicidio che nessuno ha mai risolto, quello che da qualche anno caratterizza la città di Modena. C’è chi dice che la verità si sappia, ma che si ha troppa paura di ammetterla, e chi dice è impossibile riuscire a scoprirla veramente. Io, però, sono sicuro di una cosa: io, questa verità, la so, ma non la dirò mai. Ho paura, e Modena è troppo piccola. Dire chi sia stato il colpevole implica condannarsi a morte, scappare dalla libertà e dalla tranquillità. Io, il nome del colpevole, non lo dirò mai. Il nome della vittima, invece, è quello di un mio grande, grandissimo amico. Si chiamava Samuele Roccaforte, ed era il proprietario di una famosa discoteca di Modena, una di quelle che faceva totalmente piazza pulita ovunque. Tutti andavano lì. C’è chi pensa che tutto sia stato frutto di alcuni suoi affari sporchi, e forse in parte hanno ragione. Ma io non parlerò. Non dirò mai la realtà di quello che so. Il mio obiettivo è cercare di godermi la vita nella mia nuova sistemazione: sto nel convento di Suor Angela, e qui le cose vanno bene. Ho vissuto una vita triste, sola, Samuele era ormai l’unica cosa per me. In breve: mi chiamo Roberto, ho 37 anni e sono figlio di una ricca famiglia che – per ragioni che non sto qui a spiegarvi – mi ha buttato fuori casa già da parecchio tempo costringendomi a cercare fortuna altrove. Durante la mia vita mi sono sempre arrangiato come meglio potevo, e in questo Samuele è stato fondamentale. Mi ha dato un lavoro nella sua discoteca, e mi ha dato un tetto. Da qualche anno oramai avevo messo abbastanza soldi da parte per potermi pagare un affitto, ma con la sua morte e la chiusura della discoteca, ho dovuto arrangiarmi. Sono ormai tre anni che sto qua nel convento di Suor Angela. Lei è quello di cui avrei avuto bisogno: una guida, un consiglio, una parola giusta. Oggi è una giornata strana, siamo tutti frenetici. A quanto pare verrà a stare da noi un nuovo prete, uno che – a quanto si è capito – ha appena deciso di intraprendere questa strada. È americano, e tutti quelli che l’hanno visto dicono che puzzi di alcol in un modo spropositato. Ogni volta che passa, tutti si girano a guardarlo come se fosse davvero un miracolo. Io non l’ho mai visto, e adesso sono abbastanza curioso. Nonostante tutto questo, però, il nuovo prete ha creato già i primi malumori. A quanto pare, infatti, durante la sua prima messa, ha utilizzato diverse parolacce per esprimere i concetti religiosi, e qualche volta interrompeva le frasi con la parola Leggendario. Una vecchietta del posto mi ha raccontato che – alla fine dell’omelia – si è rivolto verso i fedeli dicendo: “Grazie per essere stati qua. È stato leggen – aspettate, aspettate – dario!” e tutto questo battendo il cinque al coro, alle suore. Non so dirvi altro, ma oramai il momento è arrivato. Il nuovo prete è qui.

Don Matteo

Di fronte a me sta camminando un uomo biondo, alto, affascinante. La sua toga non è in alcun modo quella classica. Al posto del colletto bianco, ne ha uno rosa. Le maniche sono larghe come quelle dei ballerini anni ’80, e la Bibbia che porta con sé ha un titolo mai sentito prima di adesso: La Storia Di Un Uomo Leggen – aspettate – dario!

Si avvicina a me con fare lento, ma deciso.

<<Padre Stinson, piacere tutto suo. Dove trovo da bere?>> <<Alla fine della stanza, a destra. Piacere, Roberto.>> <<Vieni a bere con Bob. Troviamo qualche pollastra!>> Non so come, ma mi ritrovo a bere con il nuovo prete, e credo faccia già abbastanza ridere così. Suor Angela ci guarda da lontano con uno sguardo che sembra voler giudicare la nostra prematura unione che – forse – non potrà portare a nulla di buono per il convento, o la parrocchia. Ed effettivamente, Suor Angela, tutti i torti non li aveva.

Il prete Stinson – che per me era oramai diventato solo Barney – era diventato a tutti gli effetti la mascotte non solo del convento, ma di tutta Modena. Il suo modo di gestire le prediche era totalmente diverso da quello già visto, e questo comportò un aumento delle presenze durante le messe domenicali. In primo luogo, la sua omelia veniva trasmessa su uno schermo gigante in piazza: chi ci riusciva andava a vederlo in chiesa, chi no andava nella piazza del centro. Le canzoni cantate dal coro cambiarono totalmente diventando Rock, e tutte le sue parole venivano dette con l’ausilio di un microfono che remixava le parole di Barney, dandogli così un ritmo rap. Durante le messe non si donava più alcun euro, ma solo alcol. Lo scambio della pace eliminò totalmente la stretta di mano per far posto alla pacca sulla spalla, e l’ostia venne sostituita con un cicchetto di vodka. Insomma, nulla seguiva più le normali procedure e questo comportò il diffondersi della fama su Padre Barney, diventato per tutti il nuovo simbolo della religione.

Don Matteo

Anche le modalità dei matrimoni cambiarono. Barney decise di modificare alcune delle frasi da sempre utilizzate, aggiungendo le due parole “Sicuro” e “Vabbè”. Per farvi capire meglio, vi riporto quello che successe al matrimonio di un amico di Suor Angela, Carletto.

<<Vuoi tu, Carletto Esposito, prendere come tua legittima sposa Ermenegilda Assisi?>> <<Si. Lo voglio.>> <<Sicuro?>> <<Sì.>> <<Vabbè.>>

All fine della funzione – quando oramai si è pronti per pronunciare la frase che rende ufficialmente sposi – Barney ha apportato la seguente modifica: <<Vi dichiaro marito e moglie. Vabbè.>>

Ma sapete qual è la cosa più folle di tutte? Alla domanda “Se qualcuno vuole opporsi a questo matrimonio, lo dica ora taccia per sempre” rispondeva sempre e solo lui. <<IO MI OPPONGO! Non fate questo errore. State single. Secondo voi perché sono diventato prete? Per sfuggire a questi riti macabri! Salvatevi Non cedete a questo orrore. Il mondo può ancora essere un posto meraviglioso!>>

Ovviamente, nessuno mai aveva dato ascolto a Barney, ma la cosa divertente è che lui era uno dei pochissimi preti che riuscisse anche a farsi invitare alla festa di matrimonio, ed era anche l’unico che alla fine – a quel matrimonio – si ubriacava.

Don Matteo

Io e Barney siamo sempre più amici, sempre più legati. Oramai è lui la star della città, anche se Suor Angela disapprova categoricamente tutti i suoi comportamenti e le parrocchie cercavano di far la qualunque per sollevarlo dall’incarico, ma Barney è furbo, troppo furbo. E questa cosa – me lo sento – potrebbe diventare un grande problema.

Da qualche tempo, infatti, Barney aiuta la polizia nei casi più drammatici. Non sappiamo come, e nessuno riesce a trovare una spiegazione, ma il suo è l’istinto giusto, quello che mancava a questa città. Proprio per questo motivo seppe – dopo pochi mesi – dell’uccisione del mio amico Samuele, una cosa che io – in realtà, consapevole delle conseguenze – decisi di non raccontargli mai. Da quel momento fa delle ricerche, cerca di capire, usa le confessioni – a modo suo – per indagare. Dove era quella persona, che rapporti aveva con Samuele. Ogni dettaglio era fondamentale per riuscire a risolvere il mistero che, ormai da anni, macchia questa città.

<<Tu che rapporto avevi con Samuele, Bob?>> Mi chiede Barney mentre sorseggia un po’ di birra. <<Lo conoscevo>> Rispondo in modo vago, quasi totalmente sfuggente. <<Solo?>> <<Qual è il punto, Barney?>> <<Che oggi, quando sono entrato all’interno della discoteca per vedere il luogo del delitto, nella galleria di immagini eravate sempre insieme. Insomma, sembravate decisamente qualcosa di più che conoscenti.>>

<<Lavoravo lì. Mi aveva aiutato a uscire da un brutto periodo.>> <<E perché non me lo hai detto? Sapevi che ogni pezzo fosse fondamentale per me. Eppure, il mio migliore amico qui, non mi dice assolutamente nulla.>> <<Perché avevo già sofferto. Volevo stare lontano da questa cosa, volevo dimenticarla.>>

<<Bob, te lo chiedo una volta sola: se sai qualcosa, parla.>> Ed è qui che io mi blocco. Non voglio dire. Non voglio conseguenze, ho paura. Perché il colpevole sono io, e non siate scioccati. Ve lo avevo detto, in qualche modo: non ricordate che vi avevo premesso che dire la verità implicasse avere perennemente paura, scappare, salutare la libertà? Dentro di me so che oramai le mie più profonde paure sono realizzate, e che questo nuovo prete ha già capito tutto. Mi sta testando, ma lui sa già.

<<Tu sai tutto, Vero?>> <<Cosa so?>> <<Che Samuele l’ho ucciso io.>> <<Che sia tu, lo so da mesi. Ma non ho mai avuto prove sufficienti, e neanche la polizia. Per questo motivo ti abbiamo sempre tenuto d’occhio aspettando un passo falso, un qualcosa che riuscisse a chiudere il caso. <<Non farmi fuori, Barney. Lasciami scappare, e poi dì pure che sono stato io. Tu avrai la tua gloria, e io la mia libertà.>> <<Va bene, si. Facciamo così. Ma prima dimmi perché hai quello che hai fatto.>>

<<Voleva vendere la discoteca, e quell’acquirente mi avrebbe sbattuto fuori. Samuele continuava a dirmi che avrei dovuto farcela da solo adesso, che lui era stanco di prendersi cura di me. Una sera la situazione degenerò, ed è successo ciò che sai.>> <<Va bene. Adesso che lo so, vai. Scappa. Chiamerò la polizia tra tre ore, tu nel frattempo dovrai essere già su un aereo.>>

Ricomincerò la mia vita altrove, anche se sarà difficile. Non me lo faccio ripetere due volte. Prendo tutto l’occorrente, guardo Barney e mi metto a correre verso la porta. Ma è proprio lì che vengo bloccato. Le forze dell’ordine sono qua, e io sono totalmente fregato. Mi giro verso Barney e gli chiedo cosa sia successo. Si alza dalla sedia e, con un furbissimo sorriso, esclama:

<<Hai visto che piano che ho messo su? È leggen – aspetta un attimo, aspetta, aspetta, mettetegli le manette – dario!>>

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