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Ma A.P. Bio l’ho vista solo io?

Che fa pure rima. Onestamente è molto probabile, visto che in Italia è disponibile sulle reti Mediaset ma non ha più di tanto lustro. A.P. Bio è una sitcom statunitense prodotta dalla NBC e distribuita su Peacock nelle ultime due stagioni. Si tratta di un prodotto molto leggero e con una delle trame più semplici e banali della storia delle serie tv, eppure ha quel non so che, quel fascino da totale underdog che ci ha convinto a vederla e darle una chance, ma tuttora non abbiamo capito se ne sia valsa la pena o meno.

A.P. Bio e il fascino della banalità

a.p. bio
A.P. Bio (640×360)

Prendete un liceo americano, una classe composta quasi interamente da nerd o “losers”, come ci hanno insegnato in decenni di studio dello slang grazie alle serie tv ambientate nelle high school, aggiungeteci, per forza di cose, tutti gli stereotipi possibili ed immaginabili di questo filone, dal nerd mammone al preside sfigato, passando per il club delle prof single a caccia di baldi giovani, e potremmo stare qui per ore a fare altri esempi. L’incipit è talmente banale da far sembrare incredibile il fatto che siano riusciti a mettere su una serie tv di quattro stagioni con una trama del genere. A.P. Bio è la storia di un brillante professore e studioso di filosofia di Harvard, Jack Griffin, interpretato da Glenn Howerton, che viene cacciato dalla prestigiosa università per colpa del suo rivale di sempre, Miles Leonard, ed è costretto a fari ritorno nella città della sua adolescenza, la banale e quiete Toledo, in Ohio, andando a ricoprire il ruolo di professore di biologia nel suo vecchio liceo, richiamato all’ordine da una sua vecchia conoscenza, l’imbranato preside Ralph Durbin. Jack è il maggior punto di forza della serie, è un uomo cinico, vendicativo ed estremamente irritabile, con una soglia di sopportazione ai limiti dell’inesistente.

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A.P. Bio (640×427)

Un po’ come accade a Ted Lasso, Jack finisce per ricoprire un ruolo di cui sembrerebbe non sapere assolutamente nulla, non fosse che la sua intenzione è proprio quella di non insegnare nemmeno una virgola di biologia, ma di servirsi dei suoi studenti per ordire i più assurdi e strampalati piani vendicativi contro Miles e i suoi nemici quotidiani, dal vecchio e burbero vicino disturbatore all’insopportabile marito della sua prima cotta. Jack è intelligente ma decisamente poco scaltro, molto avventato, e i suoi piani finiscono quasi sempre in fumo, lasciandogli però diversi insegnamenti di stampo morale, che con il tempo gli fanno gradire la nuova condizione e cambiare idea sulla tanto odiata Toledo, in cui fin dall’inizio si sente uno squalo in un acquario. Il rapporto che si crea tra Jack e i suoi studenti è epico, la Whitlock High School diventa ben presto una scuola di vita, o di sopravvivenza, in cui i ragazzi più emarginati fanno comunella per affrontare le classiche difficoltà adolescenziali. Tra tutti gli alunni spicca la personalità di Heather, nerd dagli ideali piuttosto grotteschi, studentessa preferita di Jack per via dei suoi modi di fare strampalati e del suo modo di ragionare fuori dagli schemi, è la prima ad apprezzarlo e a seguire tutte le sue stranezze, finendo quasi sempre per risolvere i suoi impicci.

C’è di molto meglio, ma sicuramente c’è di peggio

a.p. bio
A.P. Bio (640×480)

A.P. Bio, da un punto di vista narrativo e strutturale, non ha assolutamente niente di speciale, e siamo abbastanza sicuri di non aver convinto nessuno, almeno fino a qui, a darle una chance. Cliché esasperati, sotto trame talmente banali da sembrare improvvisate, solito circolo vizioso che si chiude alla fine di ogni puntata, eppure ha qualcosa, un non so che di intrigante. Sarà per la cinicità, quella buona dose di black humor sul filo del politically correct che esprimono i personaggi, il fascino del poeta maledetto che si nasconde nel prof. Griffin e la sua storia d’amore con la bella e irriverente Lynette. Sarà quel clima disteso all’interno dell’High School, in cui sembra che nessuno svolga il suo lavoro seriamente o che sia minimamente adatto a farlo, come la maldestra Helen, una sorta di guardia del corpo e assistente personale del preside Durbin, un personaggio dai toni decisamente grotteschi, o la social media manager della scuola (sì, proprio così), che passa le giornate a lamentarsi in diretta Instagram con i suoi follower, o meglio, con quelli della scuola, letteralmente di tutto ciò che le accade, ogni istante. E poi anche il modo di presentare e imporre la trama, diretto e senza fronzoli o peli sulla lingua: io sono Jack, un professore altolocato che non merita di stare qua, in mezzo agli sfigati, e quindi non insegnerò nemmeno per un istante, arriverò a scuola quando voglio e sempre in tuta e maglioncini casual, non vi insegnerò niente, tranne che a vivere, o sopravvivere, in un mondo di squali, in cui anche uno come me è finito per dover rinunciare alla sua carriera e abbassarsi a tanto.

A.P. Bio (640×390)

Ecco, questo sarebbe il giusto biglietto da visita per convincere qualcuno a comprare questo prodotto. A.P. Bio non ha alcun tipo di obiettivo, la stessa serie, man mano che va avanti nelle stagioni, sembra non aver più voglia di reggersi da sola, eppure è davvero scorrevole, un tipo di comicità lineare e piacevole, con tanti quanto improvvisi lampi di genio sparsi qua e là. Ecco, non vi ruberemo altro tempo, ma state certi che nemmeno A.P. Bio vi farà mai pensare una cosa simile, e questo è ciò su cui può e deve puntare una sitcom leggera come questa.

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