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1993, la differenza tra chi si è e chi si vorrebbe essere

1993

Dopo un 1992 colmo di stragi di mafia e scandali politici, ci eravamo lasciati con un auspicio per uno splendido 1993. Ebbene sì, la Serie Tv evento con protagonista Stefano Accorsi è tornata! Per provare a correggere il tiro di un progetto che aveva creato enormi aspettative, forse questo il suo errore più grande.

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Se con 1992 non era stato ancora chiaro, con 1993 è diventato palese il tentativo di raccontare, per ognuno dei personaggi, per quell’Italia e per quel contesto la differenza tra chi si è e chi si vorrebbe essere. La cosa curiosa è che questo, oltre a essere il tema, è anche il problema principale della Serie; 1993 prova a essere qualcosa che in realtà non si è.

Un grande hype, un’ottima campagna pubblicitaria e una buona confezione non contano nulla se poi manca la sostanza.

Romanzare o non romanzare, questo è il problema

Seppur collocati nel contesto di fatti realmente accaduti, le storie narrate sono il frutto delle fantasie degli autori.

Il ruolo dei personaggi, delle società, delle organizzazioni, delle testate giornalistiche, dei partiti politici, dei programmi televisivi, delle pubbliche amministrazioni e in generale dei soggetti pubblici e privati realmente esistenti, è stato liberamente rielaborato e romanzato, così come la loro partecipazione alle vicende immaginarie dei personaggi, inventate dagli autori.

Frutto di fantasia degli autori è ugualmente ogni riferimento all’attività della Compagnia del Bagaglino e del Salone Margherita.

Qualsiasi collegamento con persone vissute o viventi, non esplicitamente individuate, è perciò puramente casuale.

Una serie infinita di mani è la prima cosa che 1993 mette davanti allo spettatore.

Quello che può sembrare un atto dovuto visti i temi, è in realtà la prova della mancanza di coraggio che questi autori hanno avuto nel raccontare una storia di cui non v’è nulla da interpretare, in quanto è appunto ‘storia’. I propositi con cui la Serie si era presentata (colei che avrebbe raccontato il lato oscuro degli anni di Tangentopoli) sono svaniti non appena il papiro sopra esposto è apparso sugli schermi.

La questione principale è creare delle vicende interessanti per rendere intrigante il contesto reale in cui sono inserite. Questo in 1993 non avviene. Sono delle storie piuttosto banali e dai risvolti scontati che hanno solo un leggero retrogusto di contesto storico. Se a questo si aggiunge che sono state trattate con una sufficienza e una consequenzialità ai limiti dell’imbarazzo, beh, il risultato è evidente.

Si preferiva una vicenda cruda, netta, che facesse male perché tremendamente vera. Stare in mezzo tra finzione e realtà e non aver saputo rendere l’una all’altezza dell’altra non ha pagato.

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