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Cosa non ha funzionato nella prima stagione di Resident Evil

Resident Evil si ispira a una saga videoludica storica e famosissima. Riuscire a realizzarne, a partire dall’originale, prodotti transmediali che siano all’altezza e che soddisfino l’esigente audience dei gamer non è dunque operazione semplice. Henry Jenkins definisce il transmedia storytelling come “un processo in cui gli elementi essenziali di una fiction sono sistematicamente disseminati su diversi canali con l’obiettivo di creare un’esperienza di intrattenimento unificata e coordinata”.

Da questo punto di vista Resident Evil non partiva proprio bene: la lunga produzione cinematografica, prodotta da Capcom e ispirata ai videogiochi (6 lungometraggi tra live action, horror e sci-fi usciti tra il 2002 e il 2017) non aveva convinto gli appassionati giocatori e gli amanti del franchise giapponese, nato dalla mente di Shinji Mikami.

La nuova Serie Tv, che abbiamo recensito qui, ideata da Andrew Dabb e prodotta da Constantin Film, ha dovuto quindi fare i conti con i suoi controversi trascorsi transmediali e con una rilevante attesa. In un tempo in cui la distopia come scelta narrativa la fa da padrona, una storia che parla di zombie, armi biologiche e apocalissi virali frutto della Iubris umana è certamente attraente anche per gli estranei alla saga videoludica originale.

Un progetto ambizioso per Netflix. Ma nella nuova Resident Evil molti aspetti non hanno funzionato. Vediamone alcuni.

1. A chi si rivolge la serie? Mancano i paratesti orientativi.

Se l’obiettivo della produzione era di unire due target lontanissimi quali gli esperti giocatori e conoscitori del brand e gli ignari spettatori catturati dal titolo e dal trailer, la strategia non ha funzionato. La serie presenta un incipit in medias res alquanto scontato, dove tuttavia mancano le premesse ontologiche in grado di instradare nella storia un pubblico trasversale e variegato come quello di Netflix.

Per quanto infatti le prime scene siano fin troppo palesi – una donna che capiamo essere l’eroina protagonista che si muove in una Londra spettrale, post-apocalittica del 2036 per studiare il comportamento di un popolo di zombie – la sinossi dà per assodate conoscenze pregresse e molte evoluzioni di trama perdono di senso. Dal nulla, trema la terra ed emerge una gigante creatura mostruosa che non si capisce cosa c’entri con gli zombie. Il nesso è da subito scompaginante e, con un improbabile transizione di montaggio, senza che nulla sia successo, ci troviamo in un’auto che, con un sottofondo di musica dance, conduce una famiglia (un padre con due figlie) all’interno di una cittadina futuristica composta da case bianche geometriche.

Si tratta di un flashback didascalico che non crea engagement emotivo, ma lascia ancora aperta l’attitudine alla visione da parte di più pubblici.

2. Personaggi e ambientazioni senza profondità

Resident Evil cast
Personaggi principali Resident Evil – La Serie Tv

Le narrazioni sono fatte da personaggi e ambientazioni e nella tv seriale il rapporto gerarchico tra i testi è un elemento molto importante. In Resident Evil si nota da subito un’approssimazione che non funziona. Di nuovo con una scelta di montaggio discutibile, prima ancora di poter gustare un principio di caratterizzazione dei personaggi – due gemelle adolescenti, Jade e Billy, e il padre, Albert, appena trasferitisi in un nuovo ambiente, un elegante appartamento high-tech di New Raccoon City – siamo di nuovo con il mostro nella Londra rossa post-apocalittica.

I continui, sconnessi salti temporali restano una costante e non permettono di approfondire un’adeguata caratterizzazione dei personaggi e un’immersione nelle ambientazioni.

Resident Evil
Riprese dall’alto – dimensione post-apocalittica 2036

Per una serie tv che proviene da un videogame, dove lo storytelling spaziale e l’esplorazione interattiva dei mondi è un elemento cardinale, questa carenza immersiva è un deficit. Le scenografie sono deboli, artificiose. La city costruita da Umbrella Corporation, per isolare i suoi dipendenti dalla contaminazione del pianeta, ricorda alcuni spazi progettati da Black Mirror ma senza le sue architetture semantiche e analitiche. 

Resident Evil
New Raccoon City – 2022

I personaggi non sono da meno quanto a frammentazione: a partire dalla protagonista, Jade Wesker (interpretata da Ella Balinska e Tamara Smart), un’adolescente che resta tale anche quando cresce.

Imbrigliata in azioni inefficaci e controproducenti, Jade vuole configurarsi come eroina ribelle per risultare invece personaggio undimensionale e stancante.

La sua indole rivoltosa, contrapposta a quella accondiscendente della sorella,. con cui esiste un forte legame, non trova esiti convincenti. Divisa tra intraprendenza, ricerca e aspetti melò (l’attaccamento alla sorella come quello alla figlia e al marito) finisce con il rallentare la trama, rendendo superflui molti passaggi.

Anche la gemella Billie (Siena Agudong), quella problematica, incompresa, bullizzata, nel suo sviluppo caratteriale non regge. Viene morsa da un cane infetto, nel tentativo di scoprire cosa avviene nei laboratori della Umbrella Corporation, e l’avvenimento che potrebbe creare un forte climax di tensione si appiattisce dentro una sterile interpretazione.

Altri personaggi come Simon (Connor Gosatti) il compagno di scuola esperto informatico figlio di Evelyn Marcus (Paola Nùñez) CEO della Umbrella Corporation, o il reporter investigativo Angel Rubio (Pedro de Tavira) che indaga sull’epidemia scoppiata a Tijuana, vengono inseriti nella storia senza profondità per sbloccare punti della trama che procedono, puntata dopo puntata, a colpi ripetuti di cliffhanger. Albert Wesker (Lance Reddick) è l’unica nota attoriale positiva e il personaggio meglio definito.

3. Horror, Teen Drama e manierismo post-apocalittico: una fusione che non regge

Un mix di generi difficile da costruire che in Resident Evil trova una poco convincente espressione: la linea temporale del passato è incentrata su un teen drama debole e stereotipizzato, oltre che poco credibile in termini di scrittura: la ribellione al padre delle due sorelle, che entrano nell’headquarter blindato della Umbrella Corporation, con un semplice badge; le scene di gelosia e co-dipendenza di Billie verso Jade, il rapporto sconclusionato di Jade con Simon ne sono esempi.

Ci sono troppi elementi in Resident Evil che si sovrappongono senza trovare respiro.

Gli inserti horror sono senza suspense e non suggestionano: pensiamo alla scena in cui Jade visita l’appartamento di Melinda, moglie di Barry (che non sappiamo chi sia): un improbabile momento di perversione psicologica che veicola solo motivi splatter e costrutti prevedibili, come Melinda che tiene i gatti in casa per ucciderli, cucinarli e così alimentare il marito infetto trasformatosi in zombie e ammanettato in bagno.

Barry trasformatosi in zombie e legato nel bagno dalla moglie Melinda

La dimensione post-apocalittica su cui verte la linea temporale del futuro non scatena effetti distopici e si disperde in cliché tra fughe, rincorse, uccisioni e vendette.

Last but not least, l’eccessiva compresenza di compagini: la Fratellanza spiritualista, i Cercatori che si impadroniscono con furti di tecnologia e oggetti preziosi, i cloni di Albert Wesker, l’Università che ha sede nella nave.

4. Dialoghi dissonanti in un linguaggio slangato incolore

Se l’intento linguistico era quello di riproporre certa ironia tipica della storia originale, Resident Evil Serie Tv non vi riesce. Tutt’altro: i dialoghi da B-movie e il linguaggio, parlato soprattutto dalle protagoniste nella fase adolescenziale ma anche da Jade da adulta, è intriso di slang giovanilistico fuori contesto che non offre colore né leggerezza alla narrazione, anzi dissona. Un personaggio come Jade divenuta ricercatrice scientifica avrebbe dovuto avere caratteristiche di parlato radicalmente diverse e coerenti con la sua maturazione professionale, peraltro impercettibile.

Resident Evil, nella sceneggiatura claudicante, non è in tutto e per tutto deludente.

Zombie in Resident Evil

Nonostante tutti i buchi e le superficialità di scrittura, la trama ha un potenziale e alcuni spunti narrativi, come la ricerca sull’anti-depressivo Joy per salvare il mondo dall’infelicità cronica, che potrebbero lasciare spazio ad altre ispirazioni. Anche la resa visiva degli zombie, l’estetica, il trucco, è ben rappresentata e riuscita, al di sopra di molti standard poco impattanti e canonici. In Resident Evil invece c’è una notevole creatività nella rappresentazione poliforme, raccapricciante e per questo efficace degli Zero.

Dal mio punto di vista, infine, il valore aggiunto di Resident Evil sta nell’aver fatto da traino per condurmi verso The Walking Dead da cui ero rimasta distante e notoriamente caposcuola del genere Zombie-Survival. Se, come me, non avete negli anni seguitoThe Walkling Dead , usate così Resident Evil: come traghetto low cost verso la serie leader nel genere.