Attenzione: evitate la lettura se non volete spoiler sulle prime due puntate di Smoke – Tracce di fuoco.
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C’è un momento, tra le fiamme, in cui il tempo si ferma. Il calore diventa un manto che ti avvolge, l’aria è fumo denso che graffia i polmoni, e i suoni si riducono al crepitio del legno che brucia e allo schianto di ciò che cede. Dave lo ricorda bene quel momento. Era ancora un vigile del fuoco quando accadde. Intrappolato in una casa divorata dall’incendio, bloccato tra le lingue di fuoco, con il tetto pronto a crollargli addosso. E proprio mentre la morte sembrava a un passo, la vide. Una figura tra le fiamme. Un collega venuto a salvarlo, pensò. Un volto amico, un’ancora a cui aggrapparsi. Ma quando ci andò a sbattere contro, allora capì: era solo il suo riflesso. Uno specchio, annerito e rotto, lo aveva ingannato. Non c’era nessun salvatore, nessuna mano tesa. C’era solo lui, solo il suo volto deformato dal calore e dalla paura.
E, in quel momento, Dave vide qualcosa nel fuoco. Non un segno, non una rivelazione, non la morte. Solo il nulla. Un vuoto che lo attirò e lo spaventò allo stesso tempo. Un buco nero senza fondo, avvolto dal calore e dalla distruzione. Quel giorno, Dave riuscì a salvarsi. Uscì pochi secondi prima che il tetto gli crollasse addosso. Ma non è mai davvero tornato indietro. Anni dopo, quando lo ritroviamo all’inizio di Smoke – Tracce di fuoco Dave ha lasciato i vigili del fuoco e indossa la divisa della polizia. Si è specializzato in incendi dolosi, e continua a camminare in mezzo alle rovine annerite dal fuoco. La serie si apre così: con un incendio, i resti fumanti e Dave che osserva le macerie come se cercasse un segreto nascosto tra la cenere.
È l’inizio di un’indagine che lo porta sulle tracce di due piromani seriali che stanno terrorizzando la città.

Uno dei piromani lo seguiamo insieme a Dave: un uomo solo, invisibile al mondo, che lavora in un fast food e passa le serate a osservare, da lontano, la felicità degli altri. Quel tipo di felicità semplice e quotidiana che a lui appare negata: una famiglia che ride, una coppia che si tiene per mano. Non sappiamo ancora se bruci per odio o per invidia, ma il fuoco sembra essere il suo modo per cancellare ciò che non può avere. Dell’altro piromane, invece, Dave riesce a scoprirne un dettaglio: grazie a un video di sorveglianza di un supermercato incendiato, nota che il sospetto zoppica.
Nel frattempo, il quadro psicologico del protagonista si fa sempre più complesso. Dave non è un semplice poliziotto segnato dal passato. È un uomo che vive ancora dentro quell’incendio, che non si è mai liberato dal bisogno di essere il protagonista della storia. Sta scrivendo un libro su se stesso, una cronaca eroica in cui gonfia gli eventi, in cui si dipinge come un eroe. Ma basta osservalo per capire che il suo è un racconto vuoto costruito per riempire un vuoto più grande. Smoke, però, non è solo la storia di Dave: è anche quella di Michelle Calderoni, nuova collega appena entrata nella squadra. Anche lei è una figura tormentata, anche se la serie ci offre solo accenni e sfumature del suo passato.
Si intuisce che Michelle porta con sé qualcosa che la spinge a immergersi nel lavoro con una dedizione quasi ostinata, come se nell’ordine delle indagini cercasse di mettere a tacere un disordine più grande di sé. Michelle è competente, abile, concreta. E quando, alla fine della seconda puntata, la verità si svela – il piromane zoppo è Dave stesso, l’uomo che ha inseguito è il suo riflesso ancora una volta – la figura di Michelle acquista un ruolo centrale nel futuro della storia. Sarà lei l’antagonista morale di Dave? O entrambi costruiranno la carriera attorno a dei segreti?

Con questi primi due episodi, Smoke – Tracce di fuoco accende una miccia che promette di bruciare lentamente, consumando certezze e confini morali man mano che la storia si sviluppa. È un racconto che mescola il crime e il thriller psicologico, ma che in realtà parla di ossessione, di identità frantumate, di vuoti che nessun successo o riconoscimento può colmare: Dave non è l’eroe che vorrebbe raccontare nel suo romanzo. La serie, creata dallo stesso showrunner di Black Bird (qui la nostra recensione), ripropone qui Taron Egerton in un ruolo tormentato e ambiguo. E come Black Bird, anche Smoke si nutre di un’oscura ispirazione reale: è infatti basata sul podcast true crime Firebug.
Questa non è la classica storia crime che ci si aspetta. Smoke parte dai codici del genere, ma li piega fino a trasformarli in un viaggio disturbante nella mente di un uomo che cerca di essere eroe e carnefice insieme. La miniserie, disponibile su Apple TV+, va in onda ogni venerdì con un nuovo episodio.






