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Nightmare Alley – La Recensione: cosa c’è di più mostruoso dell’uomo?

Con Nightmare Alley, Guillermo del Toro torna a parlare di favole oscure. Stavolta, però, della sottile aurea di amore e speranza che aleggia nei suoi film precedenti non è rimasto nulla. Bastano i primi cinque minuti per capire dove il film voglia andare a parare e ne bastano dieci per capire chi sia il vero mostro in un baraccone di freak. La pellicola riprende tutti i temi cari al regista – la guerra, gli emarginati, il folklore, il rapporto turbolento con le figure paterne -sottolineando ancora una volta, e forse in maniera quanto mai cruda, come l’uomo sia il più mostruoso tra i mostri. Senza vampiri, fauni o altre creature a esternalizzare l’orrore del mondo, Guillermo del Toro si concentra sulla sanguinosa, avida ed egoistica indole dell’essere umano. Stavolta non esiste alcuna empatia, e la redenzione è una luce fievolissima e illusoria alla fine del vicolo.

Nightmare Alley

1939, un uomo si allontana a passi lenti da un’abitazione dopo averle dato fuoco. Ha il volto di Bradley Cooper e non emette alcun suono per gran parte dell’inizio del film, tanto da farci dubitare sul se parlerà mai. Non servono parole, però, per farci capire quasi fin da subito le intenzioni di questo misterioso e affascinante individuo. E per farci capire la sua natura. Stan Carlisle arriva in un altro paesino del Midwest dimenticato da Dio, non molto diverso da quello che lui stesso si è lasciato alle spalle. In paese, la sua attenzione viene subito catturata da certi baracconi e dai freak che lo popolano. In cambio di un pasto caldo e di un posto in cui dormire, Stan si mette al servizio di Clem mostrando fin da subito una certa calcolata accondiscendenza. Quando Clem gli spiega come faccia a procurarsi “l’uomo-bestia”, Stan non mostra alcun segno di compassione. A pensarci bene, il destino è già scritto qui.

Ben presto, Stan si fa strada all’interno della fiera lavorando come assistente per Madame Zeena (Toni Collette) e il marito alcolizzato Pete. I due hanno messo a punto un complesso sistema di linguaggio codificato, usato durante il numero di predizione e chiaroveggenza di Zeena. Pete custodisce i segreti del suo numero in un diario che tiene gelosamente sempre con sé, con grande disappunto di Stan. Finché una sera Stan – non capiamo bene se per sbaglio o meno – porta a Pete una bottiglia di metanolo anziché di alcol, procurandogli la morte. Deciso a diventare una persona importante, Stan parte e lascia la fiera insieme a Molly (Rooney Mara), l’unico vero simbolo di purezza e bontà all’interno della pellicola.

La partenza di Stan segna idealmente e cinematograficamente la fine della prima parte di Nightmare Alley, dove il viaggio di formazione si trasforma in discesa nella depravazione.

Nightmare Alley

1941. Basandosi sul codice di Pete e Zeena, Stan ha messo a punto un numero che gli ha fruttato fama e successo. Dal paesino nel Midwest alla grande città di Buffalo, la strada del protagonista sembra lastricata di mattoni dorati, ma quello che la nostra Dorothy trova alla fine non è un mago bensì una psicologa molto più pericolosa. Inebriato dal successo, Stan inizia un gioco pericoloso. Contravvenendo infatti alle raccomandazioni di Pete e Zeena, l’uomo inizia a usare il codice in maniera perversa illudendo le persone di poter davvero parlare con i cari defunti. In questa discesa verso l’abisso, Stan trova uno spirito affine nella conturbante psicologa Lilith Ritter (Cate Blanchett), la quale gli offre importanti informazioni sui suoi clienti se in cambio si sottoporrà lui stesso a psicoanalisi. Stan, nutrito dalla presunzione, accetta e inizia persino una relazione con la Ritter mentre inganna il ricco giudice Kimball e il potente Ezra Grindle.

Quest’ultimo è divorato dai sensi di colpa per aver provocato la morte dell’amata Dory, tanti anni prima, dopo averla convinta ad abortire contro la sua volontà. Il gioco al quale partecipa Stan, però, non così semplice e la figura di Grindle comincia a rivelarsi man mano che la storia continua. A niente valgono le paure di Molly e le finte avvertenze della Ritter, Stan è ormai succube della sua stessa avidità che lo spinge a costruire una bugia senza via d’uscita. Il piano finale di Stan è il volo mancato di Icaro. Grindle smaschera l’ultimo inganno reagendo con rabbia cieca e aggredendo Molly. Stan risponde picchiandolo a morte e fuggendo disperato con la donna, ma Molly, ormai completamente disgustata e disinnamorata, lo abbandona ed esce di scena. Proprio l’addio di Molly rappresenta l’inizio dell’epilogo in Nightmare Alley, non c’è più possibilità di redenzione di Stan. Lo capiamo dopo la rivelazione sulla dottoressa Ritter e ancor di più quando lo vediamo, sporco e irriconoscibile, fare il suo ingresso in una nuova fiera.

Nightmare Alley

L’ascesa di Stan si conclude in una rovinosa caduta per mano di Lilith Ritter, la donna-mantide che infine ha la sua vendetta. I trucchi mentali dell’uomo vengono utilizzati dalla psicologa per fare leva sulle sue più grandi debolezze: l’ego e il padre. Una volta in pugno, la Ritter inizia a giocare lei stessa con questa pedina inconsapevole minando le sue sicurezze fino al colpo di scena finale. Schiacciato e sconfitto dalla sua stessa avarizia e superbia, Stan ritorna lì dove tutto ha avuto inizio ma stavolta nel ruolo del freak. Adesso è lui l’uomo-bestia, non rimarrà più niente della sua dignità di uomo e della sua mente e questo lui lo sa. Eppure, mentre il finale giunge inesorabile, Stan non può fare altro che concedersi un’ultima tragica risata abbracciando a pieno il nuovo ruolo.

In Nightmare Alley non c’è lieto fine, non c’è via d’uscita dal vicolo stretto e buio in cui lo stesso Stan si è infilato all’inizio del racconto, sicuro di sé ma in realtà ignaro dei pericoli nascosti nell’ombra. La favola noir di Guillermo del Toro ci presenta un antagonista nelle vesti di protagonista, mentre la bontà ha il volto sperduto e infelice di Molly. E se Stan è il vero villain di questa storia, allora Lillith non è che la creatura oscura che lo tenta, lo inganna e infine lo annienta. D’altronde cosa c’è di più mostruoso della natura umana?

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