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Mr. Robot 3×04: ogni cosa non significa più nulla per me

Quando Elliot Smith creò “Everything means nothing to me” grondava sangue da un braccio. Poco prima aveva impugnato un coltello e si era inciso sulla carne la parola “NOW”. Quindi si era messo al piano e in un flusso ininterrotto aveva composto il suo lascito spirituale.

Vogliamo partire da qui in questa recensione del quarto episodio della terza stagione di Mr. Robot. Dalla canzone che ha accompagnato l’ultima scena. Elliot Smith ha rappresentato nel panorama alternative-rock americano uno degli ultimi déi. Morì all’età di trentaquattro anni, depresso e sfiduciato, togliendosi la vita. “Everything means nothing to me” è un brano crudo e malinconico in cui l’autore vede il futuro come una statua immobile sulla cui spalla un uccellino – che ricorda molto il corvo di E. A. Poe – ripete che “Ogni cosa non significa nulla per me”. Smith si appropria di quelle parole, le rende un grido disperato, il suo grido disperato, ora che è finito il tempo in cui “lui era ogni cosa fosse destinato a essere”.

Non c’è più spazio per la speranza e la possibilità di cambiare. In quella canzone morì davvero Elliot Smith, in quel tragico, inascoltato grido. “NOW”, il presente, era l’unico tempo ancora possibile, ancora immaginabile: il futuro era ormai passato. Tre anni dopo si sarebbe pugnalato a morte al petto con un atto inusuale per un suicida ma perfettamente coerente con la sua personalità. Due ferite, due atti di colpa inflitti a se stesso.

La batteria fa la sua comparsa improvvisa e inattesa nella seconda parte di “Everything means nothing to me” producendo uno straziante lirismo in cui i colpi ai piatti si fondono con i battiti del nostro cuore. Mr. Robot

È in quell’istante che Darlene depone la foto di un passato che non tornerà più. È allora che si rende conto che il futuro è già passato. L’immagine di lei ed Elliot insieme al padre in un raro momento di serenità familiare appare il delicato, malinconico e disperato lascito di chi prende atto che ormai “ogni cosa non significa più nulla”. La deposizione della foto è nient’altro che la deposizione dei fiori sulla tomba di Elliot. La tomba del rapporto sentimentale con suo fratello.

Per un momento Sam Esmail decide di abbandonare i contorti grovigli della mente di Elliot e in questo episodio di Mr. Robot si ferma a osservare con partecipazione il dramma della quotidianità. Il dramma di chi quella quotidianità la vorrebbe, anzi, l’avrebbe voluta, ma gli è negata. Darlene non desiderava nient’altro che ricongiungersi col fratello. Stabilire con lui un rapporto familiare “Non ho passato questo ultimo anno con te per fare questa cazzo di cosa… Come la vuoi chiamare… Il vero motivo per cui l’ho fatto era per poterci riavvicinare”, ammette candidamente nella 3×02. E anche Elliot si sofferma più di una volta nel finale della scorsa stagione e nella premiere della terza a immaginare un ideale mondo fatto di semplice, essenziale normalità.

I due fratelli questa normalità non l’hanno mai avuta. È stata strappata loro da piccoli e non hanno più potuto riconquistarla, persi nelle loro nevrosi, nei traumi irrisolti del passato.

Perfino quel ricordo felice, quel momento di condivisione familiare – il pupazzo di neve realizzato con le sembianze di Kevin McAllister – è intaccato dal drammatico episodio della violenza subita da Elliot a opera del padre. Non è un caso che il protagonista di Mr. Robot rievochi la vicenda proprio nel terzo episodio di questa stagione appena dopo le parole pronunciate dalla sorella. Anche lui, come lei, vorrebbe poter rinunciare a tutto, vorrebbe vivere la normalità.

L’episodio 2×06 ci aveva già mostrato quell’irreale mondo comedy in cui Elliot si era rifugiato per sottrarsi alle sofferenze di un pestaggio. In quella realtà c’era l’amore paterno, la vicinanza della sorella, il sentimento sincero e semplice per Angela. Non potrà mai concretizzarsi questa visione. Questo quarto episodio lo chiarisce più che mai. Non c’è ritorno. Solo tristezza e rimpianti.Mr. Robot

Darlene non solo non si è riconciliata in un rapporto sano col fratello ma ha anche perso la persona con cui avrebbe voluto passare la sua quotidiana normalità, quel Cisco morto tragicamente a opera della Dark Army.

La ragazza indugia al pc sulla pagina di un’offerta di viaggio verso Budapest. Non possiamo non ripensare alle parole di Cisco: “Pensi mai di mollare tutta questa merda, darci un taglio? Non possiamo essere una coppia normale che si lamenta della bolletta dell’acqua? E che si informa dei pacchetti vacanze per… Budapest?” (3×03). Quella normalità non è negata solo a Darlene ed Elliot. È negata anche alle persone che li circondano. Alle persone che vorrebbero stare al loro fianco. Non c’è più spazio neanche per la speranza.

Forse Darlene ha un piano di fuga. Forse tutte quelle domande all’agente DiPierro sono funzionali a un furto d’identità. Ma contestualizzate in un episodio come questo forse non sono altro che un disperato tentativo di Darlene per stabilire un contatto emotivo. Quello che l’apatia del fratello gli ha sempre negato. Quello che non ha mai potuto trovare nella sua famiglia. La speranza di un amore che la morte di Cisco ha infranto per sempre.

È la stessa solitudine di Elliot.

“Ogni cosa non significa nulla” per lui. Non ha più neppure un ideale nel quale rifugiarsi. Vive stancamente ogni giorno della sua esistenza tentando di arginare le conseguenze delle sue stesse azioni. Incapace di vivere realmente. Vittima delle sue nevrosi, dei suoi tarli mentali. Vittima di se stesso. Ma è anche l’isolamento umano e ideologico di Mr. Robot, rinnegato perfino da chi, come Tyrell, lo aveva considerato un dio. “Una volta pensavo tu fossi un dio”, afferma il ragazzo. “Ti amavo. Ma ora vedo quanto io fossi stupido e tu inferiore a me. Come un cazzo di scarafaggio”. La fragilità di Elliot/Mr. Robot, la sua contraddittorietà non possono portare al finale completamento e neppure al completo aborto della “fase 2”. Come una Penelope Mr. Robot tesse di notte e Elliot disfa di giorno.

La profonda morale nichilista di questo rassegnato episodio non può fare a meno di una citazione che più di altre chiarisce l’aridità umana di un Elliot/Mr. Robot ormai vittima dello scoramento più nero: “Non fare mai appello agli scrupoli di un uomo. Potrebbe non averne”, afferma, opponendosi all’idea di Tyrell di rivelare a Whiterose il rischio di fallimento del piano e chiedere una proroga. È questa una frase pronunciata da Lazarus, il protagonista di “Time Enough for Love” (“Lazarus Long l’Immortale”, nella versione italiana), romanzo fantascientifico di Robert A. Heinlein. “È più conveniente fare appello al suo interesse”, si concludeva poi la riflessione originale.Mr. Robot

Mr. Robot è la rassegnazione di Elliot: è, come abbiamo visto, la sua rabbia, la frustrazione e la volontà di vendetta.

Rappresenta il lato più cinico e arrivista del protagonista. Il suo Es, eternamente proteso all’affermazione. Ma ora scopriamo quanto questa personalità sia debole e fragile come lui. Quanto incapace sia di affermarsi completamente. Perché per forza di cose è solo una pennellata nella mente di Elliot, è solo una parte di lui. E se è vero che come dice Elliot stesso “Qualsiasi cosa lui faccia: non sono io”, è altrettanto vero che “C’è qualcosa dentro di me che non mi permette di rinunciare a ciò che abbiamo iniziato”.

Non si può scindere Mr. Robot da Elliot. L’uno non esiste senza l’altro.

Ed entrambi sono responsabili pienamente di quello che fanno. Non c’è contradditorietà nel volere e non volere l’attacco hacker finale. A livello razionale Elliot vorrebbe annullare (“undone”, come afferma nella 3×01) tutto ma dentro di sé ha questo irresistibile desiderio di vedere dove lo porta ciò che ha iniziato. Ha la volontà dell’Es di vedere affermato se stesso e il suo piano: di farsi Dio. Di avere questo potere eccezionale di ribaltare il mondo. Lo stesso potere di cui si è invaghito Tyrell, già compromesso nella sua megalomania.

Non sappiamo (e come potremmo?) se la fase 2 avrà luogo. Se il piano della Dark Army e di Mr. Robot vedrà il suo completamento. Quello che sappiamo è che Darlene ha deposto i “fiori” sulla tomba del fratello. Ha deposto le speranze nel futuro di un passato che non è mai esistito. Non c’è ritorno. Non c’è speranza. Il futuro è già passato. “Ogni cosa non significa nulla”.

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