ATTENZIONE! L’articolo potrebbe contenere SPOILERS del film His Three Daughters
Chiuse in una casa con il padre morente, tre sorelle affrontano il lutto incombente e tutti i loro non detti. Fine. Basterebbe così poco per riassumere il dramma familiare che è His Three Daughters (disponibile sul catalogo Netflix qui), in cui non succede davvero nulla di eclatante tranne la vita nella sua complessità. Katie, Rachel e Christina sono tre sorelle che non si parlano tanto e che non si vedono mai (ecco le sorelle più disfunzionali delle serie tv). Unite, per la prima volta da moltissimo tempo, dalla morte che volteggia sul letto del padre malato. All’interno della casa di famiglia, le tre sono come prigioniere sia dello spazio fisico che di quello mentale. Uno spazio che si stringe sempre più inesorabile attorno a loro fino a un inevitabile confronto.
In His Three Daughters, però, non esiste, come potremmo aspettarci, nessuna catarsi, nessuno momento di disperazione o rabbia che sconquassa le vite delle protagoniste. Il padre muore. La vita va avanti. Forse i rapporti si sono ricuciti. Una flebile luce di speranza ci fa intendere così. Che, dopotutto, la morte possa liberare i vivi così come i defunti dalle stupide faccende quotidiane.
Le tre sorelle sono talmente concentrate da loro stesse e isolate dal proprio dolore da non rendersi conto della preziosa occasione che la malattia del padre rappresenta. Grottescamente ironico ma così sono tante cose della vita. Ormai sempre più malato, Vincent è bloccato a letto dove riceve le cure delle figlie e dell’hospis. Nell’attesa inevitabile della sua morte, His Three Daughters si costruisce per 1h e 44 minuti. Un limbo di emozioni contrastanti al cui centro non troviamo mai il malato ma le donne che lo assistono. Nel mentre “l’angelo della morte” Angel, l’infermiere, tenta con spietata logica di spiegare gli eventi e che cosa aspettarsi. Di fronte a questa presa di coscienza, Katie, Rachel e Christina rispondono in maniera distinta, coerentemente con la loro indole.
His Three Daughters è un dramma familiare ma è anche un esemplare piéce teatrale ambientato a New York.
Le tre magnifiche protagoniste di questo racconto sono tre attrici brillanti, profonde e commoventi: Carrie Coon, Elizabeth Olsen e Natasha Lyonne (ecco 5 serie tv in cui ha recitato). Conosciute forse soprattutto dal pubblico televisivo, le tre interpreti posseggono lo spazio con superba maestria fondendosi quasi con le pareti, le finestre e quella poltrona in salotto. L’unico spazio al di fuori della casa è il parchetto dove Rachel va a fumare per fare un piacere alla sorella.
In quello spazio oltre la casa, il mondo fuori continua a esistere infischiandosene del dolore che avviene all’interno. Il non luogo della casa, percepito inizialmente come asettico e freddo, assume calore umano man mano che la vicenda si evolve. Occupando quello spazio, come quando erano bambine, Katie, Rachel e Christina tornano a riempirlo di emozioni e di ricordi. Fino a quando, in un finale che parla da solo, il padre non esala l’ultimo respiro sulla poltrona in salotto e non relegato a letto come per il resto del film.
Katie
Il primo monologo di His Three Daughters è il suo. Quello con cui mette in chiaro fin da subito che tipo di persona e sorella sia e quali siano le sue convinzioni. Katie è la sorella maggiore, il soldato insensibile che affronta il dolore con irreprensibile logica. Non cede ai sentimenti neppure per un istante, forse solo nel finale del film quando si rende conto di non avere una sola sorella ma ben due. Barricata dietro quella perenne aria di superiorità, Katie non riesce a scrollarsi di dosso il ruolo di “cattiva” della storia. Agli occhi delle sorelle, della figlia adolescente e probabilmente anche del marito lei è sempre fredda e dura.
C’è un momento breve ma molto significato in cui è lei stessa ad affermare che quel ruolo è l’unico che conosce perché non ha mai avuto spazio per essere altro. Katie è arrabbiata e giudicante ma solo perché incapace di giudicare se stessi da fuori, nella stessa maniera spietata con cui giudica gli altri. Carrie Coon (protagonista di The Leftovers che dovreste assolutamente guardare) eccelle nel rendersi volutamente antipatica e dispotica. irrigidendo la postura e i manierismi del suo personaggio. Nel suo totalizzante rigore, però, Katie rimane una persona vera, tangibile e quindi sempre umana.
Christina
Dolce, accomodante e naive. Ma solo in apparenza. La Olsen che ce l’ha fatta per davvero ci regala una performance preziosa in His Three Daughters, tanto più perché lontana dalla feroce Wanda alla quale ci ha abituati negli ultimi anni. La sua Christina è la sorella meno chiara da comprendere, quella che vive tra le sfumature di grigio. Sconnessa dalla realtà per la maggior parte del tempo, Christina sembra essere rimasta bloccata agli anni in cui partecipava ai festival e ai raduni hyppie. Prima di diventare una madre e un’adulta, di conseguenza. La vita perfetta di Christina e quel senso di pace interiore sono solo un’altra facciata dietro la quale la sorella minore ha deciso di nascondersi.
Rachel
Ultima ma non per importanza troviamo Rachel, l’outsider del trio. La sorellastra, l’aggiunta, colei che non è figlia di sangue ma che si è comportata molto più da figlia delle altre due. La sorella che è rimasta accanto al padre fin dall’inizio della malattia e che non riesce a vederlo soffrire. Anche lei innalza muri. Fatti stavolta di canne fumate una dietro l’altra, di scommesse a tarda notte e di partite di baseball che si ripetono in un loop incessante per dare un senso al tempo che passa inesorabile. Piccoli rituali il cui scopo è anestetizzare la ferita prima ancora che questa si crei. Nell’attesa indefinita della morte del padre, Rachel con la sua aura di menefreghismo è, in realtà, colei che se ne frega di più.
Le sorelle sono rimaste lontane per molto tempo, ognuna presa dalla propria vita e dalle rispettive priorità. Eppure basta tornare nella casa dell’infanzia per resettare il tempo e vestire di nuovo i panni delle tre “paperelle pazze” di molto tempo prima. La gerarchia viene ristabilita. Ognuna riprende il proprio posto all’interno dello spettacolo, sul suo posticino ben evidenziato sul palco. Quando le luci si accendono, Katie, Christina e Rachel sanno perfettamente che parti interpretare. Ed è così che procede buonissima parte del primo atto.
Nel secondo, qualcosa si inceppa. Ognuna delle sorelle di His Three Daughters inizia a spogliarsi della maschera teatrale per mostrare nuove, interessanti sfaccettature.
Il teatro trasla nella vita e la vita torna a essere teatro in quel breve, terzo atto in cui il protagonista stavolta è Vincent. Le sorelle interpretano la loro parte con cura e attenzione, attenendosi perfettamente al copione di sempre. Forse come in ogni famiglia che si rispetti. Tra una tazza di caffé e l’altra (davvero troppe tazze di caffé) le sorelle riescono a ritrovarsi nel dolore, ad abbattere i reciproci muri e a sventolare bandiera bianca. Legano in quelle giornate di dolore e attesa più di quanto abbiano fatto per tutta la loro vita. Ma una domanda sorge inevitabilmente spontanea a conclusione di His Three Daughters. Il legame creatosi nello spazio ristretto della casa potrà sopravvivere nel mondo di fuori, una volta tornate alla vita?