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A distanza di due anni esatti dall’uscita della prima stagione, la miniserie svedese Barracuda Queens è tornata su Netflix con altri sei scoppiettanti episodi che scorrono via senza troppi pensieri. Avevamo lasciato il gruppo di ragazze appartenenti all’alta borghesia di Stoccolma impegnate in piccoli furti di quartiere. E che quartiere: Djursholm (dallo svedese = isolotto degli animali) ospita la comunità più abbiente dell’intera Svezia, tanto da vantare gli immobili più costosi del paese. Grandi ed eleganti ville con giardino situate a pochi passi dal mare in cui risiedono le protagoniste che, un po’ per gioco e un po’ per noia, si sono trasformate in una specie di Robin Hood al contrario. Rubano ai ricchi per dare…ai ricchi, cioè a loro stesse.
Nella seconda stagione l’ambientazione è diventata però ancora più invitante e suggestiva. Chi conosce Stoccolma lo sa. Il suo centro è come un quadro incorniciato dal cielo e dall’acqua. Azzurra, quando splende il sole. Grigia e argentata quando il tempo è uggioso. Rosa e arancione quando riflette i lunghissimi tramonti estivi. La capitale svedese è una bottega di profumi e di odori, dalla cannella al caffè, dalle pietanze a base di pesce al sale. Gli occhi si aprono sugli edifici colorati della città vecchia, accarezzano le barche ormeggiate lungo i moli e poi sempre più in là, attraverso alberi, parchi, musei all’aperto e gallerie d’arte. Ed è proprio una di queste, la Thielska Galleriet, la location in cui si srotolano le avventure della seconda stagione di Barracuda Queens.
Inoltre anche l’epoca è cambiata. Le amiche si sono lasciate gli anni ’90 alle spalle, per entrare nel nuovo millennio con lo stesso affiatamento e le stesse idee ribelli del passato. Lollo, la leader del gruppo, è appena tornata in Svezia dopo aver trascorso del tempo a Parigi. Amina lavora presso la Thielska mentre Frida, Klara e Mia stanno per concludere i loro percorsi di studio. Niente di particolare sotto il sole, quindi, se non fosse che la voglia di indipendenza delle ragazze ancora una volta prende il sopravvento sulla loro vita agiata e soffocante.

È interessante vedere come cerchino di destreggiarsi tra l’ennesima bugia raccontata ai genitori e l’ennesima rapina di qualcosa che finisce con il diventare più grande di loro. Fa sorridere il pensiero che sia Lollo (come sempre) la reale incarnazione del caos e la causa dei principali guai delle Barracuda Queens. La ragazza “una ne pensa e cento ne fa” e per quanto rappresenti una rampolla viziata e altezzosa, non si riesce proprio a non volerle bene. Lo stesso discorso vale per le amiche, una più simpatica dell’altra.
Con la prima stagione avevamo sottolineato come la scrittura delle personalità delle protagoniste sia una delle caratteristiche più notevoli della serie. Un pregio che confermiamo anche per la seconda, se non fosse che a risultare un po’ meno credibile sia la trama. Le Queens sembrano infatti essere diventate delle abili ladre professioniste, capaci di mettere a segno i colpi più complicati con una pianificazione e una facilità troppo irreali. Tra festini ad alta gradazione alcolica e pranzi in ristoranti chic (una sequenza è stata girata nel meraviglioso mercato coperto del quartiere di Östermalm), le amiche riescono addirittura ad acquistare – con soldi illeciti, ovviamente – un lussuoso e luminoso appartamento senza che i genitori sospettino di nulla.
Tuttavia, nonostante alcune situazioni ai limiti della fantasia, Barracuda Queens è uno show che sa intrattenere e che strizza l’occhio agli spettatori che nei primi del Duemila erano adolescenti. Perché diciamo questo? Perché la colonna sonora pop è semplicemente favolosa e da sola vale la visione dell’intera serie. Ricky Martin, Fatboy Slim, All Saints, New Radicals e – per non farsi mancare nulla – Britney Spears, sono solo alcuni degli artisti che con le loro canzoni segnano lo scorrere dei minuti e delle vicissitudini del gruppo di amiche.
Sono brani che si attorcigliano con la giovinezza, le risate, la spensieratezza e gli amori che, come cantava Antonello Venditti, “fanno dei giri immensi e poi ritornano”. Esattamente ciò che avviene alle Queens quando ritrovano vecchi sentimenti che non si erano mai spenti del tutto. Durante i sei episodi c’è un continuo scambio tra passato e presente, tra anni ’90 e anni ’00, e questo è senza dubbio un altro merito da appuntare ai creatori dello show. Per i più nostalgici: pensate che le protagoniste possiedono il mitico e indistruttibile Nokia 3310. O ancora, che una delle madri segue in tv una gara di Formula 1 dove in testa c’è Michael Schumacher tallonato da Mika Häkkinen.

A differenza della prima stagione, però, la seconda non sembra preoccuparsi di approfondire alcune tematiche prettamente legate alla figura femminile e alla gioventù. Il rapporto conflittuale con i genitori, il ruolo dell’educazione famigliare e l’ipocrisia dell’alta borghesia, hanno lasciato il posto a una storia fine a sé stessa. Le ragazze rubano, spendono soldi, rubano di nuovo, fino al concitato epilogo delle ultime due puntate. Succede davvero di tutto in questi sessanta minuti di girato. Le situazioni rocambolesche e divertenti in cui si ritrovano implicate le ragazze convergono, però, in un unico e importantissimo punto: il valore dell’amicizia.
La complicità e il volersi bene delle amiche sono il rimedio contro tutte le delusioni e i tradimenti provenienti dal mondo maschile. Per quanto le relazioni e i comportamenti delle persone spesso risultino contorti o incomprensibili, avere una spalla su cui appoggiarsi e con cui confidarsi è il dono più prezioso che si possa avere. Soprattutto quando si è ancora così giovani, inseperti e, perciò, più vulnerabili. La miniserie svedese quindi, ancora una volta, riesce a raccontare una storia con leggerezza, inserendo velatamente una riflessione da romanzo di formazione.
Così mentre le note di “Oops!…I Did It Again” accompagnano la camminata delle Barracuda Queens nella sequenza finale della serie, ci chiediamo se lo faranno davvero di nuovo. Ci sarà una terza stagione? Noi speriamo di sì, dato che la trama principale si conclude ma lascia aperte alcune storyline che meriterebbero uno sviluppo ulteriore. E poi, dai, diciamolo: le protagoniste sono troppo simpatiche e spigliate. Irriverenti e scanzonate. Espansive e un po’ folli. Possono davvero abbandonarci così?