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Come ti convinco a guardare Atlanta?

 Cos’è la genialità? Fantasia, intuizione, decisione e velocità d’esecuzione…

Così la definiva Mario Monicelli, nel film “Amici miei” del 1974. Ebbene, Monicelli aveva ragione, ma la genialità risiede anche nel saper trasformare l’ordinario in straordinario. Avere la capacità di incuriosire, come fosse la prima volta, riguardo temi già sentiti e fortemente inflazionati. Questo è esattamente ciò che accade in Atlanta.

Lo stereotipo è l’aspetto che Donald Glover, sia come regista che come interprete, decide di raccontarci. Senza troppe pretese ma con un indubbia motrice di originalità, ricavata da due ingredienti semplici quanto importanti: l’umorismo e l’ironia. L’hip hop e il mondo afroamericano, si ergono a rigidi pilastri di una trama di carattere sociale, nella quale i protagonisti occupano un ruolo stereotipato ben preciso di autodenuncia contemporanea.

Ogni episodio di questa serie, rappresenta uno shot di situazioni comiche e sarcastiche. Brevi, della durata di poco più di 20 minuti, ma con il fine di far riflettere su una realtà di cui si conosce poco, prendendosi poco sul serio. La location che funge da ambientazione, altro non è che la città omonima: Atlanta.

atlanta-paper-boi

Questa è la città natale di molti famosi rapper, nella quale la rete sociale è di estrema rilevanza per la musica e il suo successo. Parliamo di una città viva, avente una forte identità e con il cuore che pulsa a ritmo di rap. Luogo nel quale lo stesso regista è nato e ha intrapreso la sua momentanea carriera da rapper (Childish Gambino). Atlanta mette in risalto la freschezza dei suoi personaggi, coinvolgendoci con adeguati stimoli e battute di spirito.

Ma di cosa stiamo parlando nel concreto? La storia è quella di un rapper, “Paper Boi”, che tenta di farsi strada nel mondo nero e underground della musica. Una strada irta di ostacoli e pregiudizi. Paper, acquisirà più volte un successo fragile, perennemente sul filo del rasoio sociale. Conseguenza di un radicato sistema nel quale la forza e la presenza sul territorio sono un elemento caratterizzante.

Il rapper, in questa sua faticosa ascesa discografica, è affiancato dal cugino Earnest Marks (interpretato da Donald Glover), un giovane in precarie condizioni economiche che da sempre sogna di lavorare nel mondo della musica e nonostante i suoi più immediati e concreti problemi non si perde d’animo e si re-inventa manager di suo cugino, rivelandosi più volte il personaggio chiave del gruppo e reale protagonista della Serie.

atlanta earn marks

Earn Marks è il simbolo della volontà e della perseveranza professionale, rappresenta l’altra faccia della medaglia di Paper Boi, il quale, senza Earn, sarebbe lasciato solo nella sua incapacità di gestire la sua carriera e la sua leggerezza nell’affrontare la vita di tutti i giorni. A chiudere questo pittoresco quadro di principali interpretazioni abbiamo Darius, l’amico sempre strafatto e comic relief del gruppo. Infine Van, la fidanzata di Earn, il grillo parlante del nostro protagonista, al quale ricorda i problemi della loro vita, sia economici che di coppia, come una chimera che silenziosamente plana sui sogni di Earn ricordandogli la sua realtà di tutti i giorni. Come se ciò non bastasse, non è certo finita qui per il piccolo gioiello di Donald.

Le colonne sonore sono, come accennato precedentemente, un concentrato di pura e cristallina anima hip hop che ci accompagna diligentemente nella storia e nella vita dei nostri protagonisti. La selezione comprende brani di un certo livello ma anche di nicchia, interessanti da scoprire e ascoltare in loop.

In conclusione, perchè guardare Atlanta? Difficile da stabilire, la domanda forse più opportuna da porsi è “perchè non vederla”? Atlanta rappresenta il giusto intrattenimento breve a carattere culturale. Una serie leggera e adatta a ogni momento “morto” della giornata, sopratutto per la sua durata. Non mancherà, tuttavia, di darci quel qualcosa di più profondo di una semplice risata e al contempo di farci riflettere sui temi più disparati, rendendo la Serie “multitasking” e difficile da inquadrare in una macro e riduttiva categoria che è in questo caso il genere comedy. E poi, diciamola tutta, a chi non piacciono le comedy con neri, droga e musica?

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