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Il finale di Ozark ha riscritto una regola non scritta dei finali delle Serie Tv drammatiche

ATTENZIONE: questo articolo contiene SPOILER sul finale di Ozark.

Sono bastate 4 stagioni per rendere i Byrde immortali, per dimostrare quanto dei genitori possano spingersi lontano pur di garantire un futuro ai propri figli. Dopo 4 stagioni in cui Marty e Wendy Byrde (rispettivamente interpretati da Jason Bateman e Laura Linney) hanno toccato il fondo senza riuscire a risalire e sono rimasti impigliati nella rete della malavita, il dramma originale Netflix ha diviso il pubblico con il suo finale, distribuito dalla piattaforma di streaming il 29 aprile 2022. Anche se si è confermata una delle migliori serie televisive dell’anno, perché nessuno ha mai messo in discussione gli elementi che l’hanno resa così famosa, non tutti sono stati convinti dalla scelta di scrittura degli ultimi episodi.

Perché? Perché Ozark non si è piegata al fan service e ha osato mettere in discussione un elemento classico delle serie tv drammatiche e di quasi tutte le storie che l’uomo ha inventato dall’alba dei tempi. La produzione ha deciso di rompere gli schemi, di uscire fuori dai bordi per lasciare spiazzati gli spettatori e dimostrargli che la vita di Marty (Jason Bateman) e Wendy (Laura Linney) non è solo finzione sul piccolo schermo, ma parte di una problematica reale che potrebbe coinvolgere chiunque. I Byrde sono vittime di un sistema, di una società, di un mondo che non sempre ammettono soluzioni comode o piacevoli. Sono immersi nella vita vera e, come tutti ormai sanno fin troppo bene, la realtà è diversa dalla finzione. Il pubblico fiuta la finzione e la schiva in una serie che deve essere specchio del vero.

laura linney e Jason Bateman
Laura Linney e Jason Bateman (640×354)

Non esiste un happy ending. La vita è buia, proprio come ha affermato il finale di Ozark.

È con l’episodio intitolato Una fine difficile che questo dramma Netflix si chiude definitivamente. E quella che riguarda i Byrde e i loro affari è davvero una fine difficile, ma non è la loro fine. Il percorso si chiude per Ruth (una stratosferica Julia Garner). La giovane Langmore è ormai stufa di scappare. Non sopporta più questa vita in cui ogni giorno perde qualcuno che ama, ma non ha intenzione di fuggire e di abbandonare la propria casa e la terra su cui è cresciuta insieme ai suoi amati cugini.  Anzi, è proprio su quel terreno che vuole finalmente costruirsi una casa degna della donna che è diventata. Ma deve fare i conti con Camila, l’ultimo membro della famiglia Elizonndro rimasto a controllare gli affari del cartello della droga. Ancora una volta, come la serie ci ha purtroppo insegnato, sangue chiama sangue. Ruth ha ucciso Javi e Camila, dai Byrde, pretende un figlio per un figlio. Nonostante tutto, Marty (Jason Bateman) ha imparato a volere bene a Ruth, la considera parte della famiglia, e dovrà convivere tutta la vita con il dolore e il senso di colpa per la sua morte.

Ruth viene uccisa. Nel pieno della sua rinascita, con indosso un abito bianco latte che simbolizza il suo desiderio di una nuova vita. Ma è l’unica a pagare il prezzo del sangue che ha versato. Una delle tante vittime, alla fine, di ciò che i Byrde hanno iniziato e non sono stati in grado di fermare. Per un po’, soprattutto Marty (Jason Bateman), è stato tentato di ripulire il denaro, di uscire fuori da questo loop di inganno e morte, ma dal finale di Ozark capiamo che lui, Wendy (Laura Linney), Charlotte (Sofia Hublitz) e Jonah (Skylar Gaertner) non faranno niente di tutto ciò.

julie garner
Julia Garner (640×368)

I Byrde sono diventati i peggiori nemici di loro stessi. Sono loro i veri cattivi di questa storia.

La mente del cartello della droga. La famiglia più ricca delle Ozark Mountains. Si sono spinti così oltre da essere riusciti a imporre le proprie regole fino alla fine, plasmando la situazione a proprio piacimento. Scontrandosi con opposizioni costanti ma rimanendo sempre lucidi nel momento di compiere scelte difficili. Sono esseri umani. Hanno commesso molti sbagli ma non hanno cercato redenzione. Hanno proseguito imperterriti lungo la strada già battuta da altri criminali. Si sono trasformati in ciò che all’inizio detestavano ma che hanno provato ad aiutare per necessità. E nel percorso, le soddisfazioni sono state evidentemente più grandi delle perdite subite.

Alla fine, i Byrde si sono trovati tutti insieme a fronteggiare (paradossalmente) non il cartello della droga, ma un esponente della giustizia. Lo hanno affrontato nell’unico modo possibile: combattendo con le armi che negli anni al servizio degli Elizonndro hanno imparato a usare senza rimorsi. Ed è significativo che a sparare il colpo finale contro l’agente Mel sia stato Jonah, la vittima più piccola di tutto questo caos. Da bambino innocente a spietato assassino in sole 4 stagioni.

L’evoluzione dei Byrde si è compiuta alla rovescia. Anziché crescere e maturare secondo i canoni classici dei personaggi, i protagonisti di questa serie Netflix sono tornati indietro, accrescendo solo la consapevolezza con cui hanno agito ogni giorno. E com’è andata a finire?

Marty (Jason Bateman), Wendy (Laura Linney), Charlotte (Sofia Hublitz) e Jonah (Skylar Gaertner) hanno vinto. Ma non sono più persone innocenti. Sono i villain. Hanno vinto da ricchi criminali, mantenendo inalterato tutto il patrimonio conquistato con anni di servizio per il cartello della droga. È davvero raro trovare una serie tv drammatica che riesca a portare sullo schermo, con così tanta chiarezza e bravura, personaggi non stereotipati, complessi, sfumati e soprattutto umani sotto tutti i punti di vista.  

jonah byrde ozark
Skylar Gaertner (640×388)

I Byrde si salvano tutti. Il loro nucleo familiare è finalmente al sicuro, e lo schermo nero che si frappone all’improvviso tra gli spettatori e la loro storia, dopo lo sparo di Jonah, sorprende non poco. Lascia con un senso di amaro in bocca e con un senso di ingiustizia che non troverà però altre soluzioni. Siamo costretti a vedere le cose come stanno. Per amore della realtà, questo dramma si è spinto oltre. Ha riscritto la regola per cui alla fine il bene vince sempre, per cui non importa quanto sia cattivo il mondo ma alla fine i buoni riescono a farla franca e i cattivi a pagare per i loro errori. E ha riscritto anche quella che prevede, molto spesso, che i cattivi diventino buoni e imparino dai propri sbagli.

Niente di tutto questo.

Netflix ha saputo dare vita a un prodotto drammatico realistico e potente senza ricorrere a banali stratagemmi narrativi per indirizzare la storia dove va di solito. Sono stati in grado di puntare sul modo giusto di fare serie tv di qualità. Perché per essere credibili e appassionanti, le storie che vediamo sullo schermo, non hanno bisogno per forza di un lieto fine.  

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