ATTENZIONE: L’ARTICOLO CONTIENE SPOILER SU OZARK.

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Sarebbe interessante dedicare un articolo ai divani più importanti e iconici delle serie tv. In Twin Peaks le sue forme morbide hanno celato l’apparizione della figura di Bob. Una sequenza terrificante di cui rammentiamo ogni dettaglio. In The Big Bang Theory è quello dell’appartamento condiviso da Leonard e Sheldon, dove il posto all’estremità destra della seduta deve essere tassativamente lasciato libero per accogliere il protagonista della sit-com. In Friends il divano è quello del caffè Central Perk, sul quale i sei amici si scambiano confidenze, chiacchierano, scherzano e si confortano a vicenda. E poi c’è il divano di Ruth. In pelle, un po’ sgualcito, consumato, vissuto come la sua proprietaria. Quel divano posto di fronte al lago di Ozark, in posizione scenografica – se il contesto economico e sociale fosse diverso – in mezzo alla piazzola e alle baracche dove la ragazza vive con i famigliari che le sono rimasti.
Quello spazio circondato dagli alberi come a creare una sorta di palcoscenico naturale, è il luogo in cui è cresciuta e in cui può trovare una lieve consolazione dalle brutture e dalle tragedie della sua vita.
Il divano diviene un rifugio verso cui ritornare, su cui sedersi a gustare una birra fresca (la sua bevanda preferita) in compagnia dei suoi cugini o del fidanzato, Ben, sparito troppo presto. Su quel divano Ruth ha persino immaginato suo zio, ucciso da lei stessa, impegnato a suonare la chitarra acustica.
Questo sogno a occhi aperti precede e in qualche maniera annuncia – chiamandola – la morte della ragazza, avvenuta durante una fresca sera d’estate piena di luci e di stelle.

Tuttavia, per arrivare a questo risultato – a questo epilogo ingiusto e immeritato – Ruth ha dovuto e ha voluto mostrare tutte le sue sfumature, fino ad arrivare al bianco candido del vestito che indossa nel momento della sua morte. Non è un caso, credo, che sia stato scelto proprio questo colore. Se è vero che Ruth si è macchiata di crimini gravi e gravissimi per gran parte della sua esistenza, è anche vero che la sua vera natura tende alla sensibilità.. E i suoi fini, i suoi obiettivi, la portano nelle direzioni più disparate, rendendo impossibile polarizzarla nettamente al di là delle considerazioni più ovvie.
Ruth è un personaggio fatto di carta velina. Fragile, sottile, stropicciato dalle mille pieghe della sua personalità, stracolma di rabbia ma anche di amore incondizionato. Verso suo cugino Wyatt – prima di tutto – e persino verso il padre, per il quale prova una sorta di bene risentito, di affetto consapevole di non essere ricambiato. Quando il signor Cade Langmore viene scarcerato, è Ruth colei che sistema l’arredamento del loro container cercando di renderlo il più accogliente possibile. Con questa semplice azione dimostra cura e attenzione nei confronti di un genitore che, a conti fatti, non meriterebbe nemmeno una briciola dell’intelligenza e dell’amore della sua unica figlia. E spetta a Ruth, naturalmente, il compito di riconoscere il corpo di Cade steso sul letto freddo dell’obitorio. Il primo di una serie di morti che svuoteranno lentamente la vita della ragazza, riempendola di silenzi e di disperazione.
Per tutte e quattro le stagioni di Ozark abbiamo visto Ruth lavorare instancabilmente e quotidianamente per permettere ai cugini più giovani di proseguire gli studi, ma anche per poter mantenere il suo piccolo mondo incorniciato da poche e modeste proprietà.
Inoltre (e questo è forse l’aspetto che ci fa riflettere di più sulla sua condizione) la ragazza diviene la collaboratrice principale della famiglia Byrde nel riciclo di soldi del cartello messicano. Ora, proviamo a dimenticarci per un attimo la questione di quanto sia irritante il comportamento di Wendy Byrde e cerchiamo di concentrarci unicamente sul rapporto tra Marty e Ruth.

I due personaggi di Ozark da un certo punto in avanti costruiscono una relazione padre-figlia (o maestro-allieva) spontanea e naturale. Emozionante da vedere e da seguire. Una boccata d’aria fresca e di speranza, soprattutto per Ruth. Marty infatti sembra essere l’unico ad aver notato e compreso le doti e le capacità della ragazza. L’uomo è perfettamente consapevole delle potenzialità di Ruth ma, soggiogato dalla moglie e dal pericolo del cartello, finisce per usarla come chiunque altro. Ruth uccide addirittura i suoi zii per salvare la vita di Marty. Viene persino torturata da Helen per ore, per essere ingiustamente sospettata e accusata di qualcosa che non ha compiuto.
Ed è sempre Ruth a liberare i figli dei Byrde da un nonno vendicativo e alcolizzato. Cosa riceve in cambio di tutto questo? Può davvero ogni scelta confluire sempre e solo in puro interesse economico? In opportunismo egoista e privo di gratitudine? A quanto pare sì. E questo è probabilmente il boccone più amaro da mandare giù quando pensiamo alla storia di Ruth Langmore.
C’è però un altro evento del suo percorso che ci fa comprendere quanto questo personaggio sia commovente e profondo.
L’evento in realtà è un oggetto: una biscottiera con il coperchio a forma di testa di capra. Ruth infatti è una persona che, al di là della scorza ruvida e scurrile, sa ascoltare e sa assorbire i desideri e i sogni di coloro a cui vuole bene. Quel divano di cui abbiamo scritto all’inizio dell’articolo è il luogo in cui la giovane si innamora di Ben. In cui scopre i suoi interessi e la sua aspirazione di vivere in campagna con un allevamento di capre.
La tristezza che quella biscottiera, di lì a poco, conserverà le ceneri del suo ragazzo invece che dolci appena sfornati, frantuma lentamente il foglio di carta velina nel quale è avvolta Ruth. La sua forza, dopo la morte del fidanzato, inizia a vacillare. La presa di coscienza che la sua vita non avrà mai un lieto fine si fa strada nei pensieri della ragazza, diventando certezza definitiva quando anche suo cugino Wyatt viene ucciso brutalmente.
Ripensandoci a posteriori, ci si rende conto di quanto gli sceneggiatori di Ozark siano stati davvero spietati nei confronti di questo personaggio.
Eppure queste scelte narrative rappresentano la leva che ha sollevato e ribaltato le coscienze di noi spettatori. Infatti per molti di noi la storyline di Ruth è la causa principale dell’ammirazione e degli elogi rivolti alla serie targata Netflix.

Ozark è Ruth, possiamo dirlo, perché la ragazza era già lì ben prima dell’arrivo dei Byrde. Lei ci è nata in quella regione, ci è cresciuta. Ha guardato il cielo notturno insieme a Wyatt, quando erano bambini. Ha imparato a stare al mondo, a sapersi arrangiare in qualsiasi situazione. Si è innamorata, a Ozark. Ha tenuto duro e si è battuta per un futuro che le è stato precluso. E mentre intorno a lei tutto cambiava, mentre ogni famigliare se ne andava – in un modo o nell’altro – lasciandola sola, Ruth era ancora lì. Un passo avanti, due indietro, poi ancora uno in avanti.
Allo stesso tempo, Ruth è Ozark. È l’insieme di ricordi, di affetti, di musica rap ascoltata a palla dentro l’auto. È il suo divano, il suo abito bianco, la sua biscottiera, la sua vita. Quella che non sa di meritare ma che è l’unica che ha potuto vivere. In quella lotteria del tutto incontrollabile che in italiano si chiama nascita, a volte si pesca per puro caso il biglietto vincente, in cartoncino spesso e resistente. Altre volte, invece, si pesca quello in carta velina. Delicata, sfumata, versatile e spiegazzata, come il bellissimo personaggio di Ruth Langmore.