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Ma come ha fatto Ossessione a fare tutti questi ascolti?

Il 13 Aprile ha debuttato su Netflix Ossessione, una miniserie britannica che unisce l’erotismo a risvolti thriller.
Che sia ancora per l’effetto 50 sfumature di grigio o per il recente addio a Sex/Life, la miniserie britannica ce l’ha fatta, si è presa subito un posto nella Top 10 globale della piattaforma.
Chi lo avrebbe mai detto?
Di certo non io dopo averla guardata, eppure eccomi qua a scriverne.
Oscar Wilde aveva proprio ragione: parlarne bene o parlarne male non importa, purché se ne parli. Era stato così anche per il film da cui è tratta la miniserie, Il Danno, a sua volta ispirato dall’omonimo romanzo di Josephine Hart.
Quando uscì nelle sale la critica si divise in due e anche in quel caso nel bene e nel male seppe far parlare di sé.
Netflix, comunque, ha investito sul titolo in termini di promozione.
In occasione del lancio ha aperto persino una boutique a luci rosse a Londra, città che fa da sfondo alla storia di cui stiamo per parlare.

Ossessione
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Peccato che Ossessione si sia rivelata una candidata perfetta per le 10 Serie Tv più brutte degli ultimi 10 anni

William Farrow è un chirurgo molto stimato e vive nella sua bella casa con Ingrid, una giudice altrettanto di successo con cui è felicemente sposato, almeno all’apparenza.
Il figlio della coppia, Jay, ormai diventato un giovane adulto, è un medico promettente proprio come suo padre.
La famiglia Farrow sembra perfetta e lo è, ma la perfezione per sua natura ha un difetto.
Lo so, sembra contraddittorio, eppure è così. La perfezione porta sempre con sé la noia.
Per questo lo sguardo di William è assente. Non è un uomo, bensì un automa. Un pupazzo senza vita che opera pazienti, va in palestra, mangia sano, intrattiene relazioni di lavoro e ogni notte dorme accanto alla stessa donna da anni, poi si risveglia e ripete tutto da capo.
Ha raggiunto tutti i suoi traguardi e ora è fermo, in uno stato di stasi nel quadretto della sua famiglia perfetta. Quella felicità è solo una posa e in quella foto, a dire il vero, William nemmeno sorrideva.
Ma una sera il chirurgo viene baciato dallo sguardo di una donna e si risveglia come in una favola… per adulti.
Lei gli si avvicina.
Guardandola così da vicino è chiaro, avrà qualche anno in più di Jay. La sensuale sconosciuta infatti si presenta come Anna Barton, la fidanzata di cui il figlio gli aveva parlato.
In un secondo quella scintilla pare spegnersi in William quando lei lo mette inavvertitamente al muro con delle frasi allusive. Nei giorni successivi il ricordo di quella conversazione ricca di sottintesi non lo fa più dormire.
L’uomo condannerà quella foto di famiglia in cui ha posato per anni a subire uno strappo irreparabile a causa della sua ossessione per Anna.

Non tutto in Ossessione è da buttare

Ossessione
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Ho subito un danno. Le persone danneggiate sono pericolose. Sanno che possono sopravvivere

Anna Barton

Charlie Murphy nei panni di Anna è affascinante, persino magnetica nonostante la scrittura del suo personaggio risulti assai superficiale.
Purtroppo non le è stata dedicata nemmeno una parentesi di vera introspezione in grado di concretizzarne il fascino nonostante l’alone di mistero attorno alla donna sorreggesse la narrazione.
“Capire” Anna è il fine per cui si prosegue con la visione. Quando però si arriva effettivamente a sapere quel che c’è da sapere semplicemente non si ha più voglia di saperlo.

Lei e William si lanciano qualche altro sguardo famelico durante il primo incontro ufficiale in presenza di Jay e Ingrid, tanto quelli non vedrebbero nemmeno un T-Rex che passeggia in salotto.
Anna e il papà dell’anno cominciano a vedersi in un appartamento in cui consumano tutta la passione preferibilmente su superfici dure e fredde come i pavimenti.
Così conducono una vita parallela beati e tranquilli, senza suscitare i sospetti di nessuno. Tanto Jay è lo stereotipo del bravo ragazzo che chiude un occhio, pure l’altro e poi si tappa le orecchie.
Quando chiede ad Anna delucidazioni su cosa abbia fatto in sua assenza a lei basta dire “Impara ad amare le domande, Jay” e allora lui smette di farne. È una frase che non ha letteralmente senso che lei le ripete continuamente. Ancora non l’ho capita eppure con lui funziona ogni volta.

Non c’è un’escalation nell’ossessione di William per Anna

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Le scene erotiche anche più spinte non hanno vigore, sono condite da dialoghi espliciti che più che sexy risultano vagamente imbarazzanti e manca l’elemento principale in una storia di questo genere narrativo: la chimica.
Tra Jeremy Irons e Juliette Binoche nel film del ’92 ce n’era eccome, tra Charlie Murphy e Richard Armitage nella miniserie non si può dire lo stesso.
L’attore che abbiamo apprezzato come Thorin Scudodiquercia in Lo Hobbit, usa si e no due espressioni facciali per il piatto William, un personaggio che effettivamente non ha molto da dire e che quando prova a comunicare qualcosa risulta cringe. Come la volta in cui si masturba freneticamente annusando un cuscino su cui ha dormito Anna.
Il tutto appare continuamente forzato.

In compenso la miniserie si guarda in un pomeriggio e il finale ha quel tipo di colpo di scena che aspetti per tutto il tempo.

Ammetto che ho iniziato a guardare Ossessione aspettandomi un tipo di erotismo più vicino a quello di Sex/Life o anche di Bridgerton che con Regé-Jean Page, scientificamente, l’uomo più bello del mondo ci ha decisamente sorpresi.
Ma questa volta siamo lontani anni luce dal risultato sperato, tuttavia l’elemento thriller prova a trascinarci stancamente verso un finale a sorpresa che era nell’aria sin dall’inizio.
Voi credete che sia valso l’attesa?