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Il seguente articolo contiene spoiler su Only Murders in the Building

Con il passare degli anni, anche nel mondo delle serie tv abbiamo visto un cambiamento della narrativa per i progetti trasmessi. Il sempre maggior sviluppo del settore ha portato più interesse verso gli show televisivi e una maggiore ricerca di qualità, significati e sottotesti. Questo non è un male, anzi, le serie tv sono ormai definite dai più un mezzo di trasmissione diverso dal cinema, ma non per questo inferiore. E questo flusso di cambiamenti ha portato gli sceneggiatori a divertirsi sempre di più, creando opere in grado di trasmettere due, tre, quattro significati anche solo rileggendo il titolo. È questo il caso di Only Murders in the Building.

Il prodotto ideato da John Hoffman e Steve Martin, con quest’ultimo impegnato anche nel ruolo di co-protagonista, narra le vicende di tre fan di un podcast crime che si ritrovano ad affrontare un vero omicidio nel proprio palazzo e uniscono le forze per risolvere il caso. Nel corso della serie i tre decidono di aprire il loro podcast tramite il quale narrano delle proprie indagini e si creano un ristretto gruppo di spettatori accaniti che vogliono conoscerli.

Se in qualsiasi altro articolo ci saremmo messi qui a raccontarvi i tantissimi pregi di questa serie, che l’ha fatta entrare nelle grazie di molti spettatori e l’ha resa una delle comedy di punta dell’anno, oggi le intenzioni sono diverse. Perché la genialità narrativa di questo prodotto si appoggia ad una scrittura di eventi, sviluppo di essi e soprattutto simbolismi tutti legati alla perla più sottovalutata del prodotto: il suo stesso titolo.

Only Murders in the Building

Lo abbiamo imparato: l’inglese è una lingua perfetta per quanto riguarda i giochi di parole e i molteplici significati di una singola frase. Tanto che se oggi vi dovessimo dire quale delle due traduzioni sia quella più sensata, non sapremmo scegliere. Ma lasciateci spiegare meglio questa curiosa faccenda. Il titolo viene in qualche modo spiegato nella prima stagione quando i tre decidono di aprire il loro podcast. L’idea è di differenziarsi dalla miriade di concorrenti nel settore e, data la loro inesperienza, decideranno di indagare solo sui casi avvenuti all’interno del loro condominio.

Questa scelta sembra banale e appare come un escamotage semplice, ma in varie interviste è stato detto che Steve Martin aveva in mente il nome per la serie sin dal primo momento. E non ci stupisce affatto, in quanto questo primo significato rispecchia ottimamente il prodotto. L’idea di rendere questa serie “ristretta” alla sua palazzina e i condomini di essa, le ha quasi regalato quel senso di sitcom dai luoghi prestabiliti e ripetuti. Pur con pochi episodi abbiamo conosciuto al meglio il palazzo e le varie personalità che lo abitano sui diversi piani. Il che fa da contorno in modo perfetto a tre protagonisti che più realistici di così non potrebbero essere.

Un ex attore come tanti altri, impacciato con le donne e abbastanza abitudinario. Un produttore che non ha mai avuto successo e va avanti tra rimpianti e sogni difficili da realizzare. E una giovane ragazza che non sa bene cosa fare della sua vita, con un passato turbolento e tanta difficoltà ad aprirsi e fidarsi. Tre soggetti perfetti per ascoltare un podcast.

Qui, la metanarrativa e i parallelismi fanno da padroni alla serie

Only murders in the Building

Esattamente come Charles, Oliver e Mable, noi spettatori ci ritroviamo ad assistere a una risoluzione del caso avvincente e che ci tiene attaccati allo schermo. L’empatia con personaggi così realistici e ben approfonditi è quasi naturale. Vediamo le vite comuni di tre persone che non hanno più esperienza sul risolvere i crimini di quanta ne abbiamo noi sul governare gli Stati Uniti, spacciare Metanferamina o essere a capo di una gang Mafiosa dopo aver visto un paio di serie tv. Questo ci fa rispecchiare sin da subito nei tre protagonisti che, però, col proseguire della serie diventano sempre più capaci e narrati in modo tale da allontanarli quasi dallo spettatore.

È qui che Only Murders in the Building ha il colpo di genio implementando nella serie la figura dei fan accaniti dei tre, facendo ricadere l’idea di immedesimazione degli spettatori verso di essi. Questa “distrazione” permette alla serie di osare coi suoi protagonisti: iniziamo a vederli interagire di più fuori dal condominio, i loro colpi di genio sono decisamente più inaspettati e alcuni lati delle loro azioni ci vengono celati. Come in un perfetto trucco magico, la serie applica una misdirection per mettere in atto il grande sviluppo inaspettato e sorprenderci ancora una volta. A quanto pare questa serie è molto di più di quanto ci aspettassimo.

Ma se l’idea di fondo cambia così tanto in corso d’opera, non è forse che anche la traduzione era ingannevole?

Only murders in the Building

Con la svolta degli eventi abbiamo notato come all’interno di questo maledetto condominio avvengano misfatti in continuazione. I condomini, sospettati durante i vari episodi, appaiono quasi tutti come personaggi negativi. E se quest’idea di un maledetto condominio non fosse casuale? Tranquilli, non vogliamo dire che dalla seconda stagione potremmo vedere situazioni paranormali o fantasy. Dimenticatevi fantasmi, spettri, mostri. Quel che stuzzica il nostro pensiero è la formazione degli abitanti di questa struttura. Pare quasi che ognuno di loro, all’interno, abbia un’influenza negativa verso gli altri. Forse Only Murders in the Building non è una regola, ma una premonizione.

In mezzo a un gruppo di persone del genere, a seguito dei vari omicidi avvenuti in passato e all’inizio degli eventi, si è aggiunto anche quello che andremo ad esplorare nella seconda stagione. E forse il senso di sventura è proprio che in quel condominio possano esistere solo omicidi. Solo futuri negativi e criminali che, sotto la maschera del buon vicino e dietro la porta accanto, sono pronti a farsi giustizia da soli per ottenere successo nella loro vita. Ed è così che il gioco di parole cambia la nostra prospettiva, ma neanche di troppo. Perché se prima eravamo sicuri che, se ci fossero stati altri omicidi all’interno del palazzo, sarebbero stati investigati dai nostri personaggi, ora quell’ipotesi sembra superflua.

Come su un Orient Express, dove chiunque sembra sia colpevole che innocente, l’Arconia diventa un personaggio a tutti gli effetti, con un’influenza negativa su chi vi abita e un alone di mistero che non calerà a breve. Purtroppo per sapere di più dovremo attendere la seconda stagione di Only Murders in the Building, pronti a venir di nuovo sballottati da una parte all’altra tra comedy e investigazioni in pieno stile giallo. Perché questa serie non è mai nata per essere un prodotto bidimensionale e fine a sé stesso, si è aperta ad interpretazioni e ragionamenti come quelli che i protagonisti mettono su nelle loro case. Ed è in momenti come questi che ci ricordiamo perché abbiamo amato così tanto questo prodotto.

Ci sentiamo rappresentati da chi vuole uscire dagli schemi della monotonia e vivere il brio dell’avventura. Sia esso indagare su un omicidio nel proprio palazzo o cercare di entrare nella testa degli sceneggiatori e nei cuori dei fan. E Steve Martin aveva pensato tutto questo sin dall’inizio: impressionante.

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