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La classifica dei 5 migliori episodi di Only Murders in the Building

Stilare la classifica dei migliori episodi di Only Murders in the Building è un’impresa titanica. Non solo perché questa serie è riuscita a mantenere una qualità altissima dal primo episodio fino all’ultimo. Ma anche perché una classifica dei migliori episodi è molto soggettiva: Only Murders in the Building è una serie che sa far ridere come commuovere, che sa tenere incollati allo schermo e farci battere il cuore in prenda all’ansia. Ci saranno quindi tante classifiche quanti i gusti degli spettatori che si orientano più in un senso o nell’altro.

Tuttavia abbiamo cercato di essere i più imparziali possibili e di restringere il campo a solo 5 epici episodi di una serie praticamente perfetta.

5) Apri e chiudi (1×10)

Only Murders in the Building
Only Murders in the Building (640×345)

L’ultimo episodio della prima stagione chiude un cerchio perfetto. O quasi. Quanti di voi avevano completamente rimosso quel twist iniziale che sarebbe poi stato il preludio per la stagione successiva? La grandezza di questa serie sta nel fatto che è costruita così bene che semplicemente ci dimentichiamo dei salti, ma ci immergiamo totalmente nella storia. Le diamo totale fiducia.

Ma questo episodio in particolare si regge sulle spalle di Steve Martin che ha saputo darci un assaggio delle sue doti di attore drammatico, comico e mimico. La scena di Charles che si alza dalla sedia a rotelle pronunciando un discorso degno della conclusione dei migliori cult. Unendo la consapevolezza della persona che è diventata e che non sarebbe mai potuto essere senza aver conosciuto Mabel e Oliver e desiderando insieme finalmente battersi e farsi vale a costo di sacrificare la propria vita, Charles Hayden-Savege si erge a eroe, come Brazzos. Solo che immediatamente dopo vediamo che quella scena era avvenuta tutta nella sua testa e che Steve Martin è ancora legato come un salame e che, invece di pronunciare un grande discorso, sta solo farfugliando. Ecco la genialità di questa serie di Disney+: inserita in un momento topico, mentre la tensione sale e tutti i nodi vengono al pettine, realizza un climax di emozioni impareggiabile.

4) So chi è stato (2×10)

Only Murders in the Building (640×360)

Anche nel caso della seconda stagione, l’ultima puntata è stata epica: un mix di comicità, colpi di scena e drammi personali. La serie che si era aperta con il podcast Non c’è niente di okay in Oklahoma, si chiude con un richiamo proprio a quel podcast che ha dato il via a tutto. Probabilmente il colpo di scena l’avevano anche iniziato a subodorare all’inizio di questa decima puntata, ma siamo rimasti travolti dal corso degli eventi. Un gioco costruito con maestria si snoda in una serie di accuse a raffica, di interventi di Howard dalle scarse doti attoriali, slow motion e finte morti.

Una scena del genere sarebbe potuta risultare ridicola, priva di senso e serietà, se gli interpreti non fossero stati così perfetti. C’era sinergia, ritmo: più che una scena recitata, sembrava una danza e gli attori – da Selena Gomez a Cara Delevigne – hanno saputo muovere passi puntuali e carichi di energia. Anzi, l’arrivo di Cara Delevigne è stato proprio un colpo da maestro: nel momento in cui Alice entra, si insinua in noi il dubbio che sia stata effettivamente lei. D’altra parte, ha nascosto di essere la figlia di Sam. Invece, ben presto è quella stessa Becky che con la sua morte aveva unito i tre protagonisti si rivela una spietata assassina.

Il finale poi, con la partecipazione di Paul Rudd, ci fa presagire un’eccitate terza stagione.

3) L’ultimo giorno di Bunny Folger (2×03)

Only Murders In The Building (640×360)

L’abbiamo detto: questa serie di Disney+ ha molteplici sfaccettature. Sa far riflettere e piangere, tenere sulle spine e in un attimo distruggere la tensione creata con una risata (emblematico a questo proposito è l’episodio del blackout: un attimo prima assistiamo all’assassino che irrompe in casa di Charles e subito dopo c’è Oliver che non vuole abbandonare le salse per le scale). Ma quando Only Murders in the Building decide di colpire, lascia il segno.

Uno dei punti di forza della serie e in particolare di questa seconda stagione è stata l’attenzione posta sui personaggi. Non solo i protagonisti, ma anche e soprattutto quelli secondari: da Alice (Cara Delevigne) a Theo (James Caverly), ciascuno è stato indagato, messo a nudo, l’abbiamo in qualche modo capito. E quando questo succede con la vittima del caso principale, l’effetto è un colpo al cuore. Bunny era una persona sola, che aveva fatto dell’Arconia tutta la sua vita. Non sapeva dimostrare affetto e non sapeva come avvicinarsi alle persone: aveva donato tutta se stessa al quel palazzo che l’aveva vista crescere e morire. Nella prima stagione viene detto che Tim Kono siamo noi. Ma noi siamo anche Bunny, incapaci di lasciar andare ciò che ci sta a cuore e, a volte, lasciati fuori una porta.

Ma a tal proposito va menzionata anche la bravura di Selena Gomez, pezzo chiave del puzzle, che ha saputo trasmettere lo smarrimento, la paura e il costante ossessivo pensiero di una donna che, sola, aveva chiesto aiuto e si era ritrovata ancora più sola e vulnerabile.

2) True Crime (1×01)

Only Murders in the building
Only Murders In The Building (640×368)

Non è scontato che una serie catturi l’attenzione dello spettatore fin dalla prima puntata. Non è scontato sentirsi già coinvolti, addentro la storia e le vite dei protagonisti, desiderosi di sapere di più. Non è per nulla scontato insomma che si crei un legame, misto di curiosità e soprattutto fiducia. Di solito questa viene con il tempo, dopo un paio di episodi. Invece, il primo episodio di questa serie targata Disney+ è riuscita a convincerci immediatamente. Merito indiscusso va alla chimica tra i tre protagonisti: Selena Gomez, Steve Martin e Martin Short. Tre attori, tre personaggi che sembrano non avere nulla a che fare l’uno con l’altro, interagiscono invece brillantemente. E in un baleno, diventiamo tutti fan del true crime.

Ma soprattutto, il finale. Scorrono le foto sul pc di Mabel e vediamo la foto di lei, insieme a Tim Kono e altri due ragazzi, i suoi Hardy Boys. Nessuno quindi è quello che vuole farci credere o semplicemente ci sono molti più segreti in agguato di quanto ci si potesse immaginare? La fantasia galoppa e quando scorrono i titoli di coda siam ormai troppo coinvolti e impazienti di vedere la prossima puntata. E questa è una vera magia che poche serie tv sono riuscite ad evocare.

1) Il Ragazzo del 6B (1×07)

Only Murders In The Building (640×360)

È stato davvero difficile, ma al primo posto non poteva non esserci questo episodio chiave che ha saputo mostrarci antefatti, verità e debolezze. Un episodio quasi interamente muto: il silenzio prima della rivelazione finale. Ma anche il silenzio di Tim Kono, quello che ha subito per paura che anche Mabel potesse fare la stessa fine di Zoe. E il silenzio dei Dimas. Assistiamo alla vicenda dal punto di vista di Theo e in un certo senso ne comprendiamo il disagio, l’illusione e l’errore probabilmente involontario. Lo rivediamo anche nella seconda stagione e va menzionato il suo rapporto con Selena Gomez, l’incontro e l’incomprensione. Ancora una volta, a unirli è la morte di una persona che, ciascuno a modo suo, entrambi avevano amato.

Ma tornando alla prima stagione, Il Ragazzo del 6B è l’episodio rivelazione che ci ha sconvolti e ci ha rattristati infinitamente. L’abbiamo detto, Only Murders in the Building sa far ridere, ma quando vuole sa anche scatenare un senso di tristezza profonda. Nella vicenda di Zoe, ognuno sembra essere vittima a suo modo di una situazione degenerata. Quel silenzio assordante che ci investe per tutto l’episodio è denso di immagini e sentimenti. Alcuni dei quali penetrano in profondità e non ci lasciano andare.

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