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Noi siamo l’onda – L’amore ai tempi della rivolta giovanile

Cosa succede se, a una rivolta giovanile, vengono instillati i toni di quella che possiamo definire “generazione Greta”, ovvero di uno scontro tra classi d’età che si trasforma presto in un muro contro muro e in cui le colpe delle generazioni precedenti, viste dai giovani, appaiono inemendabili? Noi siamo l’onda, nuovo arrivo novembrino e tedesco di Netflix, prova a dare una risposta, fornendoci al contempo una chiave di lettura del mondo che si estende ben oltre la parte finzionale.

Ma è meglio partire dall’inizio: Germania (più precisamente l’immaginaria città di Meppersfeld), in un’epoca assai simile ai giorni d’oggi. Vediamo la giovane Lea Herst occuparsi, insieme a un gruppo di coetanei (mascherati per non farsi riconoscere), del sequestro di un politico. Questo è il loro modo per agire su un mondo che non può più essere cambiato, solo stravolto facendo saltare il banco e creando nuove regole.

Quel politico è il leader del partito di estrema destra tedesco. E la Germania è sotto elezioni.

noi siamo l'onda

Perché Noi siamo l’onda si potrebbe quasi definire l’ultimo arrivo di un franchising che al suo attivo ha, finora, un esperimento sociale avvenuto in America oltre 50 anni fa, un libro diventato un classico della letteratura scolastica tedesca e un film. E adesso una serie tv, come detto, in cui l’emulazione dei totalitarismi trova non solo menti fertilissime ma una tecnologia che sguazza nell’ambiguo rapporto con l’essere umano per mettersi al servizio della sua parte più corrotta.

Ma per la nascita di qualunque movimento ci vuole un capo carismatico e un gruppo. Il primo sarà Tristan: passato colpevole, presente misterioso, cuore da cavaliere, mente da intellettuale e animo ribelle, alieno da compromessi e convenzioni. Intorno a lui riunirà quattro ragazzi del liceo Scholl, la nuova scuola che sta frequentando: Lea, Zazie, Hagen e Rahim. Da Tristan, ognuno di loro imparerà a dare un nome e un volto alle ingiustizie del mondo. In loro invece Tristan troverà un gruppo con cui rendere reale il sogno di cambiare la realtà sua e dei suoi coetanei.

noi siamo l'onda

Se lo scopo dell’esperimento originale americano era mostrare – a una realtà che nei fatti già non lo riconosceva più – come era possibile che il Nazismo si fosse diffuso così facilmente, Noi siamo l’onda prova ad attualizzare il tema mettendo ogni generazione davanti alle sue colpe.

Se da una parte abbiamo un’enorme plasmabilità, l’impossibilità dei compromessi, la facilissima individuazione dei colpevoli (la nascita della “seconda onda” è qualcosa di al tempo stesso istantaneo e terribile), dall’altra abbiamo un’assenza quasi completa e una proiezione di valori imposta, senza neanche preoccuparsi che sia accettata o meno. E in questo spazio enorme tra chi richiede fino a pretendere con la violenza e chi non ascolta, sottostima e minimizza, i nostri cinque “eroi” ricostruiscono la loro nuova identità dietro delle maschere che sapranno proteggerli da tutto, tranne che da sé stessi.

Perché dietro l’onda ci sono innanzitutto cinque storie, che come fiumi singolarmente sfoceranno nel mare della rivoluzione.

E in questo percorso fluidissimo che trascina con sé qualsiasi barriera, si mescolano lotte giuste (come quella di Hagen per la sua fattoria), ribellioni personali e, ovviamente, storie d’amore. Non una sola, ma di certo una sopra le altre.

In Noi siamo l’onda Lea e Tristan (Luise Belfort e Ludwig Simon) sono l’eccezione, in tutto, una specie di parentesi rosa e quasi favolistica mentre il mondo brucia. Fuori dal mondo, oltre il mondo, forse anche oltre loro stessi, novelli Romeo e Giulietta dall’amore immediato e infuocato eppure non furente. La delicatezza del loro rapporto è nel corpo quasi efebico di Lea, che vola sulle ali danarose dei suoi sogni distanti, e nella bellezza ribelle e irresistibile di Tristan.

Subito dopo di loro, gli strani tentativi d’amore di Hagen e Zazie (una bravissima Michelle Barthel) occupano un posto speciale e dolcissimo, come la lotta all’accettazione di Rahim. E tutto questo si fonderà un finale che difficilmente dimenticherete.

Il risultato è una serie tv che, grazie anche al suo formato (6 puntate da 50 minuti circa l’una) si presta a un binge watching potente e inarrestabile. Non mancano qualche difetto, soprattutto di sceneggiatura, e un paio di momenti WTF, ma Netflix ha decisamente segnato un bel punto a suo favore. Noi siamo l’onda, infatti pur inserendosi nel filone young adult delle storie di formazione (tanto per capirci, Stranger Things e derivati, visto che la ribellione giovane a Meppersfeld sembra essere considerata quasi fantascientifica, ma non mancano punti di contatto con Dark) ha elementi per attirare sia gli adolescenti sia il pubblico che va verso gli -enta.

Se da una parte lo sviluppo dei personaggi è molto adolescenziale (a strappi e fiammate, com’è naturale per dei ragazzi, anche se gli attori arrivano pure ad avere 30 anni), i lampi di riflessione sociale, sulle vere colpe di un certo sistema di vita ma anche di giustizia, non possono non colpire gli adulti.

A contornare il tutto, una buona scrittura complessiva dei personaggi, scelte registiche azzeccate, un ottimo montaggio (la 1×06 è clamorosa), una fotografia più che valida e un finale “giusto”.

A proposito di questo: se non c’è due senza tre, dopo Dark e Come vendere droga online (in fretta) (per rimanere nel campo di Netflix Germania, ecco) fatichiamo a credere che non ci sarà una seconda stagione di Noi siamo l’onda, ma non sappiamo se augurarcelo.

Se guardiamo solo al destino dei protagonisti, la fine della serie è perfetta così.

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