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The Crown – Vanessa Kirby parla del nuovo film: «i sono spinta in nuovi territori della femminilità»

Nelle prime due stagioni di The Crown non abbiamo avuto modo di apprezzare solo la straordinaria interpretazione di Claire Foy nel ruolo della regina Elisabetta. Contraltare fondamentale alla neutralità sconcertante e gelida della regina era la vitalità passionale e tormentata della sorella, la principessa Margaret. Ora quel ruolo, nell’età matura, è affidato a Helena Bonham Carter (ma nella prossima stagione cambierà ancora il cast, per la gioia di Olivia Colman), ma nelle prime due stagioni la principessa triste (prima di Diana, almeno) era interpretata da Vanessa Kirby.

In occasione dell’uscita del suo nuovo film, Pieces of a Woman, su Netflix dal 7 gennaio, l’attrice di The Crown si confessa a Io Donna e parla di come vive il lavoro di dare corpo e voce alle emozioni di altre donne. Nel film Vanessa Kirby interpreta una donna che sta per partorire: una donna che ha il controllo maniacale della sua vita. E che, proprio nel momento più importante per la sua femminilità, lo perde completamente, dando alla luce un bimbo morto.

“Sono contenta soprattutto del fatto che molte donne, vedendo il film, si sentiranno meno sole. È un tema su cui c’è molto silenzio, e dietro il silenzio spesso c’è un impasto di stigma e di dolore. Con Kata [moglie del regista, sulla cui storia vera è basato il film, ndr] ne abbiamo parlato: ho sentito forte la responsabilità di farmi tramite del suo lutto. Ma anche l’eccitazione che mi dà sempre avvicinare qualcosa che non conosco. Questo film mi ha portato in territori della femminilità dove la mia immaginazione non si era mai spinta, ma su cui avevo fatto molte fantasie.”

Vanessa Kirby ha anche parlato del suo passato e di come l’abbia aiutata a dare corpo al personaggio di Margaret in The Crown:

L’adolescenza è un periodo complicato della vita. Non essere la ragazza più popolare della scuola mi ha cambiata. Mi ha insegnato qualcosa sul potere che il giudizio altrui ha su di noi. E che forse sono un outsider. Ma la cosa non mi disturba. Credo di aver trasferito, anni dopo, quell’insegnamento nel personaggio di Margaret.