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Dopo Cuties, Netflix travolta nuovamente da polemiche per il reality Byron Baes

Netflix continua ad attirarsi equamente elogi e polemiche: dopo le candidature, con due vittorie per fotografia e scenografia, agli Oscar 2021 di Mank, il film di David Fincher uscito sulla piattaforma (qui trovate l’articolo con tutti i vincitori di quest’anno), arrivano le critiche per una nuova produzione reality giudicata, ancor prima che sia messa online, superficiale e di cattivo gusto. Di recente Netflix aveva diviso gli spettatori con Cuties, il film che mostra giovanissime ballerine, da molti accusato di sessualizzare le bambine e fornire un’immagine viscida e squallida dell’ambiente della competizione sportiva (noi abbiamo affrontato la questione della gaffe di Netflix sul poster del film in questo articolo). Se invece apprezzate la piattaforma anche per i suoi prodotti più controversi, vi abbiamo consigliato dieci film che fanno al caso vostro.

Netflix, lo dicevamo, non è estranea alle polemiche: Insatiable ha suscitato un vero e proprio torrente di critiche nel 2018 per il modo in cui ha caratterizzato il personaggio di Debby Ryan. L’attrice nella serie interpretava Patty, una liceale che viene derisa e maltrattata dai suoi compagni di scuola fino a quando non subisce una drammatica perdita di peso a seguito di un incidente, che le frutta anche un corposo risarcimento. All’improvviso, Patty diventa desiderabile e usa la sua ritrovata popolarità per vendicarsi di tutti coloro che le avevano fatto un torto.

Secondo molte critiche Insiatiable era lungi dall’essere un prodotto responsabilizzante e sensibilizzante: molti lo hanno etichettato solo come un altro pezzo di cultura pop che perpetua la cultura del bullismo verso le persone in sovrappeso e oggettifica i corpi delle donne.

Anche il film Cuties ha anche ricevuto un’ondata di rabbia da parte di coloro che affermavano che sessualizzasse le piccole star. La storia segue Amy, un’immigrata senegalese di 11 anni che vive a Parigi e si unisce a una compagnia di danza locale, le cui coreografie sono ispirate a video musicali e social media.

Ora Netflix è di nuovo al centro di polemiche per un reality che al momento non è nemmeno stato caricato sulla piattaforma. La serie nell’occhio del ciclone è Byron Baes, così descritta da Netflix:

“Una serie docu-soap che segue un ‘feed’ di instagrammer hot che vivono le loro vite al meglio, essendo se stessi. #nofilter garanteed”.

Emma Lamb, che ha lavorato ai reality show Married at First Sight Australia e The Real Housewives of Sydney, riveste il ruolo di produttore esecutivo nel reality di Netflix, che sarà ambientato in una località turistica molto gettonata dell’Australia. Una sorta di Jersey Shore degli anni Venti, insomma. Secondo le indiscrezioni, un certo numero di residenti locali si oppone con veemenza alla realizzazione del reality.

La scorsa settimana è stato convocato un incontro durante il quale i membri della comunità e i proprietari di diverse aziende, tra cui The Byron Bay General Store (GS) e il ristorante No Bones, hanno espresso le loro preoccupazioni e lamentele.

Secondo Ben Gordon, il proprietario del GS, nessun residente è stato avvisato dell’arrivo della troupe e a nessuno è stato chiesto cosa ne pensassero loro.

“Non ci sono state consultazioni di sorta. Sono arrivati ​​solo senza preavviso”.

Secondo The Guardian Australia, la compagnia ha parlato con alcuni locali prima di annunciare i suoi piani, inclusi rappresentanti del governo statale e federale. Netflix ha anche detto che diversi residenti avrebbero lavorato al reality, sia nella produzione, sia in aree come la ristorazione, i trasporti e l’alloggio.

Sarah Ndiaye, vice sindaco del Consiglio dei Verdi del Byron Shire, ha appoggiato la resistenza, etichettando Byron Baes come “insulso” e “di cattivo gusto”, aggiungendo:

“Penso che la comunità si sia fatta sentire perché questo non è quello che sono e questo è non come vogliono essere rappresentati. Penso che sia una scelta davvero pigra da parte di Netflix.”

Il sindaco di Byron Shire Simon Richardson ha detto che la città non voleva attirare il tipo di persone che

“potrebbero essere eccitate da una visione vacua di chi siamo. Se diventiamo lo zimbello di tutti attraverso un show davvero vacuo e falso, ciò potrebbe avere ripercussioni anche economiche”.

Gli abitanti di Byron Bay hanno già raccolto 8500 firme per bloccare la produzione: un bel numero, considerato che la popolazione supera di poco i 9000 residenti. Basterà a fermare Netflix?