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My Hero Academia – Il fardello di un’eredità

Piantare, accudire, coltivare, elevare fino all’esasperazione totale, raccogliere e tramandare. La ciclicità di un’azione maledettamente ripetitiva concatenata al destino di più custodi è la spina dorsale di un potere monumentale atto non solo a proteggere o a circuire il male ma a donare quell’unica cosa che può aiutare a guardare oltre nei momenti più bui: la speranza.

Il One for All di My Hero Academia racchiude già nel suo nome quella che è la vera essenza di questa scintilla ereditaria in grado di spazzare via la paura e di donare un caldo bagliore di luce. Uno per tutti, il potere detenuto da uno al servizio dei tanti, poiché chi lo detiene non lo ha per sé, ma raccoglie il fardello e si fa giudice e giuria del proprio destino.

In questa storia dove tutti hanno i mezzi per essere degli eroi, dei super individui, a risaltare tra la mischia sono sempre coloro che “naturalmente” non hanno i mezzi per farlo. Si nota fin da subito, fin dall’antefatto, che detenere un grande potere non comporta grandi responsabilità, perché l’unicità “regalata” non è migliore di quella “guadagnata”. Proprio da questo sunto nasce lo snodo che si dirama verso la costellazione eroica di quello che in My Hero Academia viene definito come “Il simbolo della pace“.

All Might, al secolo Toshinori Yagi, dopo aver raccolto il seme del potere lo porta all’esasperazione totale trasformandosi in qualcosa che va ben oltre la definizione di eroe: ergendosi a pilastro della giustizia. Ma come nasce questa unione perfetta? Come nasce questo miscuglio astrale?

Dalla scelta minuziosa di un degno successore.

Da qui è impossibile non fare qualche passo indietro per citare chi quella scelta l’ha fatta più che bene. Colei che ha gettato le basi, pagando con la vita, per un ideale più grande, per un progetto mirato alla realizzazione di un futuro migliore, senza più paura, senza più guerre per sedere su di un trono fasullo, ipocrita e ingiusto.

Nana Shimura è una delle antenate detentrici del One for All che più di tutti, prima del suo successore, ha lottato con le unghie e con i denti per coltivare l’utopia perfetta. A scapito di tutto e tutti, ella ha rinunciato ad ogni cosa pur di combattere. Shimura abbandona il figlio, la sua vita, l’amore, la famiglia, la calda routine casalinga e il suo avvenire pur di combattere, Va da sé che non si può del tutto giustificare il suo comportamento ma è innegabile che definire maestoso il suo sacrificio potrebbe risultare addirittura riduttivo. Perché non esiste niente di più innaturale di una madre che abbandona in un mondo ingiusto e pericoloso il proprio figlio. Ma cos’è un eroe? Chi è un liberatore? Chi è che può farsi carico di un fardello insopportabile necessario a spazzare via per sempre il male? Esattamente colui che è in grado di sopportare tutto ciò; e queste sono le domande che deve porsi chi il potere di fare tutto ciò ce l’ha quando deve scegliere il suo successore.

E se c’è una cosa di My Hero Academia che ha stregato e ammaliato chi vi scrive è proprio questa.

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Siamo abituati a storie di eroi supremi e super fighi che menano male il cattivone che vuole conquistare il pianeta, senza chissà quali motivi poi. Eppure questo format collaudato e ri-collaudato viene preso e stravolto proprio in questa opera, venendo indirizzato in una direzione più poetica e stratificata.

Il potere supremo qui si eredita e per farlo non è necessario un legame di sangue o qualche tipo di predestinazione. Qui i mezzi per cambiare le cose esistono ma sono custoditi gelosamente e tramandati solo a chi ha l’etica e la luce nel cuore necessari affinché essi possano sprigionarsi all’ennesima potenza. Il vero Quirk che accomuna i possessori del One for All, ma più di tutti Nana Shimura, All Might e Izuku, è la forza di sopportare un fardello dal peso immane, poiché se si è in grado di fare tutto, se si è quasi un dio, la strada verso la brama di potere e il male è molto più sgombra e appetibile di quella verso il bene; dato che quest’ultima è caratterizzata in molti casi da sofferenza e solitudine.

Essere un dio può essere molto doloroso.

Proprio questa definizione diventa lampante e alquanto veritiera nel momento in cui All Might afferma di bramare il momento in cui potrà finalmente spegnersi come una torcia passata ad un nuovo testimone. La differenza tra eroe e villain sta tutta qui: un vero eroe vince sempre, anche se è costretto a perdere. Solo chi accetta questa orrenda verità può diventare il più grande di tutti.

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All Might e Nana Shimura rappresentano in tal senso una delle rappresentazioni del rapporto mentore/allievo più commoventi, romanticamente impattanti e al tempo stesso crudeli che si siano mai viste. My Hero Academia parte dal passato per narrare ciò che succede all’allievo che ha superato il maestro e di come quest’ultimo si trovi ora nella condizione di dover porre fine a quella guerra che ha ucciso chi prima di lui ha dato tutto solo per essere un tassello di un mosaico molto più grande. Vincere per il bene di tutti, battaglia dopo battaglia, perdita dopo perdita, pagando qualsiasi prezzo, anche quello di essere un altro tassello.

La differenza tra un villain e un eroe è proprio questa.

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