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Black Panther: Wakanda Forever è un omaggio toccante a Chadwick Boseman 

Black Panther: Wakanda Forever strappa il senso della vita e lo ricuce mille volte nei primi venti minuti. Se l’unica possibilità di amare una persona anche dopo la morte consiste nel ricordo, il ricordo deve scrollarsi di dosso la sofferenza. Ma non sempre è possibile e il ricordo diviene anche lacerazione, morte stessa. Con queste premesse Black Panther: Wakanda Forever si emancipa dal classico copione dei Cinecomics e dà colore a una storia delicata e profondamente umana in cui le protagoniste sono due donne imbottite di dolore: Ramonda e Shuri.

Ramonda è la madre di T’Challa e ora regina reggente del Wakanda, un popolo ricco di risorse e spesso minacciato da paesi stranieri. Shuri è la sorella del Re, rintanata nel suo dolore e incapace di realizzare la morte di quest’ultimo. Il mondo, però, non aspetta nessuno e corre come un treno ad alta velocità con a bordo minacce di ogni tipo. L’ultima proviene dalle profondità degli abissi dove un nuovo popolo urla al conflitto contro il Wakanda. Il popolo di Talokan è guidato da Namor, un antieroe affascinante e cupo, un cupido dell’odio. Il suo nome significa appunto ‘Senza Amore’. Namor vuole distruggere il mondo sopra al mare per odio e vendetta. Gli altri, secondo il suo pensiero, si sono posti sempre come colonizzatori nei confronti del suo popolo.

Black Panther: Wakanda Forever risveglia il senso di appartenenza delle popolazioni afro-americane dando vita a una storia che nasconde molta più realtà di quello che si pensa.

Chadwick in Black Panther(640×360)

Il popolo del Wakanda è usato solo come strumento per gli interessi delle popolazioni più grandi e il vibranio diviene l’oggetto del desiderio per la creazione di armi belliche. A questa sfaccettatura socioculturale viene aggiunto anche il potere delle donne. Le donne, nel film, riescono a gestire le redini del mondo senza timore e angoscia. Shuri ne è l’esempio lampante. Trova la sua strada attraverso un percorso di redenzione e ascesa che ha ricordato i più grandi eroi di Casa Marvel. Affrontando le minacce con il ricordo e l’eredità del fratello diviene la Pantera Nera di cui il Wakanda ha bisogno. L’immaginario del film con le sue Dora Milaje continua ad affascinare quasi come se fossimo dinanzi ad un libro di storia da riscoprire. 

Black Panther: Wakanda Forever ha saputo creare una spiegazione fittizia per la morte di T’Challa omaggiando Boseman, così da creare un ponte con la realtà. È come se nel film realtà e finzione si tenessero per mano per sorprendere lo spettatore. Dalle inquadrature, al regno di Talokan in cui il sole batte più forte, alla colonna sonora, il film risulta uno dei più riusciti all’interno della debole fase 4 dell’MCU. Il film non è esente da difetti e la durata eccessiva rende prolisse e ridondanti alcune scene. Inoltre alcuni personaggi, come M’Baku, avrebbero meritato un minutaggio maggiore nella pellicola.

Il capo dei Jabari ci è sembrato soltanto un piccolo pezzo di un puzzle già sistemato, come se dovesse riempire il film solo per ‘tappare i buchi’. Al netto di questi problemi, Wakanda Forever ha presentato personaggi davvero interessanti. La new entry Riri Williams alias Iron Heart è stata una piacevolissima sorpresa. Sulle orme di Iron Man, la ragazzina vive in un mondo in cui la tecnologia sembra essere l’unica arma per affrontare il mondo. La sua presenza ha divertito e reso più leggero un film in cui domina il dolore. 

Black Panther: Wakanda Forever è una toccante lettera d’amore

Okoye(640×360)

Ma se è dal dolore che si può ricominciare, Black Panther si chiude con una clemente carezza. T’Challa ebbe un figlio con Nakia. Sullo sfondo di una spiaggia bagnata dal mare, Nakia presenta il figlio a Shuri. Il bambino è così orgoglioso del padre da ritenerlo il più grande super eroe del mondo. Se le onde del mare riflettono le lacrime di una famiglia spezzata dal peso della morte, il sorriso del bambino rompe il velo della scomparsa. Le sue mani sono il caloroso abbraccio che vogliamo dare a tutte le persone scomparse, ai nostri cari. Non è scappare dal peso del dolore che ci aiuta, ma bruciare nella speranza. Nella speranza di tendere le mani al cielo e sentire ancora il battito di chi ci ha lasciato, di stringere il cuscino prima di andare a dormire. Come se fosse tutto reale. Come se Boseman non se ne fosse andato e portasse al riparo la sua famiglia. Come un grande supereroe che ci salva. Ancora una volta.Per sempre.

Lift me up, hold me down, keep me safe, safe and sound

Black Panther: Wakanda Forever è un film che nasce dal lutto e che ha il dovere di misurarsi con il dramma. La pellicola ha dovuto fare i conti con la prematura morte di Chadwick Boseman, il grande protagonista del primo film dedicato alla Pantera Nera. L’idea di glorificare la sua dipartita rende speciale il tempo speso a guardare il film. Black Panther: Wakanda Forever ha un duplice compito: chiudere la fase 4 dell’MCU e omaggiare la figura di un attore che ha avuto un impatto culturale straordinario. Il prologo del film ha una componente emotiva non indifferente e cattura per la sua tangibile dolcezza. La morte di Chadwick viene traghettata attraverso il pianto dei protagonisti che, nel film, hanno perso un Re, un eroe, un fratello, un figlio. Il funerale sembra un ultimo saluto a cui sono invitati tutti, persino noi. Abbiamo perso tutti Chadwick. È questo il paradossale dramma con cui dobbiamo convivere per tutta la durata della pellicola: non è morto solo Re T’Challa, la Pantera Nera, il protagonista del film, ma un giovanissimo attore stroncato da un tumore al colon. La sensazione è che lui fosse in sala, seduto accanto a noi, a tenerci la mano.