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Cosa non ha funzionato nella seconda parte del Lupin di Netflix

ATTENZIONE: questo articolo contiene SPOILER su Lupin.

L’11 giugno si è conclusa la prima stagione di Lupin, con i 5 episodi che ne costituiscono la seconda parte (qui trovate la nostra recensione). La serie tv francese originale Netflix, dopo aver lasciato il pubblico di tutto il mondo piacevolmente sorpreso dalla freschezza delle prime puntate, ha provato a rinnovare questo entusiasmo con le successive, ma forse si è lasciata inebriare dal successo e ha perso parte di quella vivacità lungo il cammino. Se all’inizio avevamo tutti fame di novità e Lupin sembrava averci accontentato con la sua originalità e con una buona dose di azione, questa volta abbiamo avuto l’impressione che tutto avesse perso di naturalezza e si fosse trasformato nella solita trama da poliziesco vista e rivista.

Dell’Arsenio Lupin nato dalla magica penna di Maurice Leblanc rimane solo l’ombra, quella di un personaggio le cui avventure servono da spunto e niente più, il cui nome viene citato spesso invano, solo per giustificare le missioni impossibili che il protagonista cerca di portare a termine, per dare un velo di credibilità alle sue idee improvvise che, guarda caso, coincidono sempre con qualche stratagemma attuato nei romanzi dal ladro gentiluomo. Se l’inizio della 1×06 non ci dà modo di credere che si tratti della seconda parte della stagione, la divisione di quest’ultima in due unità separate diventa evidente con il procedere delle puntate.

omar sy

C’è qualcosa di forzato e innaturale in questa parte del Lupin di Netflix, ed è un vero peccato.

Stavolta entriamo più a fondo nella vita privata di Assane Diop (Omar Sy), impariamo a conoscere meglio il suo carattere e lo scopriamo più umano che mai, capace di commettere errori, di provare paura e fin troppo ossessionato dal desiderio di fare giustizia. Per assecondare i propri rancori, prepara con cura piani perfetti, studiati nel minimo dettaglio, di cui però ci viene spiegato poco. Al pubblico viene presentato tutto come se fosse estremamente facile, come se in realtà l’emulatore del ladro gentiluomo non incontrasse mai alcuna difficoltà nel mettere in atto i propri stratagemmi. Tutto è pronto per essere utilizzato o tirato fuori al momento giusto, e questo contribuisce a far diminuire la credibilità di uno show che aveva promesso fin troppo bene.

Può essere sembrato innovativo questo metodo all’inizio della serie ma ora, dopo aver atteso sei mesi la seconda parte, il pubblico è rimasto un po’ deluso dall’andamento ripetitivo e a tratti inverosimile. Così, se nei primi cinque episodi molti dei travestimenti ideati e messi in atto da Assane ci hanno dato un’idea del talento trasformista di un uomo cresciuto in un mondo ingiusto e che con esso ha dovuto imparare a fare i conti, negli ultimi cinque questi travestimenti perdono di forza e realismo. Diventa surreale credere che i francesi a cui Diop va incontro dopo le sue fughe possano davvero pensare che un paio di baffi appiccicati sul viso lo rendano irriconoscibile, quando la sua foto è stata divulgata dalla polizia in tutta la città (e non solo).

lupin

Un altro punto a sfavore di questa parte della serie Netflix, sta nella gestione un po’ macchinosa dei rapporti tra i personaggi e in alcuni colpi di scena che non hanno avuto l’effetto desiderato.

Se nella prima parte le linee narrative di Assane Diop erano ancora separate da quelle della polizia francese che gli dava la caccia e non riusciva a trovarlo in alcun modo, ora abbiamo finalmente modo di vedere le loro strade che si intrecciano, ma non come ce lo saremmo aspettato. Dalla collaborazione tra il nuovo Lupin e il nuovo Ganimard (l’agente di polizia Youssef Guedira) ci saremmo aspettati qualcosa in più, vista la passione comune che li unisce e il legame che sembra collegarli con un filo invisibile dall’inizio della prima puntata. Invece gli scambi tra loro si riducono a poca cosa e il ruolo degli altri poliziotti risulta essere piuttosto insignificante. Si fanno trasportare passivamente dalla scia di Assane, incapaci di passargli davanti e rendere interessante i loro scontri anche solo per un minuto.

La fotografia di questa seconda parte, con le luci notturne e magiche di una Parigi che sembra uscita da una favola, compensa leggermente una sceneggiatura un po’ debole, ma non riesce a giustificare un finale di stagione da cui ci si aspettava forse qualcosa di più.

Lupin

La battaglia di Assane contro il mandante dell’assassinio di suo padre si conclude con un lieto fine abbastanza prevedibile. Hubert Pellegrini viene arrestato per i crimini commessi e viene incastrato attraverso la registrazione della sua ammissione di colpa, in una scena nella quale allo spettatore era evidente fin dall’inizio quale sarebbe stata la fine dell’avventura.

Sicuramente una conclusione adatta, che introduce una nota di speranza per chi crede che si possa fare davvero giustizia, ma forse non abbastanza efficace e d’effetto per un pubblico avido di colpi di scena e spettacolarità che ha atteso con impazienza l’arrivo di questi episodi per stabilire se il successo di Lupin fosse meritato o meno.

Non resta che attendere, per scoprire se Netflix deciderà o meno di dare vita a una seconda stagione della serie, anche se questi 10 episodi potrebbero essere considerati un prodotto a sé stante, autoconclusivo e godibile, nonostante i punti deboli di questa parte.

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