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Le Fate Ignoranti è riuscita a reggere il confronto col film?

Quando il film di Ferzan Özpetek “Le Fate Ignoranti” uscì al cinema nel 2001, molti di voi non erano nemmeno nati e alcuni temi che esso toccava erano dei veri e propri tabù qui in Italia.

Quando Le Fate ignoranti uscì al cinema fu come un’ esplosione: quasi nessuno si sarebbe aspettato che un film che sovvertiva le tradizioni familiari borghesi, con un realismo quasi magico, potesse piacere, conquistare e diventare un cult per il pubblico italiano.

Oggi, a distanza di 20 anni Disney + ci regala la possibilità di vedere la versione serie tv del film di cui sopra, realizzato dal regista turco e da Gianni Romolo, sceneggiatore anche nel 2001.

La serie, come il film, racconta il cambiamento del punto di vista di Antonia, la quale in seguito alla morte del marito Massimo scopre che questi aveva una doppia vita.

Massimo non solo ha un amante, uomo, ma con quest’ultimo ha condiviso un mondo intero totalmente diverso da quello “convenzionale” abitato da lui e sua moglie, mondo con cui Antonia si ritroverà a interagire e che, nonostante le difficoltà iniziali, riuscirà a capire.

Il titolo di queste produzioni deriva da un dipinto del 1956 del pittore belga René Magritte dal titolo “La Fata Ignorante” (al singolare), anche se il dipinto che si vede nel film e nella serie è ispirato a un quadro realizzato da Özpetek quando era giovane.

Le fate ignoranti sono quelle che incontriamo e non riconosciamo, ma che ci cambiano la vita. Non sono quelle delle fiabe, perché loro qualche bugia la dicono. Sono ignoranti, esplicite, anche pesanti a volte. Ma non mentono sui sentimenti. Le fate ignoranti sono tutti quelli che vivono allo scoperto, che vivono i propri sentimenti, e non hanno paura di manifestarli. Sono le persone che parlano senza peli sulla lingua, che vivono le proprie contraddizioni e che ignorano le strategie. Spesso passano per ignoranti, perché sembrano cafone, e invadenti per la loro mancanza di buone maniere. Ma sono anche molto spesso delle fate, perché capaci di compiere il miracolo di travolgerci. Costringendoci a dare una svolta alla nostra vita.

Come Magritte, Ferzan Özpetek nella sua opera vuole invitare il pubblico ad andare oltre le apparenze e le convenzioni per scoprire la realtà che si cela sotto la superficie.

La serie si presenta come un reboot ambientato 20 anni dopo nella stessa città, Roma, sempre eternamente bella e protagonista nella sua maestosità, in inquadrature e scenografie naturali ma in una società diversa, che ha superato alcuni problemi e ne deve affrontare di nuovi.

Disney + compie un’operazione importante: adatta un film cult a una formula di cui sembra proprio non riusciamo fare a meno, quello delle serie tv.

La trasformazione in serie non compromette in nessun modo lo spirito originario del film di Özpetek, anzi lo riprende, lo rielabora e lo adatta a oggi, anche se sono passati più di 20 anni.

Chiaramente col formato serie (8 episodi) la narrazione si può avventurare maggiormente nell’approfondimento delle storie di ognuno dei frequentatori del terrazzo di Michele.

Con la serie tv si riesce a dare più spazio a tutti i comprimari che nel film, per questioni di minutaggio, non possono svelarsi completamente e ci permette di capire meglio le loro storie e soprattutto le loro scelte mentre nel film le personalità di questi erano descritte in maniera più criptica .

La serie televisiva riesce a far emergere i ruoli secondari e le storie che li connotano in maniera più approfondita e dunque più interessante.

Li conosciamo in tutte le loro sfaccettature . Il racconto diventa più corale che solistico.

Nella serie ci sono diversi personaggi da amare: la madre di Antonia, Luisella, persino la colf.

Per questioni di “tempo” le due produzioni differiscono perché la pellicola fa un focus sul messaggio che vuole trasmettere e risulta più misteriosa ed evanescente mentre la serie va a rompere quel “non detto” che rendeva affascinante il film.

Di fatto, Le Fate Ignoranti – la serie è un adattamento fedelissimo, c’è la passione per Hikmet, i bicchieri di vetro come simbolo di “amore che viene, amore che va”, tavolate piene di cibo e chiacchiericcio.

Cambiano gli attori, ad eccezione di Serra Yılmaz, musa di Özpetek; Michele è interpretato dal neo vincitore di un David di Donatello, Edoardo Scarpetta che conferisce al suo personaggio un magnetismo soprattutto fisico, dando vita ad un Michele, per certi versi diverso da quello interpretato da Stefano Accorsi che era molto sfaccettato e introspettivo; la performance di Cristiana Capotondi ( Antonia) non ha nulla da invidiare a quella di Margherita Buy; Argentero, che interpreta Massimo, è sicuramente più presente rispetto a quanto non lo fosse nel film e, tra i comprimari, brillano Carla Signoris, che interpreta la madre di Antonia, e Paola Minaccioni, superba nel ruolo di Luisella.

Come il cast del film, anche quello della serie è ben assortito, convincente e mai fuori fuoco.

Ça va sans dire, la società di cui si parlava nel film si è leggermente evoluta e per fortuna nel frattempo sono stati fatti grossi passi avanti su temi scottanti come quello dell’AIDS, poichè sono stati fatti enormi progressi nella ricerca e nella cura della malattia di cui nella serie non c’è mai lo spettro (e non c’è nemmeno Gabriel Garko in quella che è la migliore interpretazione della sua vita).

Ci sono in compenso “mali moderni“: l’ansia di apparire, i canoni imposti dalla società, le paranoie e i tradimenti che ci rendono vulnerabili ma umani.

La serie su Le Fate ignoranti è una finestra sulla nostra società e fa riflettere su alcuni temi oggi cruciali.

Gli otto episodi raccontano in sostanza la stessa vicenda del film con un’ambientazione contemporanea e nuovi attori a interpretare gli stessi personaggi.

Grazie al formato serie Özpetek riesce ad esprimersi all’ennesima potenza e a inglobare nella sua opera i temi a lui più cari tra cui: l’importanza della “famiglia non biologica ma logica”, il tradimento, la sessualità, l’astrologia, il misticismo.

Riproporre oggi una storia del genere ha ancora senso perché, sì, sono stati fatti passi da gigante nell’ambito dell’accettazione della diversità e se ne inizia a parlare anche nelle fiction della televisione di Stato, ma ancora oggi la rappresentazione Lgbtq+ nella serialità italiana è spesso marginale e trattata con superficialità. Inoltre la distribuzione internazionale della serie può regalare un nuovo pubblico a una storia che merita di essere conosciuta.

Possiamo quindi concludere che Le Fate Ignoranti è riuscita a reggere degnamente il confronto col film, rispettando lo spirito originale, adattandolo al nostro contesto storico e arricchendo la pellicola di ulteriori trame e sottotrame.

Certo la scrittura del film era più evocativa e mistica rispetto a quella più didascalica della serie perché di fatto Özpetek  ha costruito due viaggi diversi: uno più implicito e uno più esplicito, che però possono coesistere allo stesso tempo senza che si vada a ricercare quale dei due sia il migliore.

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