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Rendiamo giustizia a Kingdom

Kingdom è un serial televisivo coreano molto ambizioso. Si tratta di una produzione originale Netflix, tra le primissime nel paese asiatico, risalente al 2019, quando ancora si era ben lontani dalla rivoluzione del k-drama. Abbiamo visto la serie, incuriositi dalla trama, e siamo davvero sorpresi del fatto che si parli così poco di questo prodotto mastodontico. Oggi vogliamo provare a convincervi a dare a Kingdom una chance, perché se la merita davvero.

Kingdom: zombie e medioevo è un connubio possibile?

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Molti di voi potrebbero anche fermarsi qua nel leggere, perché effettivamente si tratta di due elementi che all’apparenza potrebbero cozzare alla grande, per i fan di uno o dell’altro genere. Ma per i più temerari che continuano con la lettura, vi assicuriamo che non ve ne pentirete. Kingdom è un brillante dramma in costume ambientato nel periodo Joseon medievale della Corea, reso magnificamente dagli abiti di scena curati nel minimo dettaglio, che incantano il pubblico grazie al loro fascino. Non solo, anche la scenografia è davvero mozzafiato, tra infiniti campi di grano e boschi innevati, ricostruzioni fedeli di decadenti villaggi e maestose corti reali e nobiliari. Basti pensare che per la realizzazione di ogni singolo episodio sono stati spesi quasi 2 milioni di dollari, vi ricorda qualcosa? Infatti, in molti hanno definito Kingdom la Game of Thrones coreana, proprio per l’ambientazione, la resa dei costumi e per quell’elemento sovrannaturale, paranormale, che rende il gioco del tutto più avvincente e attraente. Ed è proprio qui che si potrebbe rovinare tutto, cadendo nella ingloriosa fossa di un trash senza precedenti, soprattutto perché gli zombie, ormai, ci sono stati propinati davvero in qualunque salsa. Eppure, per citarne uno, il recente successo di Non siamo più vivi ci fa capire come in Corea di effetti speciali e trucchi se ne intendano eccome. Gli zombie di Kingdom sono bestie feroci, agili ma non imbattibili, e sono decisamente credibili. Inoltre uno dei pregi che va riconosciuto in questo senso alla serie è che non si risparmia su niente, per fare un esempio: dell’esercito di zombie fanno parte anche tanti bambini, spesso volutamente nascosti in questo genere, ma che di certo non possono essere risparmiati da un’epidemia simile.

La pianta della resurrezione 

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Tutto comincia con un accadimento preoccupante e misterioso: a corte gira voce che sua maestà sia in fin di vita, addirittura c’è chi afferma che questi possa essere già morto. Il re è sposato con una donna molto giovane ed attualmente incinta, discendente del famigerato clan Cho, un gruppo simile ad un moderno partito politico che mira a controllare l’intero Joseon quando avverrà la successione. In realtà il re ha già un primogenito, nato da una concubina e per questo mal visto dal clan Cho, il giovane Lee Chang, cresciuto dal padre lontano dagli intrighi a palazzo e con una educazione nobile e studiata appositamente per renderlo incorruttibile e coraggioso, in vista di un futuro passaggio di consegne. Il giovane Chang, che per tutta la serie viene chiamato Sua Altezza Reale dai suoi fedeli compagni di viaggio, preoccupato per la salute del padre, si reca a palazzo, dove apprende che questi avrebbe contratto una misteriosa malattia del quale l’unico a conoscenza sarebbe il medico che l’ha curato. Comincia così un viaggio che porta l’erede al trono verso il Dongnae, dove scoprirà che il morbo in questione è molto pericoloso e che la situazione è in realtà decisamente più preoccupante di quanto chiunque si possa aspettare. Da una parte Lee Chang, Sua Altezza Reale ed erede al trono di Joseon, un uomo dai nobili valori che soffre per e con il suo popolo, d’altra parte la corrotta classe politica rappresentata dal clan Cho, che mira a governare sull’intera Corea con un autentico colpo di stato mascherato, dando precedenza al benessere della classe nobiliare e lasciando morire di fame un popolo già distrutto da recenti guerre e carestie.

Kingdom: l’immancabile denuncia sociale dei k-drama 

Una costante che gli ultimi enormi successi sudcoreani si sono portati dietro, è sicuramente la denuncia sociale trattata all’interno delle varie trame. E Kingdom, da questo punto di vista, è un ottimo precursore. Innanzitutto perché si tratta di una serie, composta da due sole stagioni (attualmente), rilasciata tra il 2019 ed il 2020, quindi ben prima della bomba Squid Game e dei successivi k-drama, ed in secondo luogo perché in Kingdom si riesce a fare una denuncia sociale marcata e non casuale, ambientandola in un passato lontano ed esotico e sfruttando questo aspetto proprio come leitmotiv del messaggio sottostante, laddove gli sfarzosi e colorati costumi dei regnanti e dei nobili sono in forte contrasto con le tonalità ingiallite e sporche dei vestiti della plebe, forse nemmeno in Game of Thrones così lontana dalle infinite ricchezze degli eletti che vivono all’interno delle mura. Kingdom racconta di un divario incolmabile tra ricchi e poveri, tra chi è costretto a piegarsi dinnanzi ad un’epidemia mostruosa e senza precedenti, basata sul tema della fame, perché chi viene contagiato non si cura d’altro se non di procacciarsi carne umana, e tra chi invece, sprezzante della portata della malvagità delle proprie azioni, se ne sta beatamente a corte a manipolare e falsificare la realtà per i propri scopi personali ed il proprio sostentamento. Kingdom riesce ad assumere anche una sofisticata vena comica, nel momento in cui si vuole deridere la classe nobiliare, che di certo non ha a che fare con meritocrazia alcuna.

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Il popolo di Joseon viene da anni di carestia dettati dalla pesante guerra contro gli invasori giapponesi (accadimento storico che colloca i fatti narrati intorno al sedicesimo secolo), e la fame è effettivamente la piaga principale, che sta distruggendo l’intero paese e che porta il giovane erede al trono a comprendere quale sia il suo ruolo e in che modo si debba ripartire per ricostruire la Corea. Un’ulteriore aspetto interessante di Kingdom riguarda il suo formato: attualmente, oltre i 12 episodi totali, ne è stato rilasciato uno speciale, nel 2021, riguardante le origini della piaga, dal titolo Kingdom: Ashin of the North, che torna sia sulle motivazioni “scientifiche” sia su quelle ideologiche, rimarcando le reali intenzioni dietro allo scoppio dell’epidemia. Attualmente non si hanno certezze sul proseguimento della saga, nonostante si parli due un ulteriore episodio speciale, ma il finale aperto lascia sperare nel rinnovo per un’altra stagione.

Insomma, Kingdom ha davvero tutte le carte in regola per sorprendervi, è un progetto molto ambizioso (basti pensare ai costi di produzione), quanto intrigante e rischioso per via della commistione di generi, sicuramente molto particolare. Se la combo zombie medievale non vi ha spaventato e siete giunti fino a qui nella lettura, dategli una chance, non ve ne pentirete affatto.

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