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Jessica Jones 3×01/3×02 – La perfezione non esiste, per fortuna

La collaborazione Marvel-Netflix giunge al termine con Jessica Jones 3, ultimo passo della lunga fase di cancellazioni dell’ultimo anno che ha lasciato dietro di sé una notevole striscia di polemiche e delusione. L’eroina alcolizzata e scorbutica ritorna dopo una seconda stagione da molti ritenuta poco esaltante, senza dubbio inferiore rispetto alla prima. Le prime due puntate, su cui ci concentriamo oggi, indagano il concetto di perfezione e dell’oggettiva impossibilità di realizzarlo per coloro che non sanno come cercarlo.

Spoiler, quindi, per AKA The Perfect Burger e AKA You’re welcome.

“I hate heroism”

jessica jones 3

È questa una delle prime frasi del primo episodio di Jessica Jones 3, e non potrebbe esserci una frase più appropriata e al tempo stesso inconsapevolmente incoerente che Jessica potesse pronunciare. La nostra tanto scorbutica quanto forte donna si trova di fronte a due grandi problematiche. È assediata dal concetto di morte, quella che ha provocato nella sua vita e con la quale non riesce a convivere, e quella che l’avvocatessa Hogarth le chiede di infliggerle per porre fine al suo calvario. Inoltre, il fatto che la sua sorella adottiva e migliore amica Trish abbia ucciso sua madre è un vero e proprio macigno, non solo per la perdita del genitore ma anche e soprattutto per le devastanti conseguenze emotive derivate. Jessica, infatti, non vuole più parlare con Trish.

Tuttavia, le due incrociano presto le loro strade a causa di un uomo, Andrew Brandt, e di una donna, la madre di Trish, Dorothy. Il primo è possessore di una statuetta di valore, prova dell’aggressione nei confronti della sua sorellastra, a cui il piccolo ma costoso bene spettava per eredità: a lui dà la caccia Trish. Quest’ultima, però, è ricercata dalla stessa Jessica su richiesta di Dorothy, e il momento in cui si incontrano coincide con quello in cui Trish fa irruzione in casa di Brandt. L’uomo riesce a fuggire con la statuetta, e alla fine di quella giornata un individuo incappucciato pugnala Jessica nello stomaco nel suo appartamento, riuscendo poi a scappare. 

Al di là delle dinamiche narrative di questi due episodi (AKA You’re welcome, infatti, è un intero flashback dal punto di vista di Trish riguardante gli eventi del primo episodio), ciò che subito viene evidenziato è questa costante adulazione della perfezione da un lato e della ricerca di un’identità dall’altro. Entrambi gli aspetti riguardano sia Jessica che Trish, in un dualismo che è destinato a durare per tutta la stagione. Andiamo con ordine.

jessica jones 3

Per tutto il primo episodio di Jessica Jones 3 viene rimarcato quanto ciò che è perfetto sia quello a cui noi esseri umani ambiamo.

Il perfetto, dice la stessa Jessica, si riconosce a prima vista: quando qualcosa sembra combaciare con un’altra nella maniera più correttamente auspicabile possibile. L’hamburger perfetto, una vita perfetta, una storia d’amore perfetta. Jessica sa, però, che niente di tutto ciò esiste davvero, almeno non nella sua vita. Si ritrova ogni sera nello stesso squallido locale a ubriacarsi e a mangiare hamburger orribili, guardando in televisione programmi (a cui, scopriremo, partecipa la stessa Trish) in cui le promozioni di vendita invogliano gli spettatori a comprare prodotti in nome della loro, guarda caso, perfezione.

Proprio Trish, che in quanto donna di spettacolo ha sempre dovuto uniformarsi e legarsi profondamente all’apparenza di perfezione, trova se stessa in un percorso di allontanamento da essa. Dopo aver ottenuto i suoi poteri alla fine della stagione precedente, comincia il suo percorso per diventare quella che nei fumetti è l’eroina Hellcat. In questo, che Trish considera quasi un lavoro derivante da un obbligo morale, la donna cerca la perfezione allenandosi, combattendo e inseguendo criminali che, alla fine, le fanno causa. Questo ci porta alla seconda tematica: la ricerca di identità.

jessica jones 3

Partendo proprio da Trish: da sempre la giovane donna ha l’impellente bisogno di dimostrare al mondo di non essere solo e soltanto Patsy. In AKA You’re welcome, viene proprio evidenziato come persino i criminali a cui dà goffamente la caccia la riconoscano come Patsy. Da qui la scelta di coprirsi il volto. L’anonimato per distruggere un’identità e crearne un’altra. L’invidia di Trish per i poteri di Jessica l’ha accompagnata per tutta la vita, e ora che ha i mezzi per combattere il crimine potrebbe essere persino pericolosa: il suo comportamento è fastidiosamente infantile, quasi come quello di una bambina viziata che vuole ottenere qualcosa a tutti i costi. Questo qualcosa, però, include l’incolumità delle persone.

Persino Jessica sa che con la vita altrui non si scherza. Paradossalmente, anche lei è alla ricerca di un’identità. Sa che non vuole essere un’eroina, ma si trova costantemente a esserlo: perché lei lo è. Ha la speranza (e dice di non averla mai voluta) e l’altruismo necessario per salvare gli altri. Il finale del pilot di Jessica Jones 3, infatti, è indicativo: alla fine, dice Jessica, si finisce sempre allo stesso modo, inseguendo il cattivo. L’infinita storia della lotta del Bene contro il Male non esclude neanche una come lei, che si è involontariamente trovata dalla parte del Male (quando era controllata da Kilgrave) ma che è fatta per stare dalla parte del Bene. Anche se non lo vuole. Perché è una vera eroina.

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