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La teoria dei colori di How I Met Your Mother: Robin è la “giraffa viola” di Ted e Barney

Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler sul finale di How I Met Your Mother

Un piccolo sognatore insegue ardentemente il suo obiettivo. Non si ferma davanti a niente, non valuta con la sufficiente attenzione i pericoli che incombono, non si preoccupa abbastanza delle conseguenze. Parte per la tangente e finisce inevitabilmente per combinare un guaio, spinto dal fuoco sacro della passione che si combina con la testardaggine. Il piccolo sognatore non ha età: può essere un bambino che, invogliato da un accattivante pupazzo, si incastra nella macchinetta di un market. Oppure un adulto che insegue la donna della vita fino al momento in cui la realtà gli sbatte in faccia l’amara verità: non è lei quella giusta.

La premessa sembra confusa e piuttosto criptica, ma non è altro che l’ennesimo tassello dell’intrigante mosaico simbolico di How I Met Your Mother. Basato fondamentalmente su pochi elementi divenuti iconici e su una teoria dei colori che, seppure non sia mai stata confermata ufficialmente da autori e costumisti, trova basi convincenti nello sviluppo della serie. Stavolta, però, non si parla dell’ombrello giallo, se non di riflesso. E manco del corno blu che ha incorniciato con puntuale simmetria la prima e l’ultima puntata. No, stavolta si parla di una giraffa. Di una giraffa viola, mai considerata abbastanza. Eppure decisiva per definire al meglio la travagliata storia d’amore tra Ted Mosby e Robin Scherbatsky.

Tutto inizia nei tempi ormai lontani della prima stagione, addirittura nel secondo episodio. Dopo il colpo di fulmine che ha travolto Ted e il famigerato “ti amo” esploso nel bel mezzo del primissimo appuntamento con Robin, l’architetto fa di tutto per portare dalla sua parte il destino e conquistare la donna amata. Lo fa con ostinazione, pure troppa. Eccessiva, se si pensa alla lunga sequenza di feste organizzate per incontrare nuovamente la bella giornalista. Ma lei è impegnata col lavoro. E con un servizio che vede al centro dell’attenzione un bambino rimasto intrappolato in una macchinetta. Motivo? Voleva entrare in possesso di una giraffa viola, come si può evincere dal frame che trovate sopra.

La convincente sequenza comica che circoscrive la scena fa passare in secondo piano due elementi che caratterizzano da lì in avanti How I Met Your Mother: in quel momento il viola, indossato troppo spesso in situazioni chiave per pensare a una pura casualità, diventa il colore che meglio identifica la personalità di Robin. E, allo stesso tempo, la giraffa bramata dal bambino simboleggia idealmente quel che la ragazza ha sempre rappresentato per Ted: un sogno da realizzare a tutti i costi, al di là delle inevitabili conseguenze negative. Come finire ingabbiati in un piccolo cubo. Oppure in una vita all’inseguimento dell‘impossibile.

Come è andata a finire tra i due lo ricordiamo molto bene. Così come portiamo dentro di noi con sentimenti contrastanti il percorso che li ha condotti verso il nuovo inizio con cui si è chiusa How I Met Your Mother. Quel che si ricorda un po’ meno (ma non troppo) è uno degli episodi più importanti della settima stagione, il diciassettesimo. Si intitola “No pressure” (“Senza fretta”) e rappresenta, seppure non fino in fondo, la fine del sogno del “piccolo” Ted. Dopo aver cercato di riavvicinarsi a Robin e averle confessato i sentimenti mai sopiti malcelati per svariato tempo, i due mettono da parte la possibilità di essere una coppia, smettono di convivere e mettono fine anche all’ipotesi dell’unione dopo i 40 anni che avevano concordato qualora non avessero trovato la persona giusta.

L’episodio è ricordato principalmente per la straordinaria scena finale, accompagnata dalle note intense di Shake It Out. Ted, sorprendentemente sollevato dopo l’ultima “rottura” con Robin, abbandona la gabbia dove stringeva idealmente da anni la sua giraffa viola, esce dal suo appartamento sotto una pioggia battente e, chiusa la porta, si apre il portone: una sfilata memorabile di ombrelli gialli incrocia il suo cammino. Ted, in quel momento, è pronto a incontrare la donna della vita. Non Robin, l’amatissima Robin. Ma quella che diventerà la madre dei suoi figli. Quel momento ha catturato la scena, e si pensa a “No pressure” non si può non pensare a tutto questo, eppure il simbolismo che impernia quei 20 lunghissimi minuti non si ferma certo qua.

Nell’arco di tutta la puntata, infatti, il colore viola irrompe a più riprese. Negli abiti indossati da tutti i protagonisti, inclusi Marshall, Lily e Barney. E in vari elementi che compaiono qua e là, inseriti per rafforzare l’idea. Ted, non a caso, è vestito di viola nel momento in cui si imbatte nella lunga sfilata di ombrelli gialli. Così come lo era tempo prima nel momento in cui trovò l’ombrello giallo che rappresenterà poi la pietra angolare che lo unirà alla sua Tracy. Ma non finisce qui: il viola è il colore prediletto di Robin e lo indossa spessissimo, soprattutto nei momenti chiave della sua vita.

E il viola caratterizza a più riprese le cravatte di Barney, soprattutto nelle varie fasi del piano “The Robin”, ideato con l’obiettivo di riconquistare la sua futura moglie. Ma anche il vestiario di Nora nel momento in cui vuole presentare Barney ai genitori prima di essere cocentemente delusa. O Quinn, ultima ex di Barney prima delle nozze. Sennò Patrice, finta ex prima del matrimonio e decisiva nella realizzazione degli obiettivi dell’ultima pagina del Playbook. E pure Kevin, a sua volta impegnato in una relazione con Robin nella settima stagione. Specie nella circostanza in cui si ritrova a dipingere, ovviamente di giallo, la stanza del figlio nascituro di Lily e Marshall.

Ma cosa c’entra tutto questo con Robin e la giraffa di Ted? La deduzione è immediata: se da una parte il viola è il colore che meglio identifica la giornalista, dall’altra rappresenta globalmente in How I Met Your Mother un sogno inseguito al di là delle probabili conseguenze negative. E nel momento in si assoda questo, si identifica con il simbolo del sogno irrealizzabile di Ted, accomunato invece al giallo (la speranza, il sogno romantico che rappresenta la vera opportunità della vita), non a caso contrapposto al viola nel cerchio cromatico della teoria dei colori, si capisce quanto sia invece il colore che Barney deve inseguire. Attraverso le tappe intermedie di Nora, Quinn e Patrice.

A questo punto diventa più chiaro il senso dell’episodio “No pressure”, e non solo: Ted, di viola vestito come tutti gli altri, deve lasciare andare la sua giraffa per poter abbracciare il giallo. Da qui il sollievo provato dopo la rottura, e da lì in poi il percorso che lo porterà a Tracy sarà caratterizzato da poche relazioni e, soprattutto, nessun altro “ti amo” pronunciato.

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Barney, al contrario, ha sempre avuto il suo viola davanti agli occhi, ma solo dopo un’infinità di tappe intermedie capisce quanto questo possa essere il “suo” colore. Quello che lo unisce a Robin al di là delle possibili conseguenze, fino all’inevitabile rottura dopo pochi anni di matrimonio. Una giraffa viola da prendere al volo, anche se finirà tutto. Kevin diventa quindi un “surrogato” di Barney per Robin, un po’ come Nora, Quinn e Patrice di Robin per Barney. Un po’ troppo per pensare a semplici coincidenze e a scelte stilistiche dettate dalla necessità di vestire i protagonisti in un certo modo, non credete?

Vogliamo crederci, come ci credono le numerose persone che sostengono da anni la teoria. E contrapporre antiteticamente il viola al giallo tra impulsi del momento, amori inseguiti per una vita e la donna giusta per l’uomo giusto: Robin per Barney, non a caso spesso vestita di giallo in alcuni dei momenti importanti che li hanno portati verso l’altare. Non per Ted, destinato allo “scuolabus” incarnato da Tracy . Al di là dei ripensamenti e delle parentesi semichiuse che valgono per sempre, amori impossibili talmente impossibili da diventare possibili e sogni romantici che ritrovano nuova linfa dopo i 40 anni. Il viola diventa giallo quanto il giallo diventa viola, nelle sfumature che scindono la speranza dall’utopia. Pensando alle conseguenze, ma anche no.

Con l’innocenza di un bambino che si infila ovunque senza preoccuparsi di dover tornare indietro. E la maturità della disillusione che troverà davvero pace solo nell‘incrocio di sguardi in una serata di pioggia.

Antonio Casu

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