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La storia della politica nelle Serie Tv: House of Cards, la prima grande mattonella di Netflix

Dicono che i giovani abbiano perso interesse per la politica, ma c’è stato un momento fra il 2013 e il 2018 in cui grazie ad House of Cards, questo tema è tornato prepotentemente nelle case di tutti. Inimmaginabile il successo di questa serie, che è passata, non sempre indenne, attraverso le primarie americane, una diatriba fra i grandi dello streaming e uno scandalo che ha letteralmente rovinato la carriera di un grandissimo del cinema.

House of cards è stata una serie tv davvero da record. Ha avuto, fra gli altri, anche il grande merito di alzare a dismisura il livello di interesse attorno alla famiglia più chiacchierata del mondo, da parte di un pubblico sempre più vasto, nonostante il tema trattato non fosse sempre facile né particolarmente originale. Se infatti le serie a tema politico sono un grande classico, questa serie ha ottenuto un successo non paragonabile a nessuna delle precedenti.

La trama è una quasi ovvia corsa alla presidenza degli Stati Uniti. Davvero imprevedibili però, sono le tattiche per uscirne vincitori. Il titolo già suggerisce come il potere sia in realtà un gioco, un azzardo. Come la politica giri tutto intorno ad un delicato equilibrio di alleanze e strategie, che porterà le redini del mondo direttamente nelle mani del giocatore più abile ma, come ci dimostrerà Frank Underwood, per vincere occorre dimostrarsi anche il più spietato.

House of Cards

Protagonista indiscusso della serie è appunto il senatore in corsa per la Casa Bianca, Frank Underwood, a cui Kevin Spacey presta il volto in maniera magistrale. La sua recitazione è fredda, calcolata, strategica, ma allo stesso tempo sfrontata e ammiccante, nel suo ormai iconico camera-look. Ma dietro ad un grande uomo c’è sempre una grande donna e infatti non è da meno la futura First Lady, Claire Underwood, interpretata da un’altrettanto memorabile Robin Wright. Con il proseguo delle stagioni si assisterà un vero e proprio duello all’ultimo sangue fra marito e moglie, dal quale per altro, uscirà vincente proprio quest’ultima.

C’è chi sostiene che il grande successo di questa serie si debba proprio a questo duo di grandissimi attori, che grazie al loro talento hanno dato vita ad un prodotto per la televisione di alto livello, quasi cinematografico. A ben vedere però, quest’analisi è davvero riduttiva. Nella serie è presente un vasto numero di personaggi secondari dalle story lines davvero interessanti, ma soprattutto fondamentali per il proseguo così ben strutturato e imprevedibile delle vicende. Si pensi per esempio a Remy Danton, interpretato da un bravissimo Mahershala Ali o a Doug Stamper il braccio destro senza scrupoli di Frank. Personaggi vitali per l’ascesa degli Underwood, e capaci di ritagliarsi un ruolo di rilievo anche agli occhi del pubblico. Probabilmente, quindi, il successo di questa serie non va ricercato solamente in attori e personaggi, ma piuttosto nel suo incredibile e costante intrecciarsi al mondo reale. House of Cards infatti, ci ha costretti a pensare di nuovo alla politica come ad un qualcosa di strettamente legato alla nostra vita quotidiana, qualcosa che ci riguarda davvero da vicino.

Grazie all’iconica battuta di Frank: “La democrazia è sopravvalutata”, per anni il pubblico si è interrogato, non senza una certa preoccupazione, se queste vicende potessero essere in qualche modo plausibili. Questo ha dato una luce del tutto nuova alle primarie americane di quegli anni, che hanno visto il pubblico interrogarsi se fosse più probabile una possibile somiglianza fra Frank e Hillary Clinton o Donald Trump. A tagliare la testa al toro è stato proprio il presidente uscente di quegli anni, Barack Obama, che dopo essersi professato fan della serie, ha sibillinamente dichiarato che House of cards è la storia di tutti i presidenti degli Stati Uniti, l’unica cosa a discostarsi molto dalla realtà, è la velocità con cui Underwood riesce a far promulgare una legge.

Che fosse una battuta o meno House of Cards ha dato voce ai peggiori timori di ogni bravo cittadino, legittimando quindi quel sospetto che vede gli uomini della politica più impegnati a lavorare per loro stessi piuttosto che per il popolo che rappresentano.

Ma non solo, grazie a questa serie molti di noi hanno avuto un maggiore accesso a quelle che sono delle classiche strategie politiche, su cui magari non ci si era mai soffermati abbastanza a riflettere. Per esempio il far sempre leva sulla paura, ricercando per forza un nemico da combattere (da cui il politico di turno promette di difenderci). O ancora quei discorsi così dettagliati e ben articolati volti non tanto alla presentazione dei propri intenti, ma piuttosto allo screditamento dell’avversario, così da apparire come la migliore delle scelte possibili, pur non mostrando nessun piano alternativo tangibile. Non ultima, una moda tutta americana: lo sbandierare una tradizionale famiglia felice. Non c’è privato per il presidente degli Stati Uniti, lui e la sua famiglia sono sempre in copertina.

Su quest’ultimo tema, tanto caro agli americani, si consuma forse una delle parti più interessanti dell’intera serie. Ogni matrimonio ha i suoi equilibri e certamente quello del presidente non fa eccezione. Tuttavia, stagione dopo stagione, la sete di potere degli Underwood si ritorcerà loro contro, fino al punto di non ritorno. Diventeranno avversari, anzi nemici a tutti gli effetti il Presidente e la First Lady e si assisterà ad uno scacco matto da parte della regina, possibile grazie alla trasformazione dei sentimenti in ben più convenienti strategie.

Fra i coniugi Underwood la relazione, che inizialmente sembrava quasi simbiotica, inevitabilmente sprofonda verso il baratro. Questo gioco di forze fra marito e moglie, sicuramente di grande effetto, viene sfruttato in maniera intelligente anche a fini di marketing nel mondo reale.

Grazie ad House of Cards abbiamo lasciato che la politica entrasse nei nostri salotti una puntata alla volta. Ci siamo fatti coinvolgere e forse anche un po’ spaventare, rimanendo rapiti dalle provocazioni di Frank, che è l’integerrimo Presidente degli Stati Uniti e contemporaneamente l’uomo capace di urinare sulla lapide del padre. Ricordandoci così, per l’ennesima volta, che scegliere la persona a cui permettere di governare un paese deve essere una decisione ben ponderata, perché non è sempre così evidente la vera natura di alcuni uomini.

Purtroppo però la parabola di House of Cards è stata rovinosamente discendente e ha ancora una volta, risentito dell’influenza del mondo reale in quello della finzione. Ecco che le tristi vicende personali di Kevin Spacey, hanno indelebilmente segnato la fine del suo personaggio e nel giro di un paio di stagioni anche della serie stessa.

In maniera piuttosto beffarda quello che sembrava un solido successo politico, nella finzione, e televisivo, nel mondo reale, è imprevedibilmente crollato per motivi personali ormai noti un po’ a tutti. Proprio come se tutto fosse un fragile castello di carte.

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