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10 dettagli maniacali che dimostrano ancora una volta quanto sia straordinaria Hannibal

Non ci stancheremo mai di ripeterlo: Hannibal è una serie tv straordinaria, che ha portato il prodotto televisivo a vette di qualità difficilmente replicabili, anche grazie a una confezione estetica superba. Abbiamo scritto di quanto sia elegante questa serie, che probabilmente non vedrà mai una quarta stagione (e aggiungiamo, forse è meglio così).

Tra le caratteristiche che hanno reso Hannibal unica e decisamente non replicabile c’è la maniacalità di alcuni dettagli e scelte di carattere estetico. Ne vediamo alcune.

1) La simmetria perfetta delle inquadrature

Hannibal (640×360)

Ecco, guardate qua. Non solo l’atmosfera buia, che accresce il senso costante di pericolo e allarme che pervade questa serie, ma la simmetria perfetta di questa scena e di come è stata concepita. Will e Hannibal si confrontano, uno complementare all’altro, nessuno capace di sopravvivere alla sua controparte e allo stesso tempo così intrecciati l’uno nell’altro da sfiorare l’amore.

La bellezza della simmetria di questa scena non è solo nel simbolismo che si nasconde nella scelta di mostrare i due nemici/amici/amanti l’uno contro l’altro, ma di contrapporli in maniera sottile e dividerli utilizzando espedienti scenici che contengono un preciso messaggio.

I due sono seduti allo stesso livello, le poltrone dello studio di psichiatra di Hannibal sono esattamente uguali, eppure abbiamo l’impressione che Will sia più piccolo e più in basso rispetto allo psichiatra. La costruzione della scena, con l’inclinazione della lampada sul tavolo che crea un angolo acuto nella direzione del profiler, la scelta di illuminare leggermente di più il lato occupato da Hannibal, creano una leggera illusione ottica che ci fa apparire quest’ultimo più in alto e più grande rispetto al suo “paziente”.

Anche la scrivania sullo sfondo, con la sua linea dritta, apparentemente sembrerebbe metterli sullo stesso piano, ma la poltrona immediatamente dietro e la colonna dello studio che divide perfettamente a metà la stanza simboleggiano l’incolmabile distanza tra i due. Una divisione che è apparentemente sovrapponibile, come suggerisce il principio della simmetria, ma che in realtà serve proprio a sottolineare la differenza tra vittima e carnefice.

2) I colori e il loro significato simbolico

Hannibal (640×361)

In questa scena, e in molte altre che troviamo in Hannibal, non c’è solo un preciso omaggio all’estetica di Stanley Kubrick, a cui questa serie deve molto sul piano dell’estetica e delle atmosfere, ma anche un utilizzo preciso e simbolico del colore.

Anche in questo caso, come nel precedente, c’è una simmetria piuttosto precisa, che vede Jack Crawford in piedi a dividere quasi esattamente a metà la scena. La figura di Jack, faro morale di Will e contrapposizione perfetta, con il suo senso di giustizia e la sua personalità calorosa, alla fredda sete di sangue di Hannibal, fronteggia il profiler dell’FBI, che si pone con un atteggiamento quasi remissivo, metaforicamente (ma anche letteralmente) con le spalle al muro.

All’interno della costruzione di questa scena il colore rosso carico, vicinissimo al colore del sangue, si inserisce e monopolizza quasi ogni superficie. Un rosso che, con la sua carica simbolica, è un evidente omaggio alla scena di Shining in cui Jack Torrance si confronta l’ultima volta con l’ex custode dell’hotel, prima di entrare in azione, ormai schiavo delle sue allucinazioni. Il rosso non è solo il colore del sangue, naturalmente presente a fiumi in Hannibal, ma è anche il colore universalmente associato al pericolo, all’allarme.

Precisamente ciò che sta avvenendo in questa scena, in cui le nevrosi di Will Graham si scontrano con l’imperturbabile calma di Jack Crawoford, che sacrifica la sanità mentale del suo migliore elemento per raggiungere lo scopo di catturare un killer imprendibile che si rivelerà molto più vicino di quanto si aspettasse.

3) La musica disturbante

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Fin dalla sigla iniziale di Hannibal capiamo quanto in questa serie sia centrale la musica e il suo utilizzo con il preciso scopo di inquietare e quasi di disturbare lo spettatore. Questa nenia brevissima, che si conclude con note di pianoforte dissonanti e lasciate a disperdersi nell’aria senza trovare una conclusione armonica, introduce alla perfezione nell’atmosfera di questa serie.

Nel corso di Hannibal la colonna sonora, curata da Brian Reitzell, diventa sempre più pervasiva, sorda e stridente, a simboleggiare un aumento di tensione che va di pari passo con lo sviluppo della storia e che diventa sempre più insostenibile. Oltre alla colonna sonora originale in questa serie sono presenti anche alcuni brani di musica classica, una delle grandi passioni dello psichiatra: il brano più famoso di tutti, che collega idealmente la serie al film del 1991 Il silenzio degli innocenti, è l’Aria da capo di Johann Sebastian Bach.

In entrambi i casi, sia nella serie che nel film, questa musica che sembra provenire da un altro pianeta fornisce una parentesi onirica e quasi poetica all’interno di una situazione lugubre e sanguinaria. Un esempio di come la musica in Hannibal sia sempre utilizzata con lo scopo di scordare, non accordare, situazioni e commento sonoro.

4) I titoli delle puntate a tema culinario

Hannibal (640×336)

Le tre stagioni di Hannibal sono organizzate con uno schema rigoroso, anzi quasi rigoroso: tutti gli episodi della prima stagione hanno titoli di pietanze francesi, quelli della seconda rievocano la tradizione culinaria giapponese e quelli della terza, ambientata per buona parte in Italia, hanno titoli, a tema sempre gastronomico, italiani.

Quasi rigoroso perché c’è un’eccezione: gli ultimi sei episodi della terza stagione si discostano nettamente da tutti gli altri, dal momento che si rifanno all’Apocalisse di Giovanni e ai dipinti di William Blake.

La scelta di intitolare gli episodi a tema culinario rispecchia non solo la passione (o l’ossessione) di Lecter per l’alta cucina, ma anche la sua sensibilità a culture diverse, soprattutto quelle dei paesi che hanno dato di più all’umanità in questo senso.

5) Il leitmotiv di William Blake nelle ultime puntate

Hannibal (640×360)

Il filo rosso che collega Hannibal Lecter a William Blake è argomento della seconda parte della terza e conclusiva stagione della serie. Il serial killer Francis Dolarhyde, ossessionato dalle poesie di Blake e dalle sue opere che raffigurano il Grande Drago Rosso, una figura allegorica a cui si contrappone la Donna vestita di sole.

Le due figure si fronteggiano nell’acquerello di Blake, in una lotta tra bene e male che non conosce soluzione, nemmeno in Hannibal. Per fermare Red Dragon, infatti, Will sacrificherà l’ultimo barlume di innocenza e Hannibal si scoprirà più umano della maschera di orrore che avevamo conosciuto.

Un richiamo, quello del contrasto tra bene e male, evidente anche nel titolo della puntata conclusiva, The wrath of the lamb, L’ira dell’agnello. Anche questo titolo si ispira a due componimenti di William Blake, The Lamb e The Tyger. Nel primo il poeta si domanda se l’agnello sia consapevole di vivere in una realtà illusoria di innocenza, nel secondo affronta il tema della ferocia, scegliendo come allegoria proprio il predatore.

La commistione tra l’animale più innocente e puro e il sentimento dell’ira non ha riferimenti unicamente in William Blake. In uno dei versetti dell’Apocalisse di Giovanni si fa infatti riferimento proprio all’ira dell’agnello, intesa come momento di massima confusione e distruzione, se persino un animale mansueto arriva a snudare i denti.

6) Il simbolismo delle visioni di Will

Hannibal (640×360)

Nelle visioni di Will Graham c’è un elemento ricorrente: la raffigurazione del dottor Lecter come figura con lunghe corna di cervo. La simbologia di questo animale si sposa molto bene con la figura dello psichiatra: il cervo è un animale soggetto per natura a un continuo rinnovamento, con i suoi grandi palchi che crescono per poi cadere e ricrescere nuovamente.

Il cervo è quindi considerato un animale simbolo di rinnovamento, che collega morte e vita in un ciclo continuo in cui l’una non esclude l’altra. Le sue corna, che ricordano nella forma i rami degli alberi, sono inoltre simbolo di connessione tra forze “basse” e “alte”, energie sotterranee e aeree, rendendo questo animale un vero e proprio ponte tra due dimensioni.

La grazia e insieme l’elemento di rischiosità che evoca la figura del cervo, così elegante e insieme così pericolosa, si addicono perfettamente al personaggio del dottor Lecter, così posato e insieme così istintivo, capace di coniugare bellezza e crudeltà.

7) L’orchestrazione scenografica degli omicidi

Hannibal (640×317)

In Hannibal, come già sottolineato, la componente estetica è fondamentale. Questa trova una delle sue massime realizzazioni proprio nella rappresentazione degli omicidi, che sono una vera e propria coreografia, un dipinto macabro e insieme un messaggio fortemente simbolico.

Nella scena che abbiamo scelto, tratta dalla seconda stagione, vediamo una delle “opere” del serial killer James Gray, che utilizza i corpi di persone di etnie diverse per creare “l’occhio di Dio”. In questa scena, come in molte altre, si cela però un significato molto più profondo della pura estetica. Gray e Lecter si confrontano sull’esistenza di Dio e sul suo compito: il primo afferma di non credere nell’esistenza di una divinità superiore, perché dopo aver creato l’occhio per riuscire a scrutare il cielo e intravederlo si è reso conto che non c’è niente da vedere.

Hannibal, invece, sostiene che Dio esiste e che, come gli uomini, è capace di essere crudele perché la violenza è uno dei doni che ha fatto all’umanità. Il contributo di Lecter alla creazione dell’occhio di Dio, quindi, non significa che lui creda di essere Dio ma che, nel suo delirio, si diverta a imitarlo e omaggiarlo attraverso il dono della violenza.

8) L’utilizzo del rallenty nelle scene

Hannibal

Hannibal (640×426)

Il rallenty è spesso utilizzato in questa serie per mostrare un particolare nel suo dettaglio più microscopico, spesso alienato dal contesto generale, e successivamente, attraverso l’allargamento del campo, mostrare la scena in chiave macroscopica.

Il rallenty in Hannibal è usato anche per aumentare la tensione e per coreografare, letteralmente, le scene di combattimento, come quella tra Lecter e Crawford. L’aspetto maniacale di questa scelta è evidente nella cura per i dettagli, nei movimenti dei contendenti che ricordano più una danza o una sessione di scherma che una lotta all’ultimo sangue.

La violenza in questa serie assume un significato estetico, così come la morte, anche grazie alla scelta di mostrarla al rallentatore, centellinando i particolari e portando lo spettatore all’interno dell’estasi del combattimento.

9) L’estetica del macabro

Hannibal

Hannibal (640×314)

La morte è arte e l’arte è morte: questo è il disegno di Hannibal. La rappresentazione della morte, curatissima e coreografata, esprime la volontà degli assassini di creare un ponte tra due mondi, quello della morte e quello della vita e dell’arte.

Gli omicidi in Hannibal sono rituali, teatralizzati: non a caso il teatro è l’arte che più si avvicina alla dimensione del rito, dell’accordo tra uomo e divinità che richiede sempre un sacrificio. La grande differenza tra il personaggio interpretato da Mads Mikkelsen e quello di Anthony Hopkins è che il dottor Lecter seriale esplora decisamente di più e a più livelli la propria fortissima pulsione per l’estetica, soprattutto quando declinata nel macabro.

Questa serie riesce a farci provare sentimenti contrastanti, di attrazione quasi morbosa, per la morte: è l’estetica del macabro, che qui abbiamo analizzato nelle sue varie declinazioni e che porta questa serie a raggiungere momenti in cui la bellezza e l’abiezione convivono e ci impediscono di distogliere lo sguardo.

10) L’amore platonico tra Will e Hannibal

Hannibal

Hannibal (640×405)

Il mostro che i due sconfiggono al termine della terza stagione non è Red Dragon, nonostante sia lui a incarnarlo: è la morte stessa. Alla fine il legame contronatura tra Hannibal e Will riesce a sconfiggere la forza più potente in natura e li lega in un rapporto che oscilla continuamente tra amore e sopraffazione, tra eros e thanatos.

L’unione tra i due non viene mai concretizzata e portata sul piano fisico, nonostante ci siano numerosi momenti in cui sembra che stia per accadere: si tratta di allucinazioni di Will che sublimano il rapporto tra vittima e carnefice, elevando la componente carnale che diventa spirituale e trova finalmente realizzazione nel finale e nel salto verso la morte.

Una morte che consacrerà per sempre la loro unione, suggellando tutti i baci mai dati nel corso della serie in una comunione di spiriti che va oltre l’aspetto fisico e consegna i due amanti e nemici all’eternità.

Giulia Vanda Zennaro