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Lettera di Beth Armon al custode dell’orfanotrofio

Caro Mr. S,

voglio solo farti sapere che ce l’ho fatta. Ci sono riuscita. Sono finalmente dove dovrei essere ma, per quanto mi secchi ammetterlo, so bene che il merito non è in fondo solo mio. Ho dovuto lavorare sodo, non mi sono venduta un singolo giorno della mia vita e non ho mai piegato la testa. Questo si che lo devo a me e a me soltanto. Ma il resto? A volte, i ricordi sono sfuggenti. Passano come mosse mai giocate nella mia mente affollata e mi risulta difficile metterle a fuoco. Ieri notte, mentre fissavo il soffitto uno di quei ricordi ha fatto capolino. Aveva il tuo volto grasso e ispido di baffi. Poi è scomparso. Rimpiazzato dall’ennesima scacchiera.

Per questo motivo stamattina mi sono svegliata più risoluta del solito, mi sono diretta al parco vicino casa con una penna e un foglio in mano. La cosa sorprendente è che mentre passavo davanti ai anziani habitué che di tanto in tanto mi sfidano allegramente alle loro logore scacchiere, non ho sentito la necessità pulsante di sedermi a giocare. Forse perché quando mi metto in testa qualcosa non c’è verso di farmi cambiare idea. Neppure da me stessa. E stamattina la mia mente non era, come al solito, strapiena di regina e torri, alfieri e cavalli e altri pezzi degli scacchi ma di parole e inchiostro. Così mi sono seduta in disparte e ho lasciato che i ricordi prendessero il sopravvento stavolta.

Ci sono alcuni che mi chiamano “la regina degli scacchi” adesso, ma sono sicura che ai tuoi occhi sono rimasta la piccola Beth Armon che entrò nella cantina quel giorno.

La regina degli scacchi

La prima cosa che ricordo, se ripenso a quei giorni, è l’odore penetrante di muffa e di dopobarba. Prima ancora di vedere i pezzi alla luce fioca della lampada, prima di ancora di vedere te chino su quell’oggetto bianco e nero. Giuro che il primo pensiero che mi riaffiora alla mente è l’odore penetrante di muffa di quella stramaledetta cantina e, più sottile, quel dopobarba muschiato. Mi è capitato di sentirlo di nuovo molti anni dopo, quando ero in tour. Ma quando mi sono voltata veloce i miei occhi non hanno incontrato il tuo sguardo ma quello di un estraneo che si deve essere sentito molto a disagio.

Non credo di esserti piaciuta molto, almeno non all’inizio, vero? I bambini dovevano apparirti come una specie di mostro a tre teste e della peggior specie, per giunta. Non posso che darti ragione. Penso di essere stata io stessa tra i piccoli mostri peggiori che quell’orfanotorfio abbia mai avuto. Certo, sono anche la più grande stella che avranno mai sotto il loro tetto ma questa è un’altra storia. Ci sono molte cose che avrei voluto chiederti ma ormai che senso avrebbe? Una domanda però continua a vorticarmi di tanto in tanto in testa. Che cosa hai visto in me? Intendo sotto gli strati di vestiti vecchi e logori. Cosa ti ha fatto pensare che ne valesse la pena?

la regina degli scacchi

Adesso sono la regina degli scacchi ma allora non ero niente.

Non c’era stato nessuno prima di te che abbia visto qualcosa. Nessun padre a spronarmi. Nessuna madre a incoraggiarmi. Quindi vorrei sapere cosa diavolo uno come te abbia visto in una come me. Sto imprecando parecchio me ne rendo conto. Una brutta abitudine che ho preso dopo aver lasciato l’orfanotrofio, insieme a parecchie altre come avrai sentito forse. Le cose non sono andate sempre bene dopo il nostro ultimo incontro e per questo ti chiedo scusa. Ho perso la concentrazione e mi sono dimenticata la lezione più importante di tutte: capire quando è il momento della ritirata. Pensavo di essere diventata una regina invincibile e che i consigli di un vecchio su come giocare a scacchi non mi servissero poi a molto. Mi sono sbagliata di grosso e ho pagato a caro prezzo il mio sbaglio.

Però ce l’ho fatta. Ci sono riuscita. Ho già scritto queste parole prima vero? Scusami non sono abituata a tenere così a lungo in mano una penna o, peggio, lasciare che i miei pensieri e le mie emozioni scorrano in maniera incontrollata. Ho già perso il controllo troppe volte nella mia vita. Forse in fondo lo so cosa hai visto in me. Lo stesso che vedono molti genitori. Una seconda possibilità. Io sono stata l’occasione di fare qualcosa di buono nella vita, l’occasione di dare un senso ai tuoi giorni da custode invisibile e inascoltato. Spero ne sia valsa la pena. Lo dico davvero. Avrei voluto fare di più ma c’è un limite anche al potere di una regina. Alla fine sono sempre una donna.

Non so bene se questa lettera ti arriverà mai, una parte di me vorrebbe farla in mille pezzi nel momento stesso in cui smetterò di scrivere. Voglio che tu sappia che ti ringrazio. Ti ringrazio per avermi resa la tua seconda possibilità, per aver visto una bambina ricolma di rabbia e abbandono e averla trasformata in una donna di cui aver paura. Voglio che tu sappia che nelle notti insonni (si ne ho ancora parecchie) in cui sto per ore a fissare il soffitto pensando a nuove strategie, tiro un sospiro di sollievo quando rigioco contro di te. Anche se per finta. Non l’ho mai detto a nessuno e mai lo farò.

Tua Beth.