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Salvatore Conte: un boss anomalo nella giungla di Gomorra

La terza stagione di Gomorra è prevista per fine anno, secondo i rumors che abbiamo raccolto qui. C’è molta curiosità per capire quale sorte spetterà a Ciro e a Genny; allo stesso tempo dovrà essere chiarito chi approfitterà del vuoto di potere in seguito alla morte di Don Pietro. Per alleviare l’hype, che cresce a dismisura, ripercorriamo le prime due stagioni dal punto di vista di uno dei personaggi più amati della Serie: Salvatore Conte.

L’ottima caratterizzazione del personaggio e la straordinaria interpretazione di Marco Palvetti hanno contribuito a creare una figura complessa, più di tutti gli altri personaggi di Gomorra. Con il suo modo di fare, inoltre, Conte è sempre portato a strappare un sorriso allo spettatore. Tutti ci auspicavamo che, nella seconda stagione di Gomorra, egli avrebbe avuto maggior spazio e il trend iniziale sembrava poterci accontentare. Non potevamo sbagliarci di più.

Che gli stati uniti scampia-secondigliano fossero tutto fuorchè un esempio di coesione lo si era intuito già nel primo capitolo della seconda stagione. L’immagine del ponte di legno a dividere gli uomini di Conte dagli scissionisti, in procinto di brindare, era già stata ampiamente significativa. Quello che nessuno si sarebbe immaginato è che già nella 2×03 gli attriti con i nuovi gestori delle piazze di spaccio avrebbero portato a conseguenze estreme.

E Salvatore Conte diviene la prima vittima del nuovo corso di questa giungla chiamata Gomorra.

In questa giungla non esiste l’amicizia, men che meno la fiducia: esiste l’alleanza ma il tradimento è sempre dietro l’angolo. In un mondo del genere vince chi riesce a gestire meglio questo tipo di rapporti. E ‘on Salvatore sembrava destinato a vincere. Tuttavia questa percezione crolla vertiginosamente col ritratto del personaggio che ci restituisce la stessa puntata 2×03, spogliando Salvatore Conte di tutte le sue debolezze e contraddizioni.

Se il suo rapporto con la religione non è particolarmente sorprendente – tutti i malavitosi, in genere, si spacciano per ferventi cattolici – e diventa anche un’ottima copertura per le sue attività illecite, o per esercitare il proprio potere sugli altri capizona, molto più interessante è provare a scavare sotto la superficie del suo credo. In altre parole è osservando i comportamenti del Conte uomo che possiamo spiegare la caduta del Conte criminale.

La cultura malavitosa esige il rispetto di determinati codici. Boss omosessuali non sono credibili, nè tanto meno lo è avere una relazione con un transgender. Salvatore Conte è dunque costretto a nascondere dietro le apparenze la sua vera essenza. Nella scorsa stagione, a proposito del suo vizio del fumo, gli abbiamo sentire dire: “l’omm che po’ fa a meno e tutte cose non tene paura e niente“.

Col senno di poi ci accorgiamo che il detto sembra valere più per Ciro Di Marzio che, arrivando a uccidere la sua stessa moglie, ha reciso quasi tutti i suoi legami – fonte di debolezza – ma non per lui. Tra l’amore materno e quello di Alessandra, il boss “spagnolo” ci viene mostrato in tutta la sua fragilità e quel pacchetto di sigarette nascosto nel cassetto è una poetica dimostrazione di quanto egli sia vittima della sua maschera.

In mezzo a tanti leoni senza scrupoli Salvatore Conte ha commesso l’errore più grande: provare dei sentimenti.

salvatore conte

Come dicevamo poco sopra, Conte è il personaggio più complesso tra tutti quelli della Serie. Egli arriva a farci provare pena per lui, soprattutto quando, prossimo alle lacrime, tenta di scusarsi con Alessandra. Proprio questa sarà la ragione che lo condurrà alla morte. I boss di Gomorra sono creati apposta per orripilare gli spettatori, non per farci empatizzare con loro.

Con il suo moto di umanità Conte è riuscito a scalfire il muro di pietra che, idealmente, dovrebbe esserci tra lo spettatore e i personaggi della Serie. È stato tradito dai suoi sottomessi perchè le sue emozioni più recondite sono andate a cozzare con i suoi “affari”. La spaventosa democrazia della camorra: non importa che tu sia il reggente di un clan o un Danielino qualsiasi, se metti in pericolo gli interessi del sistema malavitoso resti schiacciato.

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