โNun fa comm a me, ca p glรฌ appriess a โsti suonn agg mancat prumess, m so fatt fess e moโ soโ tal e qual a lorโ
Ivan Granatino โ Lโaddore forte dโo mare

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Di promesse ne ha infrante tante, troppe, il Ciro di Marzio di Gomorra. Prima fra tutte, quella alla legge naturale delle cose: la promessa di morire. Ha mentito a quel Volere di Dio che gli ha donato la resilienza togliendogli la terra sotto i piedi, e ha frainteso le ferite per troppo tempo.
Le crepe che rendono immortale Ciro di Marzio sono le stesse che hanno aperto a Secondigliano le porte dellโinferno. La scossa che, con le sue fenditure, ha trasformato in debole e incerto passaggio un quartiere che profumava di filtro seppia e del frassino abbronzato delle sedie a bordo strada.
Incerto e di passaggio in questa vita si sente anche lโImmortale, nellโeterna antitesi esistenziale cui lo condanna lโinamovibilitร del suo nome. Eppure lui tra quelle Vele ci passa da pirata, orgoglioso e inamidato, protetto dalla caduca sicurezza di chi รจ intoccabile in quanto giร prigioniero.
Ciro di Marzio รจ Immortale soltanto nel suo gioco, laddove perรฒ tutti cadono e lโunica regola รจ restare lโultimo. Il solo. Da solo.
Questa solitudine diventa la svolta morale di una fiaba maledetta, di un mito greco a tinte neorealistiche. Il mito di Eos e Titone gomorriano. Una parabola che disegnerร proprio in quella indebita insistenza dellโesistenza uno scrupolo per lโImmortale. Nella realizzazione di aver rubato secondi alla vita giร dallโattimo successivo quel maledetto terremoto. Nel dubbio di star ingannando il Volere di Dio, quella scossa tumultuosa che forse in realtร lo ha sempre voluto tanto forte quanto mortale. Umano.

Con questa presa di coscienza il gioco dellโImmortale di Gomorra finisce e inizia la vita, o quello che ne resta. Da questo momento in poi, Ciro di Marzio indosserร lโombra del martirio per vestirsi di etereo, e chiuderร il misticismo della leggenda.
Il suo ultimo capitolo, la sua battaglia finale, strema come un inesorabile corteo funebre, una lenta marcia celebrativa verso morte certa e necessaria, consapevole ma intimamente temuta. Perchรฉ se lโImmortale non teme la morte perchรฉ non la conosce, in fondo al gioco cโรจ lโuomo, Ciro di Marzio, che nella morte riconosce una sorta di religiositร , il momento in cui fare i conti con sua moglie e sua figlia.
Nellโepopea di Gomorra e quindi dellโImmortale, intrisa sottilmente di quella religiositร superstiziosa che รจ tanto partenopea, la morte rappresenta anzitutto una sconfitta. Ma non รจ piรน cosรฌ per Ciro, al quale resta solo di disporre le condizioni per una finta vendetta, quella verso Genny, al fine di non consumarla e dimostrare unโumanitร ritrovata.
I George e Lennie (Of Mice and Man) di Gomorra prendono lโultimo treno insieme, sola andata, nella tragica e meravigliosa chiusura di un cerchio che aveva bluffato tutti giร nel finale della terza stagione (โโcomunque va a ferniโ, รจ stato bello faโ โstu tratt e strada assiemeโ โ Gomorra 3ร12).
Nel viaggio finale di Ciro e Genny in auto, diretti verso la riva ultima, si apre il sipario su un momento televisivo dalla narrativa quasi liturgica, grazie alla sublime scelta del brano dโaccompagnamento alla scena.
โTe cerc ccร , te vogl ccร , e comm me manc. E vot parl coโ mur, pur ij sul ind โo scuro e mai nisciun risponne.โ
Ivan Granatino โ Lโaddore forte dโo mare
Ciro chiede a Genny di fare una sosta, e mentre scende le scale che conducono al bagno pubblico di una deserta, gelida stazione di servizio, Lโaddore forte dโo mare di Ivan Granatino incalza con un sound pop-rock atipico rispetto alla musica neomelodica tradizionale, facendo quasi da diegesi a ciรฒ che stiamo guardando. Non soltanto con le parole, ma perfino con la musica. LโImmortale non รจ mai salito su quellโauto con Genny, perchรฉ il posto accanto al suo โacerrimo amicoโ รจ sempre stato riservato unicamente a Ciro di Marzio. Lโuomo fuori dal gioco, il martire con le ultime volontร fini a se stesse.
Eppure, a metร viaggio, qualcosa sta cambiando e Ciro se ne rende conto. Ha bisogno di fermarsi. Ha bisogno di rinfrescare la nuca su cui pende una falce rovente.
Una volta entrato in bagno, Ciro si guarderร due volte allo specchio, e il significato dietro le due occhiate a quel riflesso che non riesce a smettere di odiare รจ estremamente profondo.
La prima volta, lancerร unโocchiata fugace, torva e quasi disgustata allo specchio, prima di cospargersi dโacqua su nuca e testa nellโennesimo gesto dai sottotesti religiosi.
Ciro sa che lโImmortale che credeva di aver abbandonato allโidea di redenzione รจ ancora una presenza ingombrante, un impeto violento che si sprigiona al ricordo di chi ha sacrificato, pensando a cosa ha perso e chi, come Genny, ha ancora delle ragioni per vivere.
Le โcerca quaโ, sua moglie e sua figlia, โnel buioโ e nel disperato tentativo di parlare al ricordo di chi furono, โparlando col muroโ, senza ricevere risposta che non sia quella suggerita dalla vendetta. La risposta dellโImmortale, quella che non deve piรน appartenere a Ciro.
Come quellโirragionevole ragazzo pieno di rabbia che si credeva immortale, fissa lโasciugamani elettrico che non si decide a funzionare. Con lo sguardo di chi si sente offeso dal banale pretesto del โprendere questioneโ, lo sradica dal muro e lo scaraventa a terra, prima di voltarsi per la seconda volta verso lo specchio, indugiando stavolta piรน a lungo, meno torvo e quasi piรน rassegnato e consapevole: lโImmortale รจ ancora lรฌ da qualche parte, pronto a manifestarsi nella rabbia di un contraddittorio ricordo che recita โforse tu (voi, moglie e figlia) parli con qualcun altro, e io che ti ho lasciata andare cosa pretendo ora?โ.
โTe cerc ccร , te vogl ccร , ma simm distant. Fors tu parl cu nโat e ij che tโagg lassat e moโ che vac truann ra te?โ
Ivan Granatino โ Lโaddore forte dโo mare
Il primo sguardo di Ciro verso lโImmortale รจ un sospetto, il secondo appena dopo lo sfogo violento รจ una certezza che non puรฒ permettersi, ora che il suo ultimo scopo รจ dimostrare a se stesso di saper risparmiare โ stavolta โ la vita di una madre e suo figlio.
Una scena che parla, quella che precede il gran finale di Gomorra, con la musica ma anche con lโanima di Marco dโAmore, che quegli sguardi allo specchio li rivolge da emozionato e giร nostalgico โterzo incomodoโ nel duetto inconscio tra Ciro e lโImmortale.
Passando da questa sosta, questo non-luogo di riflessione nel mezzo del cammino verso lโInferno, Ciro capisce che tenet nunc Parthenope non puรฒ valere per lโuomo. Ma per lโImmortale sรฌ, perchรฉ di una beffarda menzogna la Napoli che ha sempre voluto tutta per sรฉ potrร mantenere la leggenda. Quella del criminale che non moriva mai.
Mai, finchรฉ ha capito cosa vuol dire essere uomo.
Passando dalla riva, Ciro ha ricordato โquanto รจ bella Napoli vista da quaโ, cosรฌ tanto vicino a quellโodore che gli ricorda la maledizione di morire due volte.
Passann p ccร , lโodore forte, troppo forte, del mare.