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Dietro la maschera di un Cupo Mietitore

Io, che non vivo, non ho un nome, né memorie, né volontà. Questo è il Cupo Mietitore: un’ombra tra le ombre costretta a vagare per secoli sulla terra come personificazione della temuta fine. Sin da subito si avverte l’eco di una cultura secolare che nel tempo ha dipinto questa figura come un essere errante, che vive in un tempo senza tempo e che accompagna le anime degli umani nel regno dei morti. Eppure in Goblin, Kdrama indimenticabile come i 7 momenti più assurdi del finale di Meteor Garden, vi è una evidente rivisitazione in chiave moderna della sua storia che getta su questo personaggio misterioso un’ombra ancora più patetica.

Goblin

Vestito con un abito nero e con l’orologio al polso atto a segnare il fatidico momento, il Cupo Mietitore, come tutti i suoi colleghi, ricorda un misero impiegato stanco e prosciugato dal proprio lavoro. Dunque nel drama lui, che impassibile annuncia la fine ingiusta chiamando per nome le sue vittime, non è una divinità bensì una una triste pedina nelle mani di quello stesso Dio che gli ha inferto una tale condanna. Il Cupo Mietitore inizialmente non si pone domande, non ha dubbi, poiché da sempre ricorda di aver conosciuto solo l’inevitabile e infinito epilogo. Non gli è permesso ricordare la sua vita passata poiché altrimenti sarebbe tormentato dal rimorso dei suoi peccati, egli può concentrarsi sul suo unico compito: mantenere un equilibrio tra la vita e la morte.

Ma nel suo caso l’oblio è una magra consolazione poiché, in una realtà che ammette la reincarnazione, lui è l’unico che non può godere di una seconda possibilità.

Egli è costretto a guardare le molteplici anime voltargli le spalle per dirigersi in paradiso o all’inferno o verso una nuova vita sulla terra. Ma tutti questi luoghi gli sono preclusi, lui vive in un limbo in cui la mancanza del ricordo diventa sia privilegio sia sofferenza come punizione imposta da Dio.
Eppure, in Goblin, la divinità appare spesso tanto capricciosa e imprevedibile da decidere di interferire con il suo stesso piano, determinando l’apertura di una via nascosta in un disegno precedentemente perfetto. Così, il Cupo Mietitore potrà intraprendere il percorso volto a un lento e doloroso risveglio del proprio passato.

Inizia così a prender forma il dramma psicologico e totalmente umano di un essere senza vita che, affiancando il Goblin e la sua sposa, riscopre l’importanza e la preoccupazione di avere qualcosa e qualcuno da perdere e per cui dover ingannare la morte. Ma sono due gli eventi fondamentali che determinano la scissione dell’Io del Cupo Mietitore: l’incontro con Sunny e la scoperta di un dipinto che raffigura una giovane principessa di Goryeo.

Goblin

Le scene, caratterizzate da una venatura romantica, enfatizzano la memoria del corpo e del cuore mostrando come, alla vista delle due figure femminili, le guance del Cupo Mietitore siano rigate improvvisamente dalle lacrime. Ma né noi, né lui inizialmente capiamo il motivo.
Chi ero io? Chi sono adesso? Sono le domande che si affollano nella sua mente e che da fantoccio tra i fantocci lo portano a desiderare un nome, a riflettere sul libero arbitrio e a desiderare di conoscere il proprio passato.

Ho dimenticato che la mia immortalità è una punizione.

In queste sue parole si palesa un aspetto crudele della condanna, non più vista come la possibilità di vivere per sempre, ma come una trappola che lo soffoca. Infatti, se da un lato egli è desideroso di scoprire il proprio passato, dall’altro riottenere questa memoria perduta gli provocherà sofferenza e rimorso, facendo riaffiorare tutti i peccati che ha commesso in vita.

Ma inizialmente questo non gli importa, la sofferenza sembra gestibile e nulla appare più importante del misterioso legame tra lui, il Goblin e Kim Sun a cui vuole dare un perché.

Goblin

Così, quello che un tempo era il cinico Cupo Mietitore adesso si fa più umano iniziando però a temere il fantasma di sé stesso. Se infatti da un lato egli vuole ricordare la vita passata per poter essere qualcuno, dall’altro affiora in lui anche la paura di poter essere quel qualcuno, cioè Wang Yeo.

Io ti ho ucciso… ho ucciso tutti

Al lungo tormento fatto di incertezza sembra seguirne un altro anche peggiore, cioè la consapevolezza di essere stato un uomo debole e un assassino. L’aver infranto le regole per ingannare la morte a vantaggio del Goblin e della sua sposa costringe il Cupo Mietitore alla punizione definitiva: ricordare i propri peccati per il resto della sua condanna.
Cade dunque la maschera di un essere che credevamo intoccabile, infrangibile, e il volto che ci viene mostrato è distrutto dal dolore e dal senso di colpa di quello che un tempo fu un re ingenuo e manipolabile.

Non sono stato capace di proteggere te, che hai protetto la mia amata e la mia Goryeo

Sono le parole che il Cupo Mietitore/Wang Yeo rivolge a Kim Shin/Goblin quando, ormai cosciente delle proprie azioni, comprende di essere stato lui il cattivo della storia. Egli con le sue azioni, credendo di poter diventare l’unico dio per il popolo di Goryeo, ha invece determinato la fine del suo regno e di sé stesso distruggendo la sua unica famiglia in favore di una vita misera e infelice. In un palazzo fatto di intrighi e misteri, che quasi ricordano quello di Empresses in the Palace, Wang Yeo muore solo e suicida ed è con questa ultima azione che nasce il Cupo Mietitore, costretto a fronteggiare per sempre la morte con cui credeva di poter trovare la pace a una vita di tormenti e rimpianti.

So che non è possibile, ma ho comunque sperato in un lieto fine

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