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Fleabag: il volto del tuo sarcasmo

Spesso, durante la visione di un prodotto, tendiamo ad associarci a qualcosa o qualcuno. Prendiamo un evento e lo indirizziamo in due possibili strade: una che porta lontana da noi, e una che invece è così vicina che fa paura. Cerchi di ritrovarti nelle cose perché per natura l’essere umano ha bisogno di sentirsi vivo dentro qualsiasi cosa, e per farlo spesso ha l’esigenza di rispecchiarsi nelle storie che guarda, nei libri che legge, nelle Serie Tv che sceglie di guardare. Guardi BoJack Horseman e vedi la consistenza dell’inaffidabilità, la conseguenza delle decisioni sbagliate e dentro di lui vedi anche te. Non ha nulla che ti somigli al di fuori, e ciò che è si riduce a un cartone animato dai lineamenti che non seguono i tuoi. Cerchi di trovarti in qualcosa di più, perché il tuo ego ha bisogno di assomigliare a qualcuno che fa parte di una storia che ti aiuti a idealizzarti e ti salvi dalla bancarotta dei fallimenti che accumuli. Ogni storia è quella buona per cercarti, ma non ti trovi. Finché, però, un giorno accade: associ finalmente un volto alla tua idealizzazione, e ti ritrovi dentro Fleabag.

Adesso tutto ha un volto, e non è solo il tuo. Ora il tuo sarcasmo porta il caschetto e la tua insoddisfazione ha il naso all’in su.

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Fleabag non vuole essere toccata mentre ti abbandona. Non c’è nulla che tu possa fare per far si che questo non accada e se intralcerai la sua volontà nel farlo, allora tutto sarà ancora peggio. Il suo è uno di quei personaggi che insegnano come nei rapporti correre e forzare sia la cosa peggiore che si possa fare: più la stringerai, più lei proverà a cercare il varco d’uscita da quell’abbraccio; più le dirai che la ami, più smetterà di guardarti. Ma nonostante ogni sua follia la sua caratteristica preponderante sta nella sua umanità, un rifugio dentro cui non puoi entrare così facilmente.

I traumi e sono i migliori amici di Fleabag e addomesticarli è solo una perdita di tempo. Non ci sono armi dentro la sua vita contro di loro, ed è banale ridurre tutto il suo cinismo a un semplice meccanismo di difesa. A volte capita che si è solo cinici, non è rifugio ma solo essenza. Il tempo corre e lei è così indietro da quel futuro che non riesce a vedere, ma non c’è da preoccuparsi. Lei sarà sempre al suo tempo vivendo dentro dei momenti che costruisce forsennatamente da quando la sua esistenza ha avuto inizio, e non è mai sola. Insieme a lei c’è il suo sarcasmo.

Se cerchiamo su Google la definizione esatta di sarcasmo il risultato è questo: Il sarcasmo è una figura retorica consistente in una forma di ironia amara e pungente, volta allo schernire o a umiliare qualcuno o qualcosa. Può essere sottolineato anche attraverso particolari intonazioni della voce, enfatizzando così alcune parole o parti dell’affermazione.

“Ironia amara e pungente” “schernire o a umiliare qualcuno o qualcosa“, niente – in questa definizione – tira in ballo il meccanismo di difesa, la protezione, la salvaguardia. Fleabag non vuole salvarsi, vuole vivere dentro un melodramma in cui recita la parte della protagonista e balla sui tetti della sua esistenza. Non vuole carezze, vuole pungersi stando lontana dalla normalità.

Il suo sarcasmo è finalmente quello che stavi cercando perché senti che è umano, reale. Hai finalmente il tuo volto anche in un mondo finto, e Fleabag riesce a renderlo estremamente reale. Per queste ragioni probabilmente ha fatto così rumore quando ha fatto il suo esordio: ha tutto quello che le serve per considerarsi nostra.

Non ci allontana mai dalla narrazione, anzi. Ci fissa, ci giudica mentre l’osserviamo cadere nei tranelli delle sue scelte sbagliate e con le sue occhiatacce ci mette al suo stesso livello. Paradossalmente è un po’ come se ci chiedesse di giudicarla sapendo che noi, in realtà, non abbiamo le competenze per farlo, per sentirci più intelligenti, più forti e sapienti.

Proprio in quello sguardo, in quel momento in cui esistiamo solo noi e lei, vive tutta l’essenza di Fleabag.

Fleabag

Se BoJack Horseman ci avesse guardati durante le sue tragedie ci saremmo sentiti protagonisti di un momento pieno di autocommiserazione, forte di dramma e instabilità. Di fronte a Fleabag le cose cambiano e, anche se autodistruttive, ci assomigliano. Quel sarcasmo ha solo la volontà di vivere fuori da ogni tipo di risposta pronta e non serve a nulla se non a identificare la protagonista in lui. La sua volontà di basare la propria esistenza sul superfluo non riesce a prendere campo, e anche se ci prova con la convinzione che sia l’unico modo per sentire meno male, alla fine è tutto inutile: perché se noi siamo come Fleabag, allora Fleabag è come noi.

E chi, più di noi, può comprendere quanto sia complicato in realtà vivere nel superfluo? Non è una scelta, non fa parte di una decisione: il modo in cui viviamo è quello che fa parte di noi nel modo più vicino, e così ogni nostro lato diventa il nostro triste – per i più fortunati, felice – destino.

Fleabag spesso si disgusta e sente il bisogno di avere qualcuno che le indichi la strada. Non sa ancora che la croce e la delizia – per lei – sarà scoprire che ciò che ha trovato deve lasciarlo andare.

Fleabag

Vedremo Fleabag davvero presa da qualcuno solo una volta, ma quella decisiva. Era consapevole – durante la sua conoscenza con il prete – che niente avrebbe potuto concretizzarsi, diventare reale. Nessun gelato dopo il lavoro, nessuna responsabilità: era tutto sulla soglia di un addio che a breve sicuramente si sarebbe palesato ed è con questa consapevolezza che la protagonista riesce a dare a lui più di quanto avrebbe dato a qualcun altro.

Il loro tempo era poco, e il passo verso l’oblio era dietro l’angolo. La scelta era una: accettare di bruciarsi e ricordare perché, o stare lontani dal fuoco non portando nulla con sé. Chiunque assomigli e si identifichi con lei, ha scelto la prima probabilmente. E ha ragione.

Fleabag ha deciso di far parte di una storia in cui non esisteva ragione o torto, aspettative o realtà. Tutto quello che c’era era una perdita che prima o poi doveva arrivare e questa è stata la mossa giusta per dare il coraggio a una persona come lei di buttarsi in un rapporto: l’ha fatto sarcasticamente, ridendo di quel finale aspro che sarebbe arrivato perfettamente in linea con l’essenza malfunzionante della sua esistenza.

Fleabag

Quello che frega le menti come la sua è l’arrivo della fine. Pensare che arriverà ci consola perché ci tiene ai margini del futuro, della costruzione di un rapporto, della responsabilità. Ma quello con cui spesso non facciamo i conti – proprio come lei – è il tempismo. Gli addii sono veloci e ingombranti, camminano e riempiono la stanza di frastuoni malinconici a cui non sappiamo come reagire.

Per questo quando la fine della sua storia è arrivata Fleabag si è mossa e non è rimasta invulnerabile. Per questo ha pianto e ha sentito il dolore di un saluto: perché nessuno aveva detto quando sarebbe successo, ma solo che si sarebbe verificato. E ancora una volta la protagonista è proprio come noi: pensa, illudendosi, di avere ancora tempo per dire o fare delle cose ma poi questo finisce e l’unica cosa che rimane è il silenzio. Game over, hai avuto la tua occasione.

Caschetto, naso pronunciato, maglia a righe e occhi castani, ironia amara e pungente volta a schernire o a umiliare qualcuno o qualcosa: adesso possiamo riconoscerci.

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