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Fidatevi: non avete mai visto nulla di simile a Babylon

Babylon è arrivato in sala da pochi giorni e da quel momento ha aperto un dibattito che non intende cessare. Ciò che però mette d’accordo la critica è che Babylon non è un film per tutti, in particolare per chi ha sempre vissuto passivamente l’esperienza cinematografica. Damien Chazelle (38 anni e un premio Oscar alle spalle) gioca con la cinepresa, spinge con la musica e osa con i dialoghi, incurante del fatto che questa arroganza benaccetta da molti gli sarebbe costata la candidatura agli Academy Awards.

Se siete dunque tra coloro che il film non l’hanno apprezzato consiglio di non continuare nella lettura di questo articolo, perché questo vuole essere non solo un’ode a un’opera sottile dal potenziale immisurabile, ma un viaggio nella cinematografia come arte, esperienza e passione.

Babylon inizia e il resto è effetto wow

Babylon
Nellei (640×360)

La storia comincia e dopo la scena dell’elefante (che come riporta il regista è realmente avvenuta in passato, così come le altre due disturbanti), veniamo catapultati a quella che potremmo definire una festa ma che in realtà è una composizione artistica.

Si comincia con un piano sequenza minuzioso, che per gli amanti del cinema come me vuol dire una sola cosa: adrenalina. Una composizione artistica perfettamente accompagnata dalla musica che si svincola su tre piani differenti e finisce per convergere in una inquadratura che favorisce sempre di più il piano dettaglio. L’inizio è effetto wow e punta a farci conoscere quelli che sarebbero stati i protagonisti principali: Nellei Leroy (Margot Robbie), Jack Conrad (Brad Pitt) e Manny Torres (Diego Calva).

Nellei è una scapestrata in cerca della fama che le spetta, Manny è un aspirante regista e Jack Conrad è un famoso attore. Questo terzetto si colloca nella splendente Hollywood degli anni 20, caotica, adrenalinica ed esagerata, proprio come il film del visionario Chazelle. La morte di una comparsa durante il party è l’opportunità per Nellei di recitare e l’inizio di una storia che durerà 3 ore incredibili di film.

Per apprezzare Babylon bisogna capire il cinema

Babylon
Chazelle on set (640×360)

Babylon non è un film per tutti, ma per apprezzarlo bisogna non solo amare in maniera viscerale il cinema ma anche emozionarsi di fronte a tecniche di regia che non siamo più abituati a vedere. Di recente sono rimasta molto colpita dal mixaggio sonoro di Elvis (candidato a 8 premi Oscar), tanto da elogiare Baz Luhrmann per aver ridato vita all’uso massiccio degli effetti sonori nel cinema (che oggi diamo troppo per scontati, innegabile). Tuttavia, Chazelle la musica ce l’ha nel sangue e prende tutto il suono di batteria che non gli era servito in Whiplash e lo attacca alle sequenze di Babylon, il risultato? POESIA.

Chazelle divide le scene in archi narrativi e il primo incredibile atto segue il corso di una giornata frammentata in tre scene. La scoperta del talento di Nellei (un’espressiva e eccezionale Margot Robbie), la ricerca disperata della cinepresa da parte di Manny e il minimo sforzo e massimo successo del mediocre Jack Conrad sul set. Scene visivamente meravigliose e a tratti divertenti, che durano almeno venti minuti ma che sono talmente ritmiche da illuderci che siano passati pochi minuti.

In Babylon la musica ha un ruolo fondamentale, talmente importante che nessun film come questo ci crea un disagio così forte nei momenti di silenzio, perché sì, sono momenti di silenzio totale in cui se ci concentriamo troppo possiamo addirittura sentire i pensieri di quello della persona a fianco. Tecnica che Chazelle ama e che ha usato anche nella scena finale di The First Man.

La meravigliosa storia del cinema

Babylon
Jack Conrad (640×360)

Come dicevo, questo film è poesia per gli amanti della storia del cinema, anche grazie a numerosi rimandi ad essa. Le scene di montaggio e la manipolazione dei fotogrammi, decisi spesso dallo stesso Conrad, mi hanno ricordato molto un film visto di recente. Mi riferisco a The Fabelmans (ecco la nostra recensione), piccolo capolavoro di un’umile Spielberg che si fa non solo una autobiografia, ma la rende talmente spettacolare da ricevere una candidatura agli Oscar come miglior film.

La storia dei personaggi si intreccia indissolubilmente con la storia del cinema e in particolare a quel momento in cui il cinema muto lasciava lo spazio al sonoro, incredibile scoperta e condanna per coloro che avevano fatto della propria espressività il loro marchio di fabbrica. Il punto e virgola avviene nel 1927, con l’uscita de Il cantante di jazz, primo film sonoro della storia che segna l’inizio della fine per Jack e una minaccia per Nellie. A quest’ultima viene data una possibilità per riabilitare la sua immagine, ma sfortunatamente dopo aver vomitato davanti a tutti viene massacrata dal giornalismo (sostenuto dall’entrata in vigore del codice Hays e motivo per cui la sua relazione con Lady Fei termina).

Le scene in cui vengono mostrate le prime difficoltà nel girare film con sonoro le ho trovate davvero tra le più belle dell’intero film, la posizione dei microfoni, le scarpe in gomma e l’impossibilità di accendere i condizionatori. Infine la forte contrapposizione tra le persone ammassate nelle prime scene sul set e la necessità del vero silenzio e il distanziamento durante le riprese negli studios, molto lontani dai set che abbiamo visto nelle scene iniziali.

Sembra tutto sbagliato

Margot Robbie (640×360)

Più si va avanti con la visione e più la confusione aumenta. Il caos prende il sopravvento, le scene sono sempre più caotiche, eppure tutto ha il suo incastro perfetto e dal caos nasce la perfezione.

Il film non è solo un piacere per gli occhi, ma un piacere per le orecchie. La musica segue le scene e cresce fino al raggiungimento del suo acme, ovvero la fine di ogni atto che si conclude con una semplice dissolvenza, in contrasto con un montaggio che di semplice non ha proprio nulla. Chazelle sfrutta il film per omaggiare la musica e soprattutto chi la musica la fa, mostrandoci la scena in cui, finalmente, viene dato spazio filmico anche a coloro che prima si limitavano a comporre la colonna sonora fuori focus.

Poi, verso la fine, ci regala un sempre apprezzato Tobey Maguire con un veloce richiamo al freak show, bruscamente interrotto dal suicidio di Jack Conrad, apparentemente fuori contesto con la scena precedente, ma morboso nella sua composizione. I mostri in quel momento siamo noi spettatori che ci troviamo incastratati in una inclinazione voyeuristica cinematografica (assistiamo alla scena guardando attraverso uno spiraglio nella porta).

Un ciclo che non si conclude, evolve

Manny e Nellie (640×360)

Durante il film, un Manny innamorato, si ritrova ad avere tutto e perdere tutto a causa dei Nellei, del quale è innamorato dal primo instante. Incapace di lasciarla andare e dopo aver quasi rischiato la vita per pagare il pazzo con il quale la donna aveva debiti (James McKay – Tobey Meguire) le chiede di scappare insieme in Messico.

Nellei però alla fine scappa e lascia la scena in totale contrapposizione con il suo scoppiettante arrivo, silenziosa, al buio di una notte che non cerca più stelle nascenti. Per quanto riguarda Manny lascia per sempre Hollywood, fino a quando, dopo tanti anni torna in compagnia della sua nuova famiglia per un viaggio di piacere, ammettendo di non essere mai più andato al cinema.

Chiuso il cerchio e tornando nella città del cinema dopo ben 26 anni dall’inizio del racconto, Manny Torres si siede in una sala cinematografia e li ha inizio la magia.

Babylon è cinema

Jack (640×360)

Nelle ultime sequenze, l’uomo si trova a vivere tutta l’essenza e l’evoluzione del cinema. Babylon esamina la carriera, la vita e la morte di coloro che lavorano nell’industria cinematografica, affrontando uno dei temi che ha messo in ginocchio molti attori nel ’27.

Se le carriere di molti finisco, Hollywood va avanti e anche grazie alle idee e alle performance di grandi artisti si evolve, rimanendo però un terreno di gioco pericoloso, che non fa prigionieri ma che rende succubi coloro che ne fanno parti e che senza di essa non trovano un motivo per continuare a vivere. Pensiamo solo a Jack e alla sua incapacità di accettare il ciclo di vita dell’attore, forte sostenitore dell’evoluzione in campo cinematografico ma incapace di accettarla quando questa si scontra con il suo inadattamento attoriale.

Di Babylon si potrebbero dire tantissime cose, tra queste sottolineare le doti attoriali dei protagonisti e in particolar modo di Margot Robbie, che ingiustamente non ha ricevuto neanche una candidatura agli Academy. Inoltre, ci tengo a consigliare spassionatamente la visione nelle sale per una esperienza a 360°.

Il finale di Babylon è una sequenza che, per chi possiede una buona base di cinematografia (ma soprattutto una grande passione) è capace di sconvolgere nel profondo, tanto da far scendere le lacrime dagli occhi. A fine film si esce esausti, perché questo capolavoro è un’esperienza che non può in alcun modo essere vissuta con passività.

Chazelle è troppo, e questo ci piace da morire.