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Jules riposa docile sulla scomodità delle convenzioni

«È vero, si io sono qui. Sono qui ma lei sta guardando un milione di strati di altre persone che ho afferrato e a cui mi sono aggrappata per tutta la vita e questo è, terrificante. Le spiego, quando dico “me” mi riferisco, mi riferisco alla me di cui parlavo un minuto fa. La me che sta sotto un milione strati di non me»

Jules Vaughn – Euphoria

Conoscere Jules non è facile. Non lo è per nessuno. Né per quelle amiche con cui si scambia i trucchi nel bagno di qualche locale vistoso e nemmeno per Rue, con cui ha mischiato l’anima dal primo momento in cui l’ha vista. E vedere Jules, vederla davvero, quello sì che è ancora più difficile. Avete presente quel tipo di persone che hanno la capacità di illuminare una stanza non appena varcano leggiadre la sua soglia? Ecco, Jules fa questo effetto qui. Perlescente. Non importa che tu ti trovi dal lato più estremo della camera, vedere Jules entrare in una stanza è un’esperienza a tratti mistica, divina. In quel momento lei è Lakshmi, è Eos, è tutta la potenza dell’alba rossa dei calmi mattini estivi. E per quanto vorrai mai provare a distogliere lo sguardo, farlo sarà impossibile. Ma vedere Jules non è un’azione che è possibile compiere con il solo ausilio degli occhi. Vederla, davvero: colmarsi di quella perlescenza, venirne fatalmente attratti e poi inghiottiti a piccoli bocconi, e solo allora forse venire a contatto con la Jules nascosta sotto quel pesante milione di strati delle vite degli altri. Che sono degli altri, e magari non sono neanche poi così male, ma non sono la sua.

Euphoria
Jules Vaughn – Euphoria

La vita di Jules è un’altra di quelle cose difficili dietro cui si nasconde molto di più di ciò che un occhio poco allenato possa mai immaginare. Perché la fa facile lei, Jules. Mostra i denti solo per sorridere e mai per dire qualcosa di spiacevole. Ride nella speranza che nessuno le faccia domande, affondi la lama nel suo passato che ha i punti appena ricuciti, ancora freschi. Non c’è niente che detesti di più al mondo di farsi compatire. E non le importa neanche di farsi elevare dal giudizio altrui come ‘forte’ , impavida paladina dei consensi di sconosciuti a cui non importa nulla di lei, se non aggiungere una spunta in più nella propria rubrica. Feticcio non consensuale delle fantasie degli altri. Oggetto del desiderio di molti e oggetto del cuore di chi non ha il coraggio di dichiararsi: Jules è speciale. E non come si scrivono sulle lettere d’amore i fidanzatini alle prime armi, lei lo è davvero. E lo è nella misura in cui ti colpisce con lo sguarda deciso di chi sembra aver già capito tutto ancora prima che il tempo succeda. Una consapevolezza di sé rara, a volte sofferente di fronte a qualche crepa del suo spirito, ma ben presto ristabilita e rinvigorita e resa inscalfibile.

La co-protagonista di Euphoria sa qualcosa che non ci dice. Ha capito qualcosa con cui noi forse dobbiamo ancora fare i conti, e forse è proprio questa fine consapevolezza, non ostentata ma liberamente viva, che a volte ci fa pensare che Jules provenga da un altro pianeta; mentre leggiadra abita il nostro giusto il tempo di farci accorgere di quanto splendido sia vivere amandosi e comprendendosi.

Euphoria
Jules Vaughn – Euphoria

Non mostrare le cicatrici non significa non essersi mai scottati; e mentre Jules copre magistralmente le sue con un glitter blu cobalto, lo capiamo. E lo capiamo ancora di più dal modo in cui tiene stretti i pugni intorno al manubrio della sua bellissima bicicletta, quando qualcuno le si avvicina troppo. Lo capiamo anche dal modo in cui serra le labbra un secondo dopo aver sorriso, ma solo dopo essersi prima voltata di spalle, per non ferire nessuno. Potremmo parlare del suo passato, ricondurre più facilmente alcune sue fragilità alla transizione di genere a cui si è sottoposta anni prima, ma non è questo il punto, e soprattutto Jules non vorrebbe mai essere definita solamente da questo, feticizzata e psicanalizzata semplicemente per essersi scelta. Non è questa la narrazione a cui ci invita a perseguire quando distante si volta un ultimo istante prima di imboccare la via di casa.

Ogni personaggio di Euphoria ha i suoi piccoli segreti, così come ogni adolescente sulla faccia della terra. Un dolore taciuto con cui è più facile accordarsi per una risoluzione futura – tra qualche anno quando sarò grande – che affrontare adesso con tutte le fragilità della propria età. Nascosti sotto i gravosi tappeti dell’anima, troppo colmi per riuscire a trattenerli ancora, è così, semplicemente non guardando là sotto, che molti protagonisti di Euphoria continuano la loro scoperta nel gioco della vita. Molti ma non tutti, Jules no.

Euphoria

Jules il dolore l’ha visto da vicino, l’ha vissuto. L’ha preso per il collo e ci ha lottato nel ring della sua mente: prima nel ruolo di allenatore, poi in quello di giudice e infine anche in quello di sventurata perdente del match. Ma è solo scavando a piene mani in quella melma disgustosa e sbattendo le sue ali nella bolla impenetrabile della depressione che Jules ha visto chi è davvero, lei per prima: prima che chiunque altro potesse additarla, giudicarla, vederla per quello che non è. In totale rotta di collisione con se stessa, un attimo prima dello schianto Jules ha preso lucidamente i comandi della sua vita e ne ha fatto una bellissima fiaba pop dove la protagonista trasforma il vacuo buio in animosa luce.