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Il video di Jen a sua figlia è la cosa più straziante che abbia mai visto in una Serie Tv

Sarà che l’autunno induce alla nostalgia, sarà che il tempo trascorso permette un confronto più degno di essere definito tale, ma pare essere proprio arrivato il momento: state per leggere una vera e propria confessione.

Di Serie Tv ce ne sono a bizzeffe, un paio di anni e avranno doppiato le confessioni religiose, e sicuramente sono molte quelle che possiamo definire pregevoli sotto diversi punti di vista. Mano a mano che il tempo avanza, così anche le strategie narrative, le tecniche filmiche, la qualità seriale aumentano. Eppure ci sono Serie Tv che hanno preso un posto nella nostra anima e lo scorrere del tempo è solo la prova della vigoria delle loro radici: non se ne vanno, spodestarle da quel trono di affetto sembra essere impossibile. La cosa più assurda è che, spesso, nel frattempo i nostri gusti sono cambiati, ci siamo riscoperti diversi, avvezzi ad altri generi, ad altri racconti, eppure la sensazione di quella visione antica non se ne va, non ci abbandona mai fino in fondo e resta lì a misurare un confronto che non sembra essere possibile.

Capita di frequente, in questi casi, che si tratti più di emozioni che di altro: sono le storie che incontriamo quando siamo bambini o adolescenti incazzati con il mondo. Le storie che ci vengono raccontate in tenera età hanno sempre un grande potere su di noi: sono il nostro primo stupore e hanno tempo di sedimentare e di andare a costituire i tasselli (spesso invisibili) di ciò che diventeremo.

Serie Tv

Dawson’s Creek è stata “l’adolescenza” di un paio di generazioni di scapestrati. Quei ragazzi sentivano spuntare i primi brufoli a cavallo del salto di secolo, con i primi cellulari, Messenger su cui tenere il proprio (primo) blog, ma un’idea ancora molto più lenta della vita, molto meno virtuale. Erano tempi in cui la parola “attesa” aveva un sapore di romantica normalità: uno squillo sta per il “sì”, due squilli per il “no”, ScrivoTttAttaccatoESnzQlkVocaleXkèPagoSms5centx1, la ricerca di scienze la faccio sulla Treccani della biblioteca comunale e perdo almeno un pomeriggio e via discorrendo. Le Serie Tv, allora, te le guardavi solo quando erano in onda: l’appuntamento aveva un orario fisso, come si fa con quelle abitudini che ti fanno sentire coccolato. Ogni pomeriggio, prima dei compiti (almeno questo dicevi alla mamma), su Italia Uno c’era Dawson’s Creek.

Di questa serie abbiamo parlato a più non posso , sia per lodarne i pregi, che per deriderne i difetti. Ebbene sì, nonostante una parte del nostro cuore appartenga ai ragazzi di Capeside, non saremo così bugiardi da negare le incongruenze di Dawson’s Creek e, indubbiamente, se la rivedessimo oggi ci sembrerebbe ancor più ridicola , ma una cosa è certa: questa serie è entrata a far parte di noi obbligandoci quantomeno a prendere in considerazione alcune realtà. Vero è che c’erano talmente tanti casi umani che sarebbe stato difficile fare altrimenti, ma bastava accendere la Tv e tu, giovane essere appena appena pensante, ti trovavi catapultato in un universo parallelo che ti induceva a riflettere su alcune problematiche importanti.

Sono molti i momenti di Dawson’s Creek che mi hanno emozionato e che fosse una questione ormonale o meno, è un dato di fatto: non ho mai più provato sensazioni simili guardando una Serie Tv. Ma arriviamo al dunque:

Dawson's Creek

Jen Lindley, tu mi hai spaccato il cuore.

Devo ammettere di aver impiegato molto tempo prima di apprezzare il personaggio di Michelle Williams. Inizialmente, a dire il vero, non potevo proprio soffrirla. Ribelle per forza, sprezzante e anche arrogantella. La stima per Jen è cresciuta in maniera esponenziale durante il funerale di quella stron*a di Abby: la giovane newyorkese è stata l’unica ad avere il coraggio di dire la verità facendo forse il solo vero servizio stimabile alla memoria dell’amica persa per sempre.

dawson's creek

Ma arriviamo a noi. Ho ancora in mente come è andata. Per qualche strano motivo, non ero riuscita a guardare l’episodio in diretta, così l’avevo registrato su una VHS (la preistoria) e me l’ero rivisto con calma. Non mi ricordo le coordinate temporali di quel giorno, ma mi è rimasta la sensazione di una luce rossastra e calda. Insomma, in un periodo in cui la serialità non era presente quanto lo è ora, la fine di Dawson’s Creek costituiva un evento:  dopo un totale sei stagioni e centoventotto episodi, come sarebbe potuto essere altrimenti? Ogni fine reca in sé una punta di sofferenza, ma quello che ho provato quel pomeriggio non l’ho mai più provato guardando la Tv.

Il finale di serie era diviso in due episodi. A distanza di cinque anni dagli ultimi accadimenti, i nostri antieroi erano approdati a un qualche punto della propria esistenza: Jack insegnava letteratura, Dawson era regista e stava girando una Serie Tv sulla propria vita, Pacey gestiva un ristorante, Joey lavorava per una casa editrice e Jen, diventata madre, faceva la curatrice di mostre d’arte. Che Dawson’s Creek, tragedia seconda solo all’Edipo Re, finisse così positivamente sembrava strano a tutti. E, infatti…

Vero è che avevo tredici anni e Dawson’s Creek è stata la mia prima vera Serie Tv (e, per quanto a tratti ridicolo e puerile e melenso, il primo amore non lo si scorda mai), ma non c’è stata più una scena seriale capace di commuovermi così. Jen sta per morire a causa di una patologia cardiaca e la piccola Amy crescerà senza una madre. Jen è sempre stata la più scapestrata del gruppo. Visto che non avrà modo di parlare direttamente con sua figlia, decide di lasciarle un video al quale affidare i suoi consigli materni. Penso di non aver più molto da aggiungere.

“Ciao Amy, sono la mamma.

Quando tu vedrai questo video, io purtroppo non ci sarò più e so che questo sarà molto penoso: penoso per entrambe.

Così, visto che non sarò in giro ad annoiarti continuamente, pensavo di darti una piccola lista delle cose che vorrei per te.

Beh, la prima è ovvia: un’educazione, una famiglia, degli amici e una vita piena di cose inaspettate. 

Cerca di fare degli errori: fa molti errori, perché non c’è modo migliore per imparare e crescere, d’accordo? E voglio che tu passi parecchio tempo davanti al mare. Il mare ti dà la spinta per sognare e io desidero che tu, bambina mia, sia una sognatrice.

Dio: non ho ma creduto molto in Dio. Infatti ho sprecato molto tempo ed energie cercando di negare che Dio esistesse, ma mi auguro che tu sia capace di credere in Dio, perché la cosa a cui sono arrivata, tesoro mio, è che non ha importanza che Dio esista o no: l’importate, per te, è credere sempre in qualcosa, perché ti prometto che credere in qualcosa ti farà sentire protetta la notte e io voglio che tu ti senta sempre al sicuro.

E in ultimo, l’amore. Io voglio che tu ami, senza paure né riserve. E quando troverai quell’amore, dovunque lui sia, chiunque lui sia: non scappare via, ma non dargli neppure la caccia: se tu sarai paziente, lui verrà da te, te lo prometto. E verrà quando meno te lo aspetti. Come te.

Io ho passato il migliore anno della mia vita con la più dolce e la più intelligente e la più bella bambina che esista in questo mondo. E non avere paura tesoro e ricorda sempre che amare significa vivere. “

L’etimologia di straziare lega la parola all’idea di squarcio, di apertura violenta. Ed è proprio questo l’effetto: come se si fosse fatto più spazio dentro al cuore.

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