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Appuntamenti al buio: a cena con… L’Ispettore Coliandro

Di solito, prima di trovare una persona giusta per te bisogna attraversare un’estenuante trafila di appuntamenti, alcuni improbabili, alcuni comici, altri addirittura inquietanti! Qui vi racconterò alcune delle storie più assurde che mi sono capitate nei miei appuntamenti al buio con personaggi alquanto bizzarri. Talmente strani da sembrare usciti nientemeno che da una Serie Tv. E questa volta mi è sembrato di essere piombata di colpo in una puntata dell’Ispettore Coliandro.

“Stavolta non mi dite: dai, fidati che ti divertirai?”, ho chiesto perplessa alle mie amiche. In effetti quel mutismo mi sembrava un po’ strano, soprattutto da parte loro. “No, stavolta no. Scusaci cara, ma ogni volta torni scontenta. Quindi ecco, non crediamo sia più così opportuno. Ti diciamo di andare all’appuntamento e basta”. “Se voi in primis non siete entusiaste, immaginate quanto possa esserlo io, dato che mi ci avete costretto! Come al solito, aggiungerei”.

“Uffa, come sei noiosa!”, hanno pigolato loro, mentre io mi spazzolavo i capelli. Ho posato la spazzola e mi sono girata verso di loro. “Dai, su, parlate. Questo nuovo cavaliere è già così disastroso da indurvi a non parlare?”. “Ma no, ma no, cosa dici!”, hanno risposto loro. “È un ragazzo davvero tanto, tanto carino. Ed è italiano, pensa! Di Bologna”. “Che strano, è il primo italiano che mi presentate, ragazze”. “Già, ma è una cosa positiva, no? Abitate nello stesso Stato, ci possono essere i presupposti per una storia seria“. “Piano, piano, frenatevi un po’. Non mi va di farmi viaggi mentali. Non senza sapere prima qualcosa di lui, perlomeno. Il suo nome?”.

Le mie amiche si sono guardate fra loro perplesse. “A dire la verità non sappiamo il suo nome”.

“Ma beeeeene! Non gli abbiamo neppure chiesto il nome!”, ho replicato io ironicamente. “Cosa volevi, anche il certificato di nascita?”, hanno risposto loro. Ho sospirato. Niente, con loro era una battaglia persa fin dal principio.

“Insomma, cosa si sa di lui?”. “Dunque, sappiamo che è un poliziotto. Vive a Bologna, appunto e lavora lì. Marta lo ha conosciuto perché è un conoscente del suo fidanzato. Sai che lui è un avvocato. Dice che è simpatico, ma… Anche uno dei poliziotti più indisciplinati e improbabili che abbia mai visto”. “Lo sapete che non è incoraggiante, vero?“, “Ma ti abbiamo detto anche che è molto simpatico. E anche molto carino. Abbiamo visto una foto”. “E va bene, vediamo un po’ com’è”.

Ispettore Coliandro

La sera ero quindi pronta a vedermi con questo strano ispettore di polizia.

Ero sul marciapiede davanti a casa mia, in attesa che lui mi venisse a prendere. Ed ecco arrivare una macchina rossa da dietro l’angolo. Doveva essere lui. La macchina ha accostato davanti al marciapiede. Ed ecco scendere il mio cavaliere.

Dovevo ammettere che effettivamente era molto carino. Capelli castani, occhi verdi, sguardo da cucciolo smarrito. Solo che c’era qualcosa di strano. La sua aria dolce era goffamente mascherata da una specie di atteggiamento da duro. Indossava dei jeans aderenti e una giacca di pelle nera. Camminava a gambe larghe, stile Clint Eastwood nei suoi migliori western. E, nonostante fosse notte, non appena si è reso conto di esserne sprovvisto, ha frugato nelle tasche per tirare fuori un paio di occhiali da sole da vero duro. Poi, con un gesto impacciato, ha abbassato la testa e se li è messi. Poi mi ha sorriso con fare da seduttore e mi ha allungato la mano. “Piacere, Coliandro. Ispettore, Coliandro“. Io gli ho stretto la mano, abbastanza confusa. “Piacere mio. Ma… Il tuo nome?”. Il ragazzo ha sembrato ignorare la risposta. Si è voltato e, sempre l’aria impacciata, mi ha aperto la portiera. “Sali bambina. Ti porto a cena”.

Sali…Sali BAMBINA? Ma con chi diamine ero capitata? Questo tizio sembrava essere un pessimo imitatore di Clint Eastwood e dei peggiori James Bond. Comunque, non ho emesso un fiato. Sono salita stoicamente sull’auto, cercando di sorvolare sull’ultima frase. Durante il tragitto c’è stato silenzio. A quanto pare, l’Ispettore Coliandro sembrava più agitato e imbarazzato della sottoscritta. A un certo punto si è girato verso di me: “Ti piace il pesce, vero?”, “Sì, certo, lo adoro”. Lui ha sospirato di sollievo. “Meno male. Scusami, neanche te l’ho chiesto. Perché stasera ti vorrei portare in un posto che fa specialità di mare”. Gli ho sorriso, cercando di tranquillizzarlo. “Non ti preoccupare, va benissimo”. “Guarda, te lo dico. Ho chiesto consiglio a un po’ di colleghi. Gambero mi ha consigliato un qualche assurdo ristorante cinese, o giù di lì, che ovviamente ho scartato. Borro è stato più sensato, dato che mi ha detto di portarti in questo ristorante dove stiamo andando adesso”.

Ispettore Coliandro

Io ha annuito, perplessa. Stava elencando una serie di nomi (o soprannomi?) che non mi dicevano assolutamente nulla. Ma mi dispiaceva interrompere quel fiume di parole. Lo vedevo davvero agitato. “Poi ecco, c’era Gargiulo che mi ha detto di portarti alla Contea, ma…”, “Aspetta, aspetta. Stai parlando di quel posto dove fanno le pizze a tema Signore degli Anelli?”, “Sì, lo conosci?”, “Vorrei tanto provarlo!”, ho esclamato io, entusiasta. “Adoro Il Signore degli Anelli”. “Ma, ma tu sei…Insomma, non è possibile“. Ha replicato lui. Mi sono girata a guardarlo, perplessa. “Io sono, che cosa?”. “No, no, niente. Comunque, l’unica donna che conosco a cui piacciono queste cose è la Buffarini e infatti Gargiulo l’ha portata a cena lì. Comunque, guarda, facciamo così. Per te lo faccio ‘sto sforzo. Ti porto lì”. “Ma no, davvero, non serve. Tu volevi andare al ristorante di pesce”. “La pizza va sempre bene. Sarà interessante variare dalla pizza surgelata che prendo da Sandokan”. “Sandokan?!?!“. “Ah, sì scusami. È l’Indiano, o Pakistano, che ha il negozio sotto casa mia”. “È Indiano o Pakistano, quindi? o, perché fra India e Pakistan c’è una bella differenza”. “Ma che ne so, bambina. So solo che si offende se lo chiamo Sandokan“. “Direi, se è pakistano. Sandokan è indiano. Sarebbe come se chiamassero te…Non lo so, Zorro”. “Zorro mi piace”. “Sì, ma è spagnolo”. “ma che ne so, mi sembrano tutti uguali”. “Ma no che non sono uguali, dai! Ma che dici?”. Questo tizio era il re dei luoghi comuni. Ma stranamente, non mi stava infastidendo. C’era un che di buono, nei suoi modi di fare, ma che ancora non riuscivo a inquadrare. E poi mi stava portando alla Contea.

Ispettore Coliandro

Una volta arrivati sul posto, l’Ispettore Coliandro si è fatto ancora più impacciato.

Ha preso il menù con aria perplessa e ha dato una rapida occhiata: “Che è questa roba?“. “vedi, questi sono i nomi delle pizze. E se non ti sconvolgono troppo, a destra trovi tutti gli ingredienti”, gli ho spiegato pazientemente. Coliandro ha aggrottato la fronte. “Ma…Questi nomi…”. “Sono i personaggi de Il Signore degli Anelli. Comunque, credo che leggeresti meglio se ti levassi gli occhiali da sole“. Lui ha annuito impacciato e li ha tolti, cercando evidentemente di fare una mossa sensuale. A me è sfuggita una risatina. “Che c’è?”. “Non serve che tu faccia il macho, sai?”. Lui ha abbassato la testa, imbarazzato. “Ma io non faccio il macho”. Poi, colto da un’ispirazione improvvisa, mi ha piantato gli occhi addosso e con un mezzo sorriso ha detto: “Io sono così, bambina”.

“No, ok, fermiamo tutto. Se mi chiami ancora una volta bambina giuro che mi sparo. Quindi, potresti essere semplicemente te stesso?”. “Ma io non riesco a essere me stesso“. “Tu adori Clint Eastwood, vero?”. “Come fai a saperlo?”. “Non potrebbe essere più chiaro. Imiti tutte le sue mosse. Guarda che l’ho visto L’Ispettore Callaghan“.

Coliandro

L’Ispettore Coliandro ha tossicchiato imbarazzato. “D’accordo. Quindi cosa dovrei fare?”. “Parlami un po’ di te. Raccontami delle tue indagini, per esempio“. A quel punto, si è illuminato. “In effetti, mi sono appena occupato di un caso interessante. Riguarda l’arte contemporanea“. “Ma davvero? Io l’ho studiata, all’università!”. “Sì, ecco, non capisco come tu possa distinguere una sedia normale da un’opera d’arte, ma tant’è”. “Ma che dici?”. “È quello che mi è capitato in questo caso. O meglio, c’era questa specie di opera d’arte che si chiamava Anatomia di un delitto. Quando l’ho vista mi è preso un colpo, perché poi ero entrato nella casa di uno che era stato ammazzato. E su quella maledetta sedia c’era qualcosa che sembrava un cadavere. Invece niente, ho scoperto che era l’opera di un qualche artista moderno. Giapponese, forse. Solo che poi ci ho dormito sopra”. “Tu hai dormito sopra Anatomia di un delitto?”. “La sorella del morto dormiva sul divano. C’era il letto. Ma essendo di un morto mi faceva senso usarlo. Quindi, dato che dovevo passare la notte lì, non avevo molte alternative”.

Io sono scoppiata a ridere. Non c’è che dire, quel Coliandro era veramente simpatico. E sì, anche molto carino.

La serata è stata piacevole. Con non poche difficoltà, sono riuscita a fargli ordinare una pizza Gandalf. E gli è anche piaciuta. Poi abbiamo chiacchierato a lungo. Io gli ho raccontato dei miei disastrosi appuntamenti al buio, mentre lui mi ha spiegato alcuni casi di cui si era occupato e di come fossero i suoi colleghi al distretto.

Quando siamo usciti nella sera, stavamo ancora ridendo. Forse questa vola le mie amiche ci avevano visto giusto. Questo Ispettore Coliandro mi piaceva. E mi sa che anche io piacevo a lui. Si è avvicinato a me, sorridendo. “Quindi, bambina…Ci rivediamo?”. Ho deciso di sorvolare sull’ennesimo bambina. “Sì, mi piacerebbe”. Ma mentre stavamo parlando, ecco che una macchina scura ha accostato sul marciapiede. Dal lato del passeggero è uscita una ragazzina con lunghi capelli biondi. “Zio, finalmente ti trovo!”. “Angelica, che ci fai qui?“. “Zio, ti prego, ho fatto un casino. Devi venire con me, subito!”. “Angelica, io ti uccido stavolta!”. Ha sbraitato di rimando Coliandro. Mi ha guardata con un’aria desolata. “Non ti preoccupare, vai”. Gli ho detto, con un sorrisino mesto. “Tornerò bambina. Te lo prometto“. E ritornato in modalità Clint Eastwood/James Bond, mi ha dato un bacio sulla guancia ed è salito sull’auto.

L’ho guardato andare via nella notte, tutta mesta. Poi, dietro di me, ecco dei passi. Sono stata raggiunta da un uomo brizzolato, dall’aria simpatica. Dietro di lui c’era una donna con un caschetto scuro arruffato e una giacca di pelle nera. “Polizia”, mi ha detto l’uomo, brandendo un distintivo. “Deve essere passato di qui un nostro collega, insieme alla nipote. Lui ha occhi chiari, capelli castani…”, “e un’aria da scemo“, ha aggiunto la donna dietro di lui. “Lei invece è una ragazzina carina con i capelli biondi”. “Sì, beh, a dire la verità ero a cena con lui fino a due minuti fa”. L’uomo mi ha guardata sogghignando. “Hai capito, Coliandro! Aveva l’appuntamento galante!“. Sia l’uomo sia la donna mi hanno squadrata con aria maliziosa. Poi lui ha allungato la mano per presentarsi. “Ispettore Gamberini, comunque. Piacere. Se Coliandro dovesse mettersi in contatto con lei, dovrebbe avvisarci”. Io, troppo confusa per replicare qualcosa, ho annuito passivamente. Maledizione, l’unica volta che un appuntamento non era stato disastroso, guarda un po’ che succede!

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