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Una recensione senza spoiler delle sette stagioni di Buffy, in 1200 parole

Parlando di opere seriali o cinematografiche, spesso usiamo le parole cult, generazionale o pietra miliare un po’ a sproposito, presi magari dall’entusiasmo per un qualche prodotto che sicuramente ha un valore importante, ma non la portata tale da giustificare il ricorso a epiteti del genere. Ecco, tutte queste parole non sono solo azzeccate, ma sono addirittura necessarie per definire Buffy l’ammazzavampiri, una serie capace di reinventare letteralmente la serialità televisiva, tale è stata la sua portata rivoluzionaria.

Nata nel 1997 dal genio di Joss Whedon, Buffy trae le proprie radici da un omonimo film uscito nel 1992, che fu un clamoroso insuccesso. All’epoca, dunque, riadattare una pellicola così fallimentare comportava sicuramente un grande rischio, ma non per Whedon, che ha creduto fortemente nella serie, e ha avuto pienamente ragione, La produzione con protagonista Sarah Michelle Gellar è andata avanti per sette anni e altrettante stagioni, raccontando le vicende della cacciatrice Buffy Summers, la prescelta per combattere le forze del male. Questa semplice premessa ha portato alla sviluppo di una storia epica, capace di dare vita a un vero e proprio inedito genere seriale, di esaltare un nuovo modello di eroina e di affermarsi come un cult generazionale, che sarebbe rimasto per sempre nella storia delle serie tv.

Buffy, Xander e Willow (640×340)

Buffy e la totale riscrittura del genere

Senza fare spoiler di alcun tipo, come promesso, andiamo a soppesare le ragioni per cui, nel definire Buffy, abbiamo utilizzato quelle pesanti parole citate a inizio articolo. Il primo, più evidente e forse più grande, pregio della serie creata da Joss Whedon è quello di aver completamente innovato il panorama seriale. Buffy è divenuto un cult proprio perché ha saputo riscrivere il linguaggio televisivo, andando a stravolgere i canoni di un genere che, dalla cacciatrice in poi, non è stato più lo stesso, e portando una grande ventata di aria fresca in tutto il panorama.

Buffy mescola alla grande tutto il comparto horror-action, che si caratterizza come il genere preponderante all’interno della narrazione, con quello da teen drama, che stava cominciando a dominare la televisione e che, anche grazie a Buffy, si è profondamente consolidato a cavallo della fine del secolo. Abbiamo, dunque, una protagonista che caccia i demoni e ogni creatura oscura che affligge Sunnydale, ma che al contempo deve anche fare i conti con i classici problemi dell’adolescenza, dai rapporti amorosi a quelli di amicizia, fino a tutto ciò che concerne il contesto scolastico. Si tratta di un’operazione mai vista prima, non con il raggiungimento di questi risultati, e in quanto tale ha avuto un’eco incredibile.

Buffy rappresenta, dunque, un fortunatissimo tentativo di combinazione tra questi due filoni estremamente amati e portando avanti questa operazione la serie ha riscritto totalmente il proprio genere, inaugurando per di più un trend estremamente florido, che negli anni Duemila avrebbe poi spopolato. Da Buffy derivano direttamente le varie The Vampire Diaries, Teen Wolf e tutte quelle opere capaci di mescolare il teen drama al soprannaturale: l’opera di Whedon è il vero grande caposaldo di questo filone e in quanto tale è un’opera storica nel panorama delle serie tv, considerando che poi la produzione che ne è derivata oltre che abbondante è stata anche fortunata.

Un nuovo modello di eroina

Alla complessa e delicata operazione di riscrittura, Buffy affianca anche l’ideazione di un nuovo prototipo di eroina, che si fa portavoce di un vero e proprio sentimento storico e generazionale e che sarebbe divenuto, col tempo, un modello e una fonte d’ispirazione non solo in ambito seriale o cinematografico, ma anche nella vita reale. Tra i grandi pregi di Buffy l’ammazzavampiri c’è quello di potersi poggiare su personaggi iconici e tra questi spicca chiaramente la protagonista, interpretata da un’iconica e splendida Sarah Michelle Gellar.

Buffy Summers è un personaggio estremamente complesso e innovativo, dietro cui emergono in maniera estremamente vivida gli echi di una lotta per l’emancipazione femminile che, in ambito mediatico, trae linfa anche dalla presenza di un personaggio del genere. Buffy abbatte tutti i principi di mascolinità largamente presenti in produzioni di questo tipo, mettendo in risalto personaggi femminili dotati di poteri straordinari, carismatici e indipendenti. Da Buffy alla fida compagna Willow, passando anche per figure meno ricorrenti, ma comunque fondamentali, come Cordelia, Anya e Faith. Buffy è una narrazione al femminile in un genere tradizionalmente maschile, perché la forza e il potere sono in mano alle ragazze, specialmente nella loro accezione positiva, mentre gli uomini finiscono per essere personaggi senza poteri o dalla dubbia morale.

Grazie allo straordinario lavoro di scrittura dei personaggi e anche all’interpretazione di Sarah Michelle Gellar, Buffy ha dato una spinta fondamentale verso la promulgazione di un nuovo prototipo di eroina, che di lì a poco sarebbe esploso nella narrativa seriale, e che soprattutto avrebbe fatto da modello a moltissime ragazzi che in tutto il mondo potevano identificarsi con la tormentata cacciatrice. Alle radici del successo della serie c’è anche questo: la capacità di arrivare al cuore del pubblico tramite un personaggio iconico e, anche stavolta non usiamo questo termine a sproposito, generazionale.

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Buffy e Willow (640×340)

Buffy è un cult senza età

Pietra miliare, cult, opera generazionale: Buffy l’ammazzavampiri è tutto questo, per i motivi che abbiamo elencato e per molti altri. Le due tematiche affrontate sono quelle che mostrano in maniera più netta come mai la serie scritta da Joss Whedon occupi un posto di rilievo nella storia delle serie tv, ma chiaramente ci sono molti altri pregi, da ricondurre allo sviluppo della trama, alla scrittura dei personaggi, alla presentazione di determinati temi che restano maggiormente legati allo sviluppo vero e proprio della narrazione. Tantissimi pregi, ma chiaramente ci sono anche dei limiti, dovuti principalmente al tempo trascorso. Guardando oggi Buffy, emergono con chiarezza evidente limiti tecnici e visivi e l’adozione di uno stile narrativo legato a vecchi schemi, ma queste sono questioni che riguardano, appunto, uno sguardo posteriore, che comunque non pesano nemmeno rivedendo la serie a più di vent’anni di distanza

Buffy è un capolavoro perché, calata nel suo contesto, è un’opera rivoluzionaria, ma è un cult perché, vista a posteriori, rimane evidente la portata che ha avuto per tutto lo sviluppo seriale degli ultimi vent’anni. Non è un caso se oggi la serie di Joss Whedon si studia addirittura nelle università. Non è un caso se ancora oggi un gran numero di spettatori, anche tra i più giovani, si approcciano alla visione di una serie che ovviamente non può nemmeno lontanamente competere col comparto visivo delle produzioni di oggi. Semplicemente c’è un prima e un dopo Buffy l’ammazzavampiri nella serialità televisiva e questa consapevolezza è il più grande riconoscimento che si può fare alla serie.

Guardare Buffy nel 1997 ha avuto un valore importantissimo per tantissimi spettatori, che hanno assistito alla nascita e alla crescita di un’icona del loro tempo. Continuare a guardare Buffy negli anni, e farlo ancora oggi, mantiene quel suo enorme valore, perché è la testimonianza visiva di un grande cambiamento storico, della nascita di un certo tipo di narrazione seriale e di un prototipo di eroina che oggi siamo abituati a vedere in scena, ma che senza questa serie capolavoro probabilmente non sarebbero mai esistiti. Buffy ha cambiato per sempre le serie tv: basta questo a decretarne il suo immenso valore.