4) The Bridge: un gioiello che merita di essere recuperato a prescindere dalle affinità con Broadchurch
Torniamo sul poliziesco con The Bridge, la nota serie televisiva scandinava, co-prodotta da Svezia e Danimarca e “tradotta” negli USA con un remake ad hoc. Tutto ha inizio quando un cadavere viene ritrovato esattamente a metà sul ponte di Øresund, che collega Malmö a Copenaghen. Una parte del corpo si trova in territorio svedese, l’altra in quello danese. Questo dettaglio impone la collaborazione tra le polizie dei due paesi e, soprattutto, tra due detective molto diversi: Saga Norén e Martin Rohde. The Bridge si distingue subito per l’atmosfera cupa, la fotografia dai toni desaturati e l’ambientazione alienante tipiche dei noir nordici. Ma ciò che rende la serie davvero speciale è il suo approccio psicologico: dietro i crimini spesso spettacolari e complessi si nasconde una riflessione sociale profonda. La serie tocca temi come l’immigrazione, il fanatismo e l’alienazione.
La vera forza della serie, tuttavia, è il personaggio di Saga Norén, interpretato magistralmente da Sofia Helin. Saga è una detective brillante, ma socialmente disfunzionale: non prova empatia nel senso tradizionale, è diretta, inflessibile, iperlogica. Il suo modo di rapportarsi al mondo la rende unica e affascinante, e il suo percorso rappresenta una delle evoluzioni più interessanti nella serialità crime. Al suo fianco, Martin porta calore umano, impulsività e fragilità emotiva, creando un duo investigativo che si regge proprio sul contrasto. Chi ha amato Broadchurch troverà in The Bridge un’analoga attenzione al lato emotivo del crimine: non si tratta solo di scoprire “chi è stato”, ma di capire “perché”. E, soprattutto, di osservare l’impatto che la violenza ha su chi indaga, sulle vittime e sulla società. The Bridge è un noir intelligente e inquieto, che scava nell’animo umano con precisione chirurgica. Non cerca il colpo di scena facile, ma costruisce un’atmosfera in cui ogni silenzio pesa, ogni sguardo racconta.





