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Bonding, ovvero quanto è difficile mostrare se stessi

Corde e frustini, manette e gag ball, pelle lucida e umorismo surreale. Appena accennato in Cinquanta sfumature di grigio, il BDSM non è mai stato trattato veramente come tema centrale di una serie: non è mai stato mostrato qualcosa di più che andasse oltre la stanza dei giochi di Mr. Grey. Spesso rappresentato come una parodia del sesso stesso o pratica malata, con Bonding ha finalmente un suo glorioso riscatto.

Basata su una serie di esperienze personali del regista Rightor Doyle, Bonding (il cui nome fa riferimento alla pratica sessuale in cui si lega il proprio partner) è una dark comedy uscita su Netflix il 24 aprile e conta di sette brevi episodi.

Pete, interpretato da Brendan Scannell, è un ragazzo squattrinato che cerca di sfondare nel mondo della stand-up comedy newyorkese, ma a causa della sua timidezza non riesce mai a salire sul palcoscenico. A conoscenza dei suoi problemi economici, la sua amica di liceo Tiff (Zoe Levin) lo assume come assistente per un lavoro molto particolare.

Tiff è infatti Mistress May, la padrona del BDSM più richiesta di New York.

La sexy protagonista ha bisogno di un aiutante e di una guardia del corpo che la aiuti coi suoi clienti dediti al sadomaso, uno più strano dell’altro. Inizialmente riluttante ad accettare l’incarico, Pete si rende conto di avere una certa dote nel maltrattare i sottomessi.

La maschera del BDSM viene qui utilizzata dai personaggi per guardarsi da fuori, scoprendo lati mai pensati del loro carattere.

Per Pete sarà un’occasione per avere più sicurezza sul palco e nella vita, mentre Tiff sfrutta la maschera di Mistress May per curare i suoi futuri pazienti in campo psichiatrico. Infatti è una studentessa della facoltà di psicologia che vuole dimostrare quanto la pratica del role play possa essere efficace per curare alcune insicurezze del paziente e normalizzare i lati più “oscuri” del carattere.

Entrambi i protagonisti sono terapeuti e pazienti di loro stessi e sfruttano le pratiche del BDSM come un mezzo per scoprirsi e curare le ferite dell’anima.

bonding

Senza mai sfociare nella volgarità, Bonding si fa specchio di una società in cui è sempre più difficile mostrare se stessi e stringere dei legami con gli altri sulla base di chi siamo. La paura di non farsi accettare è spesso così grande che si preferisce andare a pagare qualcun altro affinché renda reali le nostre fantasie, in modo tale da poterle tenere nascoste nella speranza che un giorno semplicemente se ne vadano. Ma così facendo, si mette solo in crisi le relazioni con gli altri.

Per certi versi questa serie mi ha ricordato un po’ il film Secretary di Steven Shainberg, con la sua ironia nera sulle pratiche sadomasochiste e la complessità psicologica dei personaggi. Sia il film che la serie ritraggono due tipologie di società e di modi di amare che, per quanto temporalmente agli antipodi, sono molto simili, a indicare quanto non sia cambiato niente dal 2003 a oggi.

Prendete quindi Netflix e trascorrete un pomeriggio di selvaggio binge watching. Proprio come le ciliegie un episodio tira l’altro, se iniziate ora Bonding tra qualche ora la avrete già finita e sarete ancora lì a ridere, o a comprare un vibratore e qualche corda nel sexy shop o nella ferramenta più vicine a casa vostra.

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