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Blood of Zeus – Heron è un Hercules che non ci ha creduto abbastanza

Sotto la magica atmosfera di un cielo che, attraverso una coltre sottile di nubi, lascia intravedere ogni singolo astro e le costellazioni di cui l’uomo ha sempre desiderato scoprire il significato più profondo, in questo spazio che sembra lontano anni luce è ambientato Blood of Zeus. In una Grecia di cui si vogliono portare a galla antiche leggende ma della quale, alla fine, si finisce per raccontare sempre la stessa storia. In un tempo in cui gli dèi osservano ancora l’operato dei loro figli mortali dall’alto, compiacendosi o storcendo il naso per le scelte da loro compiute, questo anime statunitense, prodotto per Netflix e rilasciato sulla piattaforma lo scorso 27 ottobre, rappresenta la mitologia greca in modo nuovo, ma sceglie di farlo concentrando le sue forze sui personaggi secondari e sulla trama, rinunciando a rendere innovativo il protagonista della serie.

Nel tentativo di raccontare una delle molte storie tramandate oralmente e andate perdute nel corso dei secoli, Blood of Zeus finisce per ricreare il già visto e non può essere annoverato tra i migliori anime del 2020, nonostante abbia anche numerosi aspetti positivi. A dispetto di tutto, Netflix ha già deciso di rinnovarlo per una seconda stagione (su cinque previste dai creatori Charley and Vlas Parlapanides).

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Analizziamo prima i punti forti di Blood of Zeus.

Il tono epico che contraddistingue gli otto episodi di cui la prima stagione è composta è dato non solo dalla materia oggetto del racconto, ma anche da una colonna sonora a tratti cupa in grado di ricreare, con il suono penetrante dei tamburi, l’eco delle battaglie e il dolore provato dai soldati che vi prendono parte. La serie ci mostra l’uomo in lotta con le sue debolezze, esattamente le stesse degli dèi che l’hanno creato. Come sempre il pantheon greco è composto da molti numi, non sempre d’accordo tra loro quando si tratta di intervenire o meno negli affari degli uomini.

Ma Blood of Zeus dà a ciascuna divinità un volto, dei colori e dei costumi riconoscibili e adatti all’idea che il mito ci ha tramandato di loro, così come riesce a restituirci il loro carattere, rendendolo credibile e affascinante. Qui Hera è una dea pronta a tutto pur di difendere il suo onore e di restituire a Zeus la sofferenza che le ha causato con i continui tradimenti. La sua delusione e il suo dolore sono le armi più potenti che ha e che non esita a mettere al servizio della vendetta, per vedere il sangue dei suoi nemici scorrere lento.

È proprio questa violenza uno dei tratti caratteristici di Blood of Zeus, insieme a una grande quantità di azione, accompagnata da uno stile crudo e dark che ricorda quasi le atmosfere terrorizzanti e paralizzanti di L’Attacco dei Giganti (qui alcuni ottimi motivi per amare quest’anime). I colori di questa serie, in particolare tutte le sfumature del blu e dei colori caldi come il rosso, sono forti e ben definiti e contribuiscono a creare un gioco di contrasti efficace e quasi disturbante.

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Eppure non ci sono solo aspetti positivi.

Veniamo ad alcune note negative, riguardanti principalmente la trama di Blood of Zeus e la scelta di Heron come giovane protagonista. Figlio di Zeus e di una donna mortale, condannato a vivere in povertà e nell’ingiustizia, nascosto alla vista di Hera e degli altri dèi per essere protetto dalla loro ira. Heron è un giovane la cui storia strizza l’occhio a quella di un altro protagonista, di un altro famosissimo figlio di Zeus, Hercules. Persino l’evoluzione dei due personaggi è molto simile. Entrambi scoprono di possedere una forza divina e devono portare a termine un duro allenamento prima di poter mettere i propri poteri al servizio dell’Olimpo.

Tutti e due questi giovani, seppur il primo sia un semidio e il secondo sia nato dall’unione del dio del cielo e di sua moglie, combattono per proteggere coloro che amano e per conquistare l’amore e l’approvazione di un padre praticamente mai conosciuto. Heron cavalca un ippogrifo, Hercules un cavallo alato e, alla fine, entrambi si trovano a dover fronteggiare un nemico più potente di quanto avrebbero mai immaginato.

Nel famoso film d’animazione del 1997, sono i Titani a minacciare la stabilità dell’Olimpo, qui invece sono i loro figli, i Giganti a tentare di distruggere la casa degli dèi, accompagnati dai loro fedeli servitori demoni.

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Purtroppo però, proprio per l’inevitabile confronto e per la grande somiglianza tra questi due eroi, Heron perde forza e finisce per essere visto come un Hercules che non c’ha creduto abbastanza e che, rispetto al forte carattere di personaggi come Zeus, Hera e gli altri dèi o del suo antagonista Seraphim, finisce per sembrare solo una macchietta, priva del carisma necessario per appassionare davvero.

Forse, ora che una seconda stagione è già in produzione per Netflix e che, secondo i creatori della serie, dovrebbero esserne in programma altre, avremo modo di capire meglio il figlio del dio del tuono e potremo imparare ad apprezzare il suo carattere. Forse è stato il numero di episodi presenti nella prima stagione (8, da circa 30 minuti l’uno) ad aver sacrificato un approfondimento psicologico di Heron, in nome di una trama più ampia e articolata. Non ci resta che attendere con impazienza, per dare il giusto valore a una serie molto bella, ma non priva di punti deboli.

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