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Cosa non ha funzionato nella prima stagione di Blockbuster

Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler sulla prima stagione di Blockbuster

Il 3 novembre Netflix ha rilasciato una nuova serie, dagli stessi produttori di Brooklyn Nine-Nine e Superstore. Due serie che abbiamo amato dalla prima all’ultima puntata. Per questo motivo Blockbuster portava sicuramente il peso dell’aspettativa di tanti spettatori affezionati. In più, a fomentare l’hype, la serie vede come co-protagonista Melissa Fumero, già conosciuta e amata nel ruolo di Amy Santiago in Brooklyn Nine-Nine. Insieme a Randall Park, Melissa Fumero ha il compito di portare avanti Blockbuster e di farci innamorare nuovamente. Il problema è che questo non succede, o almeno per il momento non è successo. La serie parte da un presupposto molto interessante: Timmy (interpretato da Randall Park) è il gestore dell’ultimo negozio rimasto al mondo della catena Blockbuster Video e deve affrontare varie battaglie per tenerlo in piedi, prendendone le redini in qualità di possessore del negozio. Già dal primo teaser rilasciato, quindi, l’aspettativa era altissima; dateci una serie basata sul cinema, sulla malinconia e sul revival e ci fate contenti. Ma la serie Netflix questa volta delude su molto fronti. In primis, abituati come siamo a serie di un certo livello nate dalla penna dei produttori, ci aspettiamo di ridere a crepapelle, di vivere delle storie coinvolgenti e soprattutto di vedere dei personaggi appassionanti con cui entrare in empatia. Per qualche motivo Blockbuster non ci dà nulla di tutto questo.

Blockbuster

Analizziamola nel dettaglio, partendo proprio dai personaggi. I protagonisti, Melissa Fumero nei panni di Eliza e Randall Park nei panni di Timmy, non conquistano. Non riusciamo in alcun modo a empatizzare con loro soprattutto a causa di una caratterizzazione apparentemente molto superficiale; i due personaggi sono infatti poco definiti e non appaiono in sintonia tra loro in nessun momento dell’intera stagione. Il fatto di voler, oltretutto, a tutti i costi creare tra loro una storia d’amore paradossalmente non aiuta. Risulta molto forzata e perdiamo interesse al riguardo quasi immediatamente. Sicuramente, per i fan di Amy Santiago e Jake Peralta, non è facile distaccarsi da una simile storia romantica, forse una delle migliori mai scritte. Ma quello che Blockbuster non riesce a fare è proprio farci dimenticare di tutto e farci immergere in una nuova avventura. La poca definizione dei due protagonisti porta inevitabilmente la serie a risultare leggermente noiosa e poco coinvolgente, delineata da intrecci dimenticabili ed eventi poco significativi.

Al contrario, i coprotagonisti ne escono meglio: sono tanti e nessuno di loro ha un ruolo fondamentale nelle vicende ma hanno di buono che risultano molto più caratterizzati. Carlos è un ragazzo che ama il cinema e che vuole fare il regista e per questo si diletta a creazioni amatoriali col cellulare. Connie è una donna matura che ha bisogno di lavorare più per avere un contatto umano che per motivi economici, è una donna tenace e scaltra. Hannah, ragazza dolce dagli occhi buoni, sembra avere problemi col padre e con il risparmio ma di sicuro ama interagire con le persone ed avere un buon rapporto con tutti. Poi ci sono Percy e la figlia Kayla, il primo migliore amico di Timmy, l’altra sua figlia, adolescente ribelle e apparentemente antipatica con tutti. I coprotagonisti, insomma, meritano una lode a parte. Se da una parte i due protagonisti risultano scialbi e poco convincenti, i personaggi secondari convincono lo spettatore a continuare a guardare Blockbuster. Sicuramente le scene nella sala dipendenti o tra le corsie del negozio che vedono al centro dell’attenzione Carlos o Connie ci strappano delle risate genuine che ci portano a non abbandonare Blockbuster. C’è un appunto da fare: sicuramente non sono ancora quei personaggi secondari che riescono, come spesso succede, a portare avanti da soli la serie. Probabilmente hanno bisogno di maggior spazio e maggior tempo per definirsi in quanto tali.

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Veniamo al nocciolo di Blockbuster: si parla di cinema, di nostalgia, di un tempo in cui le interazioni sociali avevano un valore più delineato. La serie, insomma, sembra vivere molto nel passato. Il problema è che questo salto nel tempo poteva sicuramente essere analizzato meglio e reso molto più affascinante e divertente. Nella prima puntata Timmy (Randall Park) dice di voler smettere di vivere nel passato e di voler andare avanti con la sua vita. Paradossalmente la serie di cui è protagonista non fa che andare avanti solo e unicamente grazie a reminiscenze nostalgiche. E la parte divertente, che dovrebbero essere i richiami alla cultura cinematografica e pop, non funziona. Le continue citazioni che Blockbuster fa di film, serie televisive, sceneggiati, programmi popolari e giochi televisivi risultano, puntata dopo puntata, forzati e poco comici. Quasi a voler per forza rimanere attaccati a qualcosa che tutti si aspettano di vedere ma che non riesce a conquistare e che non fa altro che deludere. Anche se forse la parte peggiore di questa mancata risata è che, spesso e volentieri, non si colgono proprio determinate allusioni. Sicuramente dall’Italia abbiamo meno referenze per quanto riguarda programmi statunitensi e locali, ma il fatto è che il più delle volte le battute sono incentrate su prodotti universalmente conosciuti, che passano però in cavalleria, buttati lì per far ridere a tutti i costi. E si sa, la comicità forzata non vince mai.

In fondo, quello che più ci interessa, è la storia d’amore (non lo nascondiamo). E allora nonostante tutto diamo una possibilità a Timmy ed Eliza e non fermiamoci alla prima puntata. Proviamo a capire come una donna che ha appena divorziato, e che ha intenzione di dare una seconda possibilità all’ex marito, e un uomo di mezza età che si ritrova a diventare proprietario di un negozio sull’orlo del fallimento possano stare insieme. Quello che purtroppo capiamo fin da subito è che tutto questo non può succedere. I due sembrano, dal primo minuto, non avere alcuna sintonia. Le dinamiche che si creano sono dinamiche che conosciamo a memoria e che non riescono ad andare oltre una superficie visibile a tutti. Blockbuster utilizza un copione fin troppo brevettato e lo fa forzando la mano. Se è vero che la semplicità vince sempre, Blockbuster sembra ragionare al contrario, rendendo la storia d’amore (come anche le altre storie secondarie) qualcosa di innaturale, di artefatto, di ragionato. E tutti sappiamo che quando si parla d’amore non si può ragionare, si deve mettere in gioco unicamente il cuore, deve essere semplice e scontato. Ci viene immediatamente da pensare che se non avessero voluto a tutti i costi creare una storia d’amore tra i due, l’intera serie ne sarebbe uscita molto meglio.

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E allora aspettiamo l’eventuale prossima stagione (non ancora confermata) per capire se davvero Blockbuster ha il potenziale per entrare nei nostri cuori, alla pari dei precedenti sforzi dei produttori. Proviamo, nel frattempo, a ragionare su quanto a volte sia più facile rimanere delusi quando l’aspettativa è altissima. Non mettiamo Blockbuster a processo per aver fallito nel farci innamorare ma cerchiamo piuttosto di capire quanto siamo abituati ad avere sotto il naso prodotti quasi perfetti cui è difficile imputare qualsiasi cosa. In quest’ottica diventa davvero facile cogliere delle imperfezioni e dei difetti. Quando l’asticella si alza il giudizio viene fuori in maniera più spontanea. Tranquilli amanti di Blockbuster Video, avremo modo di rifarci.