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Il dilemma di Black Mirror: quanto siamo ancora umani?

Black Mirror mostra i drammatici risultati dell’eccessivo uso della tecnologia. Sicuramente è una Serie Tv eclettica, non solo perché è cruda e invita a porsi innumerevoli interrogativi circa il mondo che ci circonda, ma anche per la sua struttura narrativa: gli episodi, infatti, sono tutti slegati fra loro, come se fossero dei piccoli film a se stanti, uniti solo dal filo conduttore delle estreme conseguenze dell’abuso tecnologico.

Se si osserva bene e si presta attenzione ai dettagli, però, ci si rende conto che in realtà le vicende raccontate hanno alcuni dettagli in comune, come se fossero sì racconti indipendenti, ma collocati tutti all’interno della medesima realtà futuribile.

Ad esempio, nell’episodio 3×04, San Junipero, una delle due protagoniste, Kelly, minaccia un ragazzo ossessionato da lei di “bloccarlo”: un chiaro riferimento all’episodio speciale 2×04 Bianco Natale, in cui viene spiegato che in ogni persona è impiantato uno Z-Eye, un dispositivo di realtà aumentata che permette di interagire in modalità telematica con il mondo circostante. Ad esempio, degli utenti possono accedere tramite internet allo Z-Eye di altri, potendo vedere così ciò che vedono loro in diretta. O ancora, è possibile “bloccare” una persona. Il blocco è una pratica decisamente drastica: se una persona ti infastidisce, puoi impostare lo Z-Eye in modo che la sua immagine e la sua voce siano offuscate, ridotte ad una semplice sagoma.

Black Mirror

Ma questo è solo uno degli elementi che lega i due episodi. Molto più importante è il discorso sulla coscienza, che costituisce una delle tematiche fondamentali di Black Mirror. In Bianco Natale viene spiegata nel dettaglio una nuova tecnica rivoluzionaria per mettere la tecnologia al totale servizio dell’uomo: è infatti possibile farsi inserire nel cervello un “cookie”, cioè un dispositivo elettronico che per giorni monitora l’attività cerebrale, imparando a pensare e a comportarsi esattamente come la persona in cui è impiantato. Il cookie diventa dunque un’estensione della propria coscienza, o, meglio ancora, una sorta di robot che ha gli stessi ricordi e lo stesso modo di pensare della persona in cui è stato impiantato. Dunque, se il cookie avesse anche sembianze umane, sarebbe di fatto indistinguibile dall’essere umano.

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E qui si arriva a uno dei quesiti più complessi della serie:

Qual è ormai la differenza fra essere umano e intelligenza artificiale? Si tratta di un dilemma destinato a non avere risposta e che porta necessariamente ad interrogativi di carattere etico. Questi cookie, infatti, una volta estratti dal cervello, vengono poi utilizzati per mere faccende domestiche, come l’organizzazione dell’agenda, o il controllo del tostapane e del citofono. Una sorta di Siri personalizzato, insomma. Ma se gli stessi cookie sono ormai dotati di coscienza, non è una sorta di schiavitù imposta dallo stesso cervello che li ha creati?

Anzi, in alcuni casi la coscienza artificiale si rivela più collaborativa e piena di rimorsi rispetto a quella “vera”. In Bianco Natale, appunto, è proprio un cookie estratto dal cervello di un assassino che confessa il suo delitto, desideroso di liberarsi dalla sua terribile colpa. Ma anche qui, la domanda di carattere etico è inevitabile: come può essere valida una confessione ottenuta torchiando con metodi decisamente poco ortodossi una coscienza artificiale, mentre la sua controparte umana è in cella che si rifiuta di parlare? La questione è controversa, perché se da una parte il cookie è l’estensione di una coscienza umana, non può essere effettivamente assimilata a un cervello vero e proprio, nonostante arrivi a provare i suoi stessi sentimenti.

Il problema è dunque il fatto che il cookie è sì una coscienza umana, ma slegata dalla persona che l’ha generata.

Ancora più desolante è a questo punto il significato di fondo di San Junipero, all’apparenza una delle poche puntate della Serie ad avere un lieto fine. Le due protagoniste, Kelly e Yorkie, dopo essere fisicamente morte, decidono di coronare il loro sogno d’amore nell’aldilà, ovvero nella realtà virtuale ed eterna di San Junipero, una cittadina balneare dove convogliano le coscienze di chi decide di preservarsi, almeno parzialmente, dalla morte o da malattie invalidanti. Quello che però sfugge inizialmente è il significato della scena finale: con il sottofondo di una vivace canzone anni Ottanta, vengono inquadrate le coscienze delle due protagoniste, (contrassegnate da semplici numeri, inserite da macchine all’interno di un asettico sistema fatto da una moltitudine di scaffalature) insieme a quelle di milioni di persone defunte.

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Sembrerebbe un lieto fine, in apparenza

In effetti, sembra che le due donne abbiano finalmente trovato l’amore e la vita eterna. Eppure, se leghiamo il tutto al discorso sulla coscienza già introdotto in Bianco Natale, il quadro generale è invece desolante. Non è possibile prendere un intero cervello umano dopo la morte e inserirlo in una realtà virtuale. Nel momento in cui un corpo muore, muore sia fisicamente, sia cerebralmente. Ciò che rimane non è altro che una trasposizione della coscienza, copiata artificialmente su un dispositivo elettronico. Cosa resta, dunque, dell’essere umano? Una semplice copia, che non potrà mai effettivamente corrispondere all’originale, benché possa provare i suoi stessi sentimenti. Kelly e Yorkie, dunque, non vivranno per l’eternità, perché nulla può combattere qualcosa di enorme e insondabile come la morte. Ultima testimonianza è solo un piccolo dispositivo luminoso, con i loro identici ricordi e sensazioni, ma che non potrà mai sostituire un essere umano.

È questo uno dei significati di fondo di Black Mirror: per quanto l’uomo si sforzi, per quanto possa progredire da un punto di vista tecnologico, non potrà mai vincere la morte, né trovare la felicità o una vita migliore. Anzi, più l’uomo progredisce nella tecnologia, più perde i suoi principi etici e non sarà certo la possibilità di replicare la coscienza umana a rendere il mondo migliore.

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