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Kim Wexler non è più (solo) in pericolo: ora è (soprattutto) il pericolo

Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler sul finale della quinta stagione di Better Call Saul

È un peccato non poterlo tradurre, ma sarebbe un peccato anche non dirlo: Kim Wexler is “breaking bad”. Come Walter White, senza essere in alcun modo Walter White. Né oggi, né domani. Mai. Come Saul Goodman, senza essere in alcun modo Saul Goodman. Anche se nel momento in cui le sue armi esplodono i colpi più inaspettati, è molto più Saul di Saul stesso. Kim Wexler is “breaking bad”, ha preso la via più buia. Il vicolo cieco di Giselle, con una sterzata brusca che brusca in fondo non è. Perché Kim Wexler è sempre stata Kim Wexler, ora più che mai. Presi com’eravamo dalle mille domande sul suo destino finale e a individuare la mano che teneva l’arma puntata al suo cuore, non l’abbiamo vista arrivare, condizionata e non plasmata dall’uomo della sua vita, dopo una lenta e costante corsa lunga cinque stagioni.

Quindi no, Kim non è in pericolo. O meglio, lo è più che mai, per motivi diversi. Non il danno collaterale, ma il passo falso fatale. Non la donzella indifesa che avevamo tentato di proteggere a tutti i costi. Non la principessa smarrita in un gioco più grande di lei, in attesa trepidante dell’eroe sul cavallo bianco. Bensì una donna dai mille volti che si fa da sé nel bene e nel male, coinvolta anima e corpo in un’eccitante roulette russa. Non più (solo) in pericolo. Ma l’incarnazione del pericolo stesso. La donna che bussa, la scheggia impazzita. La variabile imprevedibile, per tutti. Per Howard, schernito con una risata. E per Jimmy stesso, atterrito e spaesato in una sequenza quasi perfettamente corrispondente a quella che aveva chiuso la quarta stagione di Better Call Saul.

Con una differenza, però, decisiva: Saul danza sul suo nuovo nome, mimando con le dita il gesto di uno showman e puntando le dita verso Kim. Un gioco, seppure rappresenti la svolta di una vita. Kim no, va oltre: mima delle pistole fumanti, le accompagna col verso di una bambina, nello scherzare sembra fare ancora più sul serio. Probabilmente troppo.

Non si parla più di uno “scherzo da bar”. Non di una fantasia, proibita. Non si tratta più manco di Giselle, perché sta ormai a Kim quanto Viktor sta a Saul. No, stavolta si fa sul serio. Si gioca col fuoco, si cerca di fare “terra bruciata” intorno a un uomo in sostanza innocente. Fastidioso, ma fondamentalmente buono. No, Howard non lo meriterebbe, nonostante tutto. E il gioco non varrebbe la candela se non per un mero tornaconto personale, perché Kim ha “varcato la linea” sulla quale ha traballato pericolosamente per troppo tempo. Si giustifica, giustificandosi prima di tutto ai suoi occhi. In nome dei poveri cristi che potrebbero ottenere giustizia. E dei tanti altri che potrebbe aggiungere sulla sua personalissima bilancia morale. Ma non basta più, se il prezzo da pagare è la distruzione totale di un uomo redento.

Namasté, Hamlin: Saul, l’uomo che qualche anno si renderà complice dell’avvelenamento di un bambino, farebbe finta di non vederlo. Come finta fa Kim, ormai alla deriva. Ma Jimmy no, non ci riesce. Abbassa il capo e tiene gli occhi aperti, non riuscendo a riconoscere una donna cambiata solo per non l’ha osservata con sufficiente lucidità.

Allora dove si va da qui? Che fine farà Kim, dopo aver visto quello che abbiamo visto in Something Unforgivable? Spingerà sul pedale dell’acceleratore, senza più avere il freno. Quello che lei sembrava essere per Jimmy, scivolante. Sgusciante tra una truffa e l’altra, sornione con una palla da bowling in una mano, Jimmy scivolava sapendo di poter sempre evitare la caduta. Ma Kim sì, può cadere. E cadrà, inevitabilmente. Trascinata da se stessa sul ciglio di un burrone, si è spinta oltre. Incontrollabile, si autodistruggerà. Non perché manipolata da Jimmy. Non (solo) per amore, non (solo) perché i condizionamenti est hanno avuto la meglio sul suo cuore puro. No, Kim is “breaking bad” (soprattutto) perché le piace. Perché le è sempre piaciuto e ora, anche grazie all’esempio del compagno e a un’epifania dettata fortemente dagli ultimi eventi traumatici vissuti, ha avuto finalmente la forza per capirlo. Per sentirsi più libera. E per ribadire al mondo la sua forte individualità, anarchica e inscalfibile.

Non è la figlia corrotta di Jimmy, non la sua creatura. Al contrario, il Saul che conosceremo in futuro sarà con ogni probabilità generato anche della sua deriva.

Non avevamo avuto il coraggio di guardarla davvero negli occhi. Abbiamo passato anni a vedere nei suoi comportamenti il riflesso deviante di una donna immobilizzata dall’idea dell’abbandono. Affermata, ma affamata dal brivido del rischio. Dalla parte dei più deboli, con purezza. E così è ancora adesso, a prescindere da tutto. Ma nel mondo di Better Call Saul, esattamente come in quello di Breaking Bad, non c’è spazio per il bianco o il nero. Tutto è grigio, a metà strada. Sopravvive solo chi non vive di mezze misure. E Kim è in un vortice torbido, più vicina a Walter White di quanto pensavamo potesse essere Saul. Con un velo sul volto, ora sfilato via. Tutto è più chiaro, nonostante non fosse una maschera. Giselle non era solo una fuga dalla realtà, l’evasione di una notte da lavare via con una doccia alle quattro del mattino. No, Kim non ama Jimmy perché è in qualche modo la stella nel contraltare. Affatto.

Ama Jimmy perché sono simili, quando si spoglia di ogni inibizione. Persino sovrapponibili, a tratti. E ora che anche lui se n’è reso conto tutto diventa ancora più complicato. La relazione più disfunzionale, l’amore più tossico, la posta in gioco più pericolosa.

Non finirà bene, anche se Kim sa giocare al tavolo dei grandi. Persino più di Jimmy, ancora lontano parente dell’implacabile Saul di Breaking Bad. Busserà violentemente perché sa essere il pericolo, per tutti. Sicura e determinata, ha manipolato Lalo Salamanca arrivando addirittura ad avvelenarlo verbalmente. Ha affrontato con freddezza la notte più complicata della sua vita, dopo aver visto la morte in faccia. E il mattino dopo, alla “fredda luce” del giorno, ha riavviato la sua routine, senza esitazioni. A differenza di Jimmy, impaziente e terrorizzato a casa di Mike. Ma non basterà, perché il nemico più grande di Kim sarà Kim stessa. In all-in, al di là delle carte tra le mani degli altri. La lunga attesa che si prospetta da qui all’arrivo dell’ultima stagione di Better Call Saul terrà due proiettili in canna per molto tempo, in una sequenza infinita dal gusto tarantiniano: uno puntato verso il suo cuore, l’altro esploso da lei stessa in direzione di un mondo che non accetta più. Contro il quale ribellarsi, trionfare, distruggere. Incarnato da Howard, rigettato da Jimmy. Da sola, col compagno di sempre. Complice, fino al punto di rottura. Da sola, con e contro e se stessa.

Antonio Casu

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