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Bob, hai comunque vinto tu“. Ci sembra di sentirla questa frase, sussurrata, accennata, con quella nota di delusione preventiva e di disillusione. Sembra dirla Rhea, seduta a poca distanza da Bob Odenkirk, l’una con l’altro come sempre, per sempre, inseparabili là dove neanche il dramma in Better Call Saul è riuscito a dividerli. “Bob, hai comunque vinto tu“, ripete forse Peter Gould, orgoglioso e sorridente. E poi come un’eco, di nuovo quelle parole appena accennate ma che rimbombano e rimbalzano per tutta la sala, quella sera ai Golden Globe 2023. “Bob, hai comunque vinto tu“.

Better Call Saul
Better Call Saul (640×360)

Sembra una consolazione ma è più una consapevolezza, evidente, lampante, la cosa più ovvia che possa dirsi. Ha comunque vinto, Bob Odenkirk, quella sera come ogni altra sera. Ha vinto nel momento stesso in cui ha scelto di non essere più l’immagine di sé in cui il tempo l’aveva imprigionato. Bob è uno di tanti, già dalla nascita, perché è un figlio tra altri sei figli, uno come gli altri, uno in mezzo agli altri. Pur con tutto l’amore che un genitore può dare, Bob quell’amore deve condividerlo con altri sei. E quando sei uno di sette inizi a pensare, ingiustamente, irrazionalmente, che sei uno di tanti.

Però Bob uno di tanti, uno slippin’ Jimmy qualunque, non ha mai voluto esserlo.

Quella Noperville natia, quella sconosciuta cittadina dell’Illinois, doveva apparirgli come una Nowheresville, un posto qualunque, un non-luogo senza via d’uscita dove ogni giorno scorreva uguale al precedente, dove un saluto seguiva all’altro, un sorriso al successivo, un dialogo col vicino a una conversazione con il compagno di banco. E in mezzo a tutto questo, il dolore di essere nessuno e di un padre già distante, tutto proteso in sue battaglie personali, in dipendenze e malattie dalle quali è difficile uscire e dalle quali non sarebbe uscito. Bob doveva fare da sé, uno di sette, uno di tanti.

E allora dalla sua Cicero personale, Noperville, passa ad Albuquerque che per Bob Odenkirk si scrive Milwaukee. Non più uno di sette, eppure ancora uno di tanti. Anche all’università. Non sembra eccellere negli studi, non sembra farsi notare, galleggia ancora, dimenticato da Dio e dagli uomini. Forse Bob Odenkirk è uno di tanti. Eppure, a ben vedere, qualcosa in cui inizia a distinguersi c’è. Parte per gioco, diventa impegno costante, appassionato, riuscito. Bob lentamente scopre di poter essere qualcuno. Diventa “quello della radio“, quello degli sketch radiofonici, che intrattiene studenti e docenti, perfino il rettore. E neanche il cambio di college, il trasferimento a Carbondale, intacca la sua passione e il seguito che ottiene.

Saul
Better Call Saul (640×360)

Finalmente Bob sente di essere uscito da quel vicolo cieco di mediocrità e routine. Dedica ogni momento a quella passione, lavora duramente, studia i grandi maestri della commedia, sperimenta, prova, si mette in gioco. Ride di sé e degli altri, Bob, perché ha sempre fatto così, perché ha sempre schernito le sue angosce e i suoi dubbi in una grande, fragorosa risata.

È Chicago che gli offre la grande possibilità: va lì per studiare intrattenimento, si ritrova catapultato per lavoro al fianco di Robert Smigel nel Saturday Night Live.

Sempre dietro le quinte, tranne rari momenti, piccoli sketch in cui Bob Odenkirk mostra comunque un’innata capacità di dominare le scene. Eppure, si sente ancora incerto, sente un pesante disavanzo, qualcosa che fatalmente manca alla sua carriera e alla sua vita. Qualcosa non funziona, o almeno non del tutto. D’accordo, ha una posizione che molti gli invidierebbero e le sue trovate fanno ridere milioni di spettatori, però non basta. Bob Odenkirk sente di non essere totalmente Bob Odenkirk. Interpreta solo una parte di sé, così crede.

E allora via in nuovi lavori, nuove risate, nuovi successi. Forse nessuno conosce Bob Odenkirk ma in tantissimi ridono grazie a lui. Passa da uno show all’altro, cura sceneggiature, crea sketch destinati a rimanere per sempre nell’immaginario americano. Non basta ancora però, neanche stavolta. C’è sempre quel disavanzo, quel tarlo tamburellante che gli pizzica l’anima, che gli dice che è solo uno tra tanti, che non è un vincente e mai lo sarà.

Bob Odenkirk
Better Call Saul (640×360)

Bob grida, urla per i teatri, nei dietro le quinte delle scenografie, sui palchi dei Late Show. Grida che lui c’è, che è Bob Odenkirk, che ha qualcosa da dire e da dare di più, a tutti. Decide di uscire dall’anonimato, vuole che il suo volto appaia. Così -pensa- finalmente mostrerò me stesso. Ottiene un’infinità di ruoli secondari in show leggendari. La sua presenza sembra battere costantemente le note del successo: Seinfeld, Curb Your Enthusiasm, Arrested Development fino ad arrivare alla comparsata in How I Met Your Mother. Bob si è finalmente mostrato e però è sempre un personaggio minore, secondario.

Torna, fatalmente, mortalmente a essere uno fra tanti.

Riprende allora a lavorare duramente su se stesso, cresce nello studio dell’interpretazione, fa teatro, si spacca la testa dietro un impegno forsennato per spingersi più su, uscire dall’alta marea e vedere la luce del sole. Spinge con tutto se stesso verso quel cielo che desidera vedere non dal mare profondo della folla di comprimari ma in superficie, toccando la terraferma, solitario one man show. E la sua grande occasione sembra presentarsi, quel raggio di sole sembra davvero poter rischiarare la sua vita, tramutarlo in un vincente quando viene scelto per il ruolo di protagonista nel remake americano di una piccola ma esilarante serie britannica, The Office. “Tu sarai Michael Scott“, gli dicono i produttori, e Bob studia la parte, si cala in quella parte, diventa la parte stessa.

Ma quel dio che era sembrato tanto benevolo pare davvero volersi far beffe di Bob: il sole torna a nascondersi, Bob Odenkirk a sprofondare e Michael Scott a sfuggirgli di mano, mentre Steve Carell, da sempre prima scelta per il ruolo, torna improvvisamente disponibile. Bob Odenkirk torna semplicemente Bob, nome comune, nome tra tanti, uno qualunque. Per gli addetti ai lavori, però, Bob Odenkirk uno qualunque lo è solo nella finzione scenica. Bob Odenkirk è il tipo dinoccolato dalla battuta pronta, il saltimbanco che fa la parte del fanfarone, quello che fa ridere di sé. E tanto.

Breaking Bad
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Così viene segnalato a Vince Gilligan che di uomini apparentemente comuni eppure straordinari se ne intende: anni prima aveva scritto una parte per Bryan Cranston in un episodio di X-Files. Dopo quell’esperienza però Craston sembrava essere regredito, imbottigliato in un ruolo che l’avrebbe visto per sempre come il goffo, divertente, mediocre padre di Malcolm in Malcolm in the Middle. Poi il dio Gilligan si ricorda di lui, di quell’uomo solo all’apparenza comune e gli chiede di seguirlo, di ribaltare la sua vita, la sua carriera, la sua parte di uomo goffo e qualunque. Mostriamo cosa c’è dietro quest’uomo qualunque, deve avergli detto.

E quando un dio ti chiama, se hai il coraggio di seguirlo e ripensare completamente la tua carriera non puoi rimanere deluso.

Intanto Bob Odenkirk è ancora lì, che aspetta, che continua a chiedersi se vincerà mai. Uno di tanti. Anche per lui, però, la mano divina di Gilligan interviene. Bob prende la parte di un avvocato, di un pacchiano imbonitore pronto a tutto per un facile guadagno. Sembra l’interpretazione di sempre, il ruolo in cui la vita l’ha confinato ma Gilligan gli garantisce che “C’è dell’altro, ci sarà dell’altro“. Non sappiamo se Odenkirk sia in quella stanza, in quel momento che avrebbe cambiato per sempre la sua vita, quando Vince Gilligan e il fido Peter Gould fanno una scommessa che pare un gioco accademico. Trasformare Saul Goodman in un personaggio tridimensionale al pari di Walter White.

È la grande occasione. Bob Odenkirk legge lo script, ripensa alla sua vita. Alle sue origini nel sobborgo di Noperville, alla lotta per emergere in mezzo a sei fratelli, poi in mezzo a tanti studenti, quindi a tanti comici. Ripensa al salto nella grande città, al duro lavoro, a quell’impegno costante di una vita consacrata a una speranza, nella convinzione, non sempre costante, di non essere uno qualunque, di avere qualcosa da dire e da dare. Ripensa a quei ruoli stereotipati in cui si sentiva intrappolato, relegato a una parte di sé, quella più superficiale.

Jimmy McGill
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Legge quello script, la vita di Jimmy McGill, e rivede se stesso, tutto se stesso, sia il comico che l’uomo, le due parti, inscindibili di Bob Odenkirk. È un sì facile da dare. E diventa ancora più facile nella vicinanza a quella donna, Rhea Seehorn che inizia ad ammirare, che scopre professionalmente di amare profondamente, con cui stabilisce una connessione unica. Tutti gli astri si sono allineati, il sole finalmente bacia Bob Odenkirk che alza gli occhi al cielo, one man show di una serie che ha, contraddittoriamente, tante prime donne, tanti magnifici interpreti di un dramma personale.

Chiude gli occhi Bob Odenkirk, immaginandosi sulla riva del mare mentre il sole lo brucia.

C’è una luce abbacinante mentre riapre gli occhi. È quella di una sala da gala, l’ennesima in cui si trova a presenziare da diversi anni a questa parte. Guarda attorno a sé e vede la compagna di una carriera, Rhea Seehorn, che gli sorride. Guarda ancora, e c’è Peter Gould che ha fatto sì che il bidimensionale Saul Goodman divenisse lo sfaccettato Jimmy McGill, Uno nessuno centomila, Jimmy, Saul e Gene. Nell’aria c’è una litania, viene da ogni dove, si ripete costante, ossessiva ma benevola, voce divina che sussurra e grida “Bob, hai comunque vinto tu“. Bob sorride, consapevole di quella lampante verità, di aver mostrato davvero tutto se stesso fin quasi a lasciarci le penne.

Bob Better Call Saul
Better Call Saul (640×360)

Chiude di nuovo gli occhi, Bob, e quei sussurri e grida non ci sono più. Li riapre mentre si trova in uno spazio nuovo, diverso. C’è il silenzio che precede i grandi momenti e le grandi liberazioni, quando finalmente ci si può lasciare andare. Una voce si staglia, Bob Odenkirk è il miglior attore in una serie drammatica. Siamo ai Critics’ Choice Television Awards. Bob sale sul palco e le parole più dolci le riserva ai suoi compagni di viaggio e a quella Rhea che sarà per sempre la sua Kim Wexler. “Quando mi vedete recitare non state vedendo del talento, state vedendo olio di gomito: sudore e olio di gomito. Il talento è di chi mi sta attorno e mi fa apparire così capace: Rhea Seehorn, è assurdo che questo premio non vada a te, tu hai tracciato la via, tu sei stata straordinaria“.

Piange, Rhea, e noi con lei mentre ripensiamo alla carriera di Bob Odenkirk, all’assurdità dei Golden Globe che hanno negato ripetutamente e sadicamente il riconoscimento di quell’umanità che Bob aveva così straordinariamente espresso in Better Call Saul. Ripensiamo a tutto questo e sorridiamo tra la lacrime, in una ferma e totale convinzione, la stessa che ha portato Bob a rifulgere al sole della gloria vera: Bob, hai comunque vinto tu.

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