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La lezione di What We Do in the Shadows: c’è ancora spazio per le vere comedy

Attenzione: L’articolo può contenere spoiler su What We Do in the Shadows.

A oggi, la produzione seriale si è moltiplicata in maniera esponenziale, raggiungendo picchi di offerta mai visti prima, comportando forti cambiamenti sul piano della produzione, distribuzione e fruizione degli episodi. Uno dei generi narrativi televisivi che sembra subire maggiormente le conseguenze del contesto digitale e sociopolitico della contemporaneità è senza dubbio quello delle commedie. Infatti, esso non risente soltanto dei nuovi formati introdotti dalle piattaforme di streaming online, tra rilasci in un’unica soluzione di intere stagioni e incentivi costanti a una fruizione compulsiva, ma anche di quella che è una nuova era narrativa e ricettiva dei contenuti, in cui l’umorismo sembra risentire dal punto di vista della creatività e della capacità di adeguarsi a una rinnovata attenzione per il linguaggio e lo spettatore. Ebbene, sono molte le comedy seriali che non riescono a farsi strada in un ambiente così complesso e ricco di competizione. Soltanto nel 2022, sono moltissime le serie tv comedy inedite che non ci hanno convinto a pieno, finendo per essere sopraffatte dalla concorrenza, per relegarsi a un pubblico di nicchia o persino per essere cancellate. Le commedie pure, quelle non ibridate con altri generi di tendenza, sono sempre più rare e difficilmente accattivanti come le sitcom che in passato ci hanno fatto sognare e ridere a crepapelle. Ciò nonostante, esistono ancora delle eccezioni che ci danno speranza e ricordano che è ancora possibile creare qualcosa di nuovo in un contesto in cui sembra esser già stato fatto di tutto.

Questo è il caso anche e soprattutto di What We Do in the Shadwos, irriverente comedy di FX on Hulu disponibile in Italia su Disney+ e trasmessa anche in chiaro su Rai4.

What We Do in the Shadows è una serie tv puramente comica che, nelle quattro attuali stagioni disponibili, ricorre alla tecnica del mockumentary già impiegata in altre sitcom di successo (come Modern Family e The Office) per raccontare le vicende quotidiane dei suoi grotteschi protagonisti. La peculiarità dello show sta proprio in coloro che in esso si muovono: un gruppo di centenari vampiri che vivono in un’angusta e spettrale casa in una modernissima nella Staten Island dei giorni nostri. I tre vampiri old-fashioned Nandor (Kayvan Novak), Nadja (Natasia Demetriou) e Laszlo (Matt Berry), il logorroico vampiro energetico Colin Robinson (Mark Proksch) e il loro famiglio Guillermo de la Cruz (Harvey Guillén) convivono dunque in una polverosa e gigantesca abitazione che sembra comunque essere insufficiente, finendo per non concedere a nessuno il proprio spazio e costringendo alla noia. E’ proprio dalla noia di una vita longeva che i protagonisti danno origine alle folli situazioni quotidiane che vengono seguite dal falso documentario, a cui essi si raccontano e confidano, mettendo in luce le palesi differenze con la realtà moderna. Pur avendo vissuto attraverso i secoli, Nandor, Nadja e Laszlo sembrano non essere cambiati assieme al tempo e alla società, rimanendo bloccati nell’identità del proprio tempo. Proprio per questo, i fallimentari tentativi del gruppo di vampiri di interagire e integrarsi con la realtà urbana statunitense sono immediatamente goffi, fuori luogo e spassosissimi.

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What We Do in the Shadows (640×416)

Serviti costantemente dal fedele famiglio Guillermo, che altro non desidera che esser trasformato anch’esso in vampiro dai suoi padroni, le creature soprannaturali di What We Do in the Shadows sono ferme nel proprio tempo, non cogliendo a pieno le nuove usanze e i valori dell’epoca in cui sono giunti. Individualisti, superbi e istintivi, Nandor, Nadja e Laszlo sono tutt’altro che civilizzati, con risultati istantaneamente comici.

Immersi in atmosfere oscure e spettrali, i protagonisti di What We Do in the Shadows sono tutt’altro che terrificanti. Attraverso le confessioni in camera e le impacciate difficoltà che hanno nel adeguarsi ai tempi, i personaggi demistificano l’immaginario collettivo e mediale avvolto attorno alla figura dei temutissimi vampiri. Attraverso l’umorismo caratteristico della comedy, le creature centenarie vengono portate a terra e rese più umane che mai, nonostante facciano proprio fatica a conquistare una propria umanità. Guardano la televisione, vanno in giro per locali notturni, fanno sport. Eppure sono parallelamente coinvolti anche nelle dinamiche tradizionali della propria realtà tra consigli di vampiri, rituali e dissidi con altre creature soprannaturali. Nandor, Nadja, Laszlo, Colin e Guillermo sono un’insolita famiglia seguita da una troupe televisiva che sembra proprio essere il modo migliore per raccontare dei dissacranti vampiri che fanno attrito con la modernità odierna. Tra dissapori, passioni e capricci, i viziati protagonisti devono fronteggiare una realtà in cui sono gli emarginati e hanno perso qualsiasi capacità di influenza e terrore.

Già rinnovata persino per una quinta e una sesta stagione, What We Do in the Shadows è commedia colante, uno degli esempi eclatanti della comicità odierna che riesce a farsi strada nonostante tutto. Di per sè, il concept della storia non è pienamente originale: la serie tv è una sorta di spin off appartenente al franchise avviato dal film neozelandese del 2014 dello stesso nome creato e diretto da Taika Waititi e Jemaine Clement. Per l’occasione, Waititi rientra anche tra i produttori esecutivi dello show, prendendo parte anche come guest star ad alcuni episodi della prima stagione. Ciò nonostante, What We Do in the Shadows riesce a fare proprie le premesse di partenza per restituire una storia dall’indubbia comicità. Lo show è esilarante nel fornire uno sguardo sulle vite quotidiane di creature abituate a uccidere e succhiare sangue che finiscono per perdere ogni cenno di sacralità e spettralità. Sembrano degli individui in costume mentre girano per Staten Island, non essendo mai presi sul serio dai locali, che finiscono piuttosto per trattarli superficialmente come dei fanatici. Totalmente privi di influenza, Nandor, Nadja e Laszlo devono accontentarsi, vivendo costantemente un dualismo comico irresistibile.

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What We Do in the Shadwos (640×400)

Le commedie sono tutt’altro che spacciate.

Assieme ad altri titoli, What We Do in the Shadwos racconta la sua storia attraverso la rottura della quarta parete, dimostrando che è ancora possibile far ridere di gusto. La serie tv si difende benissimo, raccogliendo l’eredità delle celebri sitcom del passato e proponendo un contenuto dei tempi correnti che non ha nulla da invidiare al resto. Nonostante in Italia non sia ancora esplosa presso il grande pubblico, What We Do in the Shadows sembra orientata nei giusti orizzonti, destinata a essere un cult del genere di riferimento grazie proprio alla commistione di linguaggi, situazioni e creatività che contribuiscono al ritmo frizzante, provocatorio e grottesco di un gruppo di insoliti protagonisti tutt’altro che spettrali. E’ proprio dai contrasti che emergono durante i loro contatti con la società occidentale d’oggi, che nascono scene iconiche che ci fanno amare What We Do in the Shadows come pochi altri show comici.

What We Do in the Shadwos: per rendere divertenti i vampiri, bastava farli somigliare a noi