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L’Aquila di Sangue: la leggenda dietro la terrificante tortura di Vikings

Vikings è una serie tv storica trasmessa da History Channel che prende spunto da svariate leggende nordiche. Le sei stagioni che la compongono ci lasciano immergere nell’affascinante mondo vichingo e in paesaggi mozzafiato, dall’Irlanda (che intende rappresentare le zone comprese tra la Danimarca, la Svezia e la Norvegia) all’incantevole e volubile Islanda. Ma quanto c’è di storicamente vero nella serie? (qui potete saperne di più). I vichinghi sono famosi per i loro metodi brutali e per la cruda sete di violenza, anche se questa nostra visione delle popolazioni nordiche risulta essere un po’ distorta da miti e imprecisioni storiche.

In realtà, i norreni non erano solo spietati e furiosi guerrieri, ma anche e soprattutto prodigiosi commercianti di pellicce, zanne di tricheco, schiavi e quant’altro. Senza dimenticare la loro abilità nell’ingegneria navale, elemento essenziale della loro espansione.

Il fatto che siano passati alla storia come truce popolazione barbarica dedita esclusivamente alle razzie e alle fantasiose torture è probabilmente dovuto al fatto che fossero una popolazione pagana totalmente diversa da quella residente nel resto d’Europa. La cultura e la civiltà non erano ancora arrivate nella fredda e meravigliosa Scandinavia. Ma ciò non toglie che, a loro modo, anche i vichinghi avessero una loro organizzazione sociale, a volte meno brutale e rozza di come tende a configurarsi nell’immaginario collettivo moderno.

Tornando al loro lato sanguinario, in Vikings viene rappresentata una pratica a dir poco feroce, un metodo di esecuzione capitale riservato a “pochi eletti” e denominato Aquila di Sangue.

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Secondo il mito norreno, un’esecuzione di tale brutalità fu riservata a Re Ælla di Northumbria per mano di Ivar the Boneless allo scopo di vendicare la morte di suo padre Ragnar, gettato in una fossa di serpenti velenosi.

Ivar the Boneless, infatti, invase l’Inghilterra nell’865 con una folta armata danese e fece prigioniero Re Ælla. Fu un’esecuzione talmente efferata da lasciare un segno indelebile nella storia, sino a giungere ai nostri occhi per mezzo di Vikings.

La procedura era particolarmente lunga e complessa. Consisteva nell’incidere sulla schiena della vittima un’aquila con le ali distese: venivano separate le costole dalla colonna vertebrale e tirate verso l’esterno con la pelle a simboleggiare le due ali. Alcune leggende, inoltre, sostengono che venisse addirittura lanciato del sale sulla schiena del malcapitato per enfatizzarne il dolore.

A quanto pare, le saghe norrene descrivono un rito ancor più cruento di quello rappresentato in Vikings.

A rigor del vero, gli storici non sono concordi nell’affermare il fondamento storico di questa pratica brutale. I dubbi derivano dal fatto che le fonti attendibili siano poche e sulle stesse vi siano intense dispute interpretative.

Inoltre, le leggende narrano che Re Ælla non fu l’unica vittima dell’aquila di sangue. Fonti incerte annoverano anche Re Edmund di Inghilterra, Halfdan figlio di Re Haraldr di Norvegia, Re Maelgualai di Monaco e l’Arcivescovo Aelheah. Il nome che accomuna tutte queste vittime alla tortura sanguinaria è quello di Ivar the Boneless, passato alla storia come uno dei vichinghi più sadici e feroci (qui potete saperne di più sulla sua vera storia).

Sicuramente è da tenere in considerazione che molte saghe nordiche sono state tramandate oralmente e solo successivamente messe su carta.

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È possibile, quindi, che nella trascrizione i dettagli fossero meno fedeli alla realtà e che la crudeltà di tali pratiche sia stata enfatizzata di proposito. D’altro canto, la meticolosità con cui questa tortura è descritta lascia intendere che un fondo di verità sull’aquila di sangue esista.

Secondo lo storico danese Saxo Grammaticus, la pratica consisteva “semplicemente” nell’incidere un’aquila sulla schiena della vittima, senza gli altri macabri dettagli relativi alle costole e agli organi interni.
Inoltre, molti altri storici fanno riferimento a possibili travisamenti interpretativi. Infatti, la poesia nordica si caratterizza per l’abbondanza di allegorie ed è piena di uccelli e aquile che banchettano sui corpi dei nemici. È difficile, quindi, porre il discrimine tra la realtà storica e le licenze creative.

L’unica cosa certa è che, vera o finta che sia, è una pratica davvero terrificante.

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