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UnREAL è davvero così politicamente scorretta?

Parlarne solo alla fine potrebbe effettivamente sembrare un atto di presunzione. Col senno di poi tutto diventa in un certo senso più semplice da giudicare e raccontare. Siamo arrivati infatti a essere testimoni della quarta e ultima stagione di UnREAL. Un po’ tristi ma consapevoli che forse è meglio così, è ora all’apice e farla scendere di qualità e quantità sarebbe uno spreco.

È pur vero però che negli anni si impara ad apprezzare le cose e che UnREAL di carne al fuoco ne ha messa veramente tanta. Sarebbe persino riduttivo dire che questa serie sia la sua trama, non è solo quello che rappresenta con la messa in scena di un reality. C’è qualcosa di molto più strano, intrigante e profondo che si nasconde tra le pieghe della costruzione di una realtà fittizia.

UnREAL

Tutto poggia sul parallelismo tra finzione e realtà, arrivando a coinvolgere i suoi protagonisti in una dimensione del tutto nuova, come fosse un altro spazio, una regione lontanissima dal vivere quotidiano e invece isolata e autogestita. Qui entrano in gioco tanti altri fattori, riusciamo a renderci conto anche noi di dover assistere a un passo dal crollo da una parte e a un passo dalla crisi dall’altra.

Anche quando sembra essere vicina la redenzione, ma soprattutto la libertà, tutto torna come è sempre stato, in bilico, come un treno che deraglia e che non si ferma, continua nella sua direzione, pronto al disastro anche se il disastro sta già accadendo.

Il politicamente scorretto si riferisce ovviamente alla facciata più superficiale, al dire quello che si viene costretti a dire, a essere guidati nelle scelte e naturalmente a tutto ciò che c’è di finto e costruito. UnREAL è il racconto paradossale di una realtà paradossale. È questo aspetto a essere estremamente ingiusto, immorale e vergognoso eppure sappiamo quanto sia finto e intagliato ad arte.

La sua forza sta proprio in questo, nel rendere la finzione più importante della realtà. E quest’idea sarebbe stata naturalmente poco interessante se solo non ci fossero stati pilastri più forti a reggere la trama. Sono esattamente i personaggi a essere depositari di caos e disastro. Le loro vite, incastrate fin troppo bene con quelle di attori e figure inventate sono il mondo che aiuta a costruire il copione del reality più falso e manipolato di sempre.

Eppure Quinn rimane in piedi, mantiene la giusta distanza, almeno fino alla quarta stagione. Fino ad allora rimane sempre lei, non un accenno di pentimento, non un briciolo di umanità per ciò che accade in Everlasting. Lì sfoga tutta se stessa, vendica il brutto e l’ingiusto che si verifica nella sua di realtà, dove invece cede e cade innumerevoli volte.

Diversamente da Rachel che vive in funzione di qualcosa che non esiste. Negli anni e nelle stagioni cresce, diventa responsabile per una parte della sua vita e invece sembra svanire in quella lavorativa. Tutto quello che produce diventa componente della sua realtà. La sola cosa che le dà salvezza e da cui torna sempre è proprio Quinn. UnREAL è dopotutto la realizzazione del loro rapporto, tra alti e bassi, tra affetto e odio mascherato, la perfetta manifestazione di un amore quasi materno che però si porta dietro ogni tipo di insicurezza e distruzione.

Inutile dire che questa serie è quella che è grazie a tutto questo e che per avere il successo che ha deve essere sempre un passo più in là del rispetto dell’etica, come si nota nel suicidio di una concorrente o nell’occultamento di molte prove che avrebbero garantito la prigione a tutti quelli coinvolti.

Di conseguenza UnREAL è veramente così politicamente scorretta.

Come in ogni quadro, bisogna rilevarne tutti i dettagli e alla scorrettezza si aggiunge altro. Un mondo ormai nel caos che non può essere gestito diversamente.

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