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United States of Tara: il disturbo dissociativo dell’identità come non lo avete mai visto

Il disturbo dissociativo dell’identità è da sempre un argomento molto in voga in ambito letterario e cinematografico. A partire dal celeberrimo romanzo di Stevenson, Lo strano caso del Dr. Jekyll e del signor Hyde, passando per il film con Richard Gere Schegge di paura, fino ad arrivare al più recente Split. Il DDI, o disturbo di personalità multipla, è un disturbo mentale definito a livello scientifico solamente nel 1994. Tale patologia consiste nella presenza di almeno due personalità capaci di prendere il controllo sul soggetto, senza che questo ricordi cosa ha compiuto quando era sovrastato dall’altra. Avete mai sentito parlare di Billy Milligan? Il suo caso è stato ben documentato nel libro Una stanza piena di gente (lettura che consiglio vivamente a chi interessa informarsi su questo disturbo), dove il soggetto in questione era “spezzato” in ben 24 personalità. La costante che accomuna tutte le pellicole e i libri sull’argomento è l’associazione dei soggetti affetti da questa malattia a personalità inclini alla violenza e al crimine. Ma in United States of Tara non c’è niente di tutto ciò.

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United States of Tara (ahimè, poco conosciuta in Italia) è una serie nata da un’idea di Steven Spielberg.

La dramedy annovera come sceneggiatrice Diablo Cody (Premio Oscar per Juno) ed è andata in onda dal 2009 fino alla sua precoce chiusura nel 2011, dopo un totale di tre stagioni e trentasei episodi. La protagonista è Tara Gregson, artista pittrice di interni, sposata e madre di due figli, affetta da disturbo dissociativo dell’identità, i cui sintomi si manifestano quando è sotto stress.

La particolarità di questa serie (che la rende diversa da altri prodotti dello stesso genere) è che tratta questa malattia con una leggerezza di spirito e una scherzosità disarmanti, riuscendo a coglierne i lati meno “spaventosi”. Ed è così che in Tara troviamo “T”, ragazzina sedicenne ribelle e ancora in cerca di divertimento; Buck, uomo grezzo reduce dalla guerra in Vietnam; Alice, casalinga bigotta desiderosa di mantenere il controllo sugli “altri”, e altre personalità che sorgeranno via via. La goliardia con la quale è affrontata la malattia è innegabile.

Nel corso della vita di Tara le personalità meno consone vengono allo scoperto nei momenti più inadatti, come quando al saggio di danza della figlia si presenta il rude Buck, o quando la “giovane” T viene scoperta a provarci con il ragazzo di suo figlio.

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La serie però non manca di mostrare anche i lati negativi della malattia.

Le riunioni che i membri della famiglia sono costretti a fare per informare Tara su cosa ha fatto nei momenti della sua “assenza”, la profonda inadeguatezza di certe personalità in determinate situazioni, il perenne stato di “chi va là” in cui vivono i figli e il marito per arginare i danni causati dalle altre Tara. Anche questi aspetti che potremmo definire tristi non mancano di quella nota che rende la vicenda tenera.

Anche il cast merita una menzione speciale.

I panni di Tara li veste una superlativa Tony Collette (Premio Oscar per The Sixth Sense – Il sesto senso), eccezionalmente credibile in ogni suo cambio di personalità e capace di essere di volta in volta tragica, rozza, sfacciata, esilarante, e chi più ne ha più ne metta. Il figlio è interpretato da Keir Gilchrist (protagonista ora di una serie incentrata su un’altra condizione particolare, qui per scoprire quale), che si immedesima in maniera impeccabile in un ragazzo omosessuale dolce e sempre capace di arginare i comportamenti strambi della madre. Ad arricchire ancor di più il tutto, troviamo l’astro nascente (all’epoca) Brie Larson, Captain Marvel nel MCU, senza dubbio una delle attrici del momento. Lei ci regala un’ineccepibile interpretazione di una ragazza alle prese con i problemi adolescenziali, riuscendo in base alle situazioni a farci amare od odiare il suo personaggio.

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Se tutto ciò non bastasse a convincervi a guardare United States of Tara, un altro punto di forza della serie è la caratterizzazione ben fatta e la crescita dei personaggi.

Vediamo la figlia maggiore che da teenager comincia a diventare adulta, il figlio minore che prende coscienza della sua omosessualità, il marito che per amore continua a tenere Tara sui binari, e la stessa Tara che riconosce la necessità di essere aiutata.

Il bello di United States of Tara è che non ha la pretesa di spiegare cosa sia il DDI, ma riesce a mostrarlo in maniera divertente e allo stesso tempo seria, facendoti ridere ma anche pensare. E soprattutto, ti coinvolge dall’inizio alla fine.

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