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Guardate The Loudest Voice se volete guardare una serie agghiacciante

Basata sulla biografia di Roger Ailes scritta da Gabriel Sherman, The Loudest Voice è una di quelle serie che andrebbero viste almeno una volta nella vita. I sette episodi di cui è composta, infatti, raccontano con una prospettiva particolare come funzioni il dietro le quinte delle televisioni generaliste e di come certi spettacoli vengano pianificati a tavolino, nei minimi dettagli, per ottenere sul pubblico un certo effetto. The Loudest Voice non è un documentario ed è difficile parlarne senza raccontare del suo protagonista. La miniserie, magistralmente interpretata da un Russel Crowe irriconoscibile, interpretazione che gli è valsa un Golden Globe, colpisce allo stomaco in maniera molto forte, tanto da lasciare senza fiato.

The Loudest Voice, un prodotto targato Showtime, è andata in onda tra il giugno e l’agosto del 2019 negli Stati Uniti (da noi è stata trasmessa da Sky Atlantic nel dicembre dello stesso anno) spaccando l’opinione pubblica a metà, com’era prevedibile dato l’argomento. La miniserie, infatti, riporta l’ascesa e la caduta di Roger Ailes, produttore televisivo e giornalista ma soprattutto ideatore di una delle reti televisive via cavo più influenti e iconiche del XX secolo: Fox News.

Le puntate narrano sette periodi specifici della vita di Ailes: dal 1995, quando fu costretto a lasciare la NBC, al 2016, con le dimissioni da presidente di Fox News. Nel mezzo ci sono i momenti più importanti della sua vita e degli Stati Uniti: dalla nascita del sodalizio con Rupert Murdoch al tragico 11 settembre; dalle elezioni presidenziali del 2008 a quelle del 2012; dalle prime crepe dell’impero ailesiano, dovute alle accuse di molestie, alla candidatura di Donald Trump nel 2016. Venti lunghi anni durante i quali un solo uomo a capo di uno dei più importanti colossi dell’informazione è riuscito a conquistare a più riprese una parte importante dell’elettorato conservatore.

Guardando le puntate di The Loudest Voice, si riesce a comprendere bene come politica e televisione, grazie al talento controverso di Roger Ailes, siano diventate una sinergia indissolubile capace di avere una importante influenza sull’elettorato americano degli ultimi cinquant’anni.
La storia Ailes è quella di un uomo che, pur affetto da una malattia invalidante come l’emofilia, non si è mai arreso. Una volta laureatosi in una università pubblica dell’Ohio, Ailes si mise a lavorare in una delle tante televisioni private del Paese. Nel 1967, nel corso di una trasmissione su come la televisione potesse influire sulla politica ebbe una discussione con Richard Nixon, candidato alle presidenziali l’anno successivo. Nixon comprese molto bene le capacità di Ailes tanto che lo volle come consulente esecutivo per la televisione nella sua vittoriosa campagna elettorale. Ailes partecipò come consigliere anche alle campagne di Ronald Reagan e George Bush Sr., dando a entrambi un aiuto considerevole in termini di conoscenza dei mass media. Si ritirò dalla consulenza politica a inizio anni Novanta poiché in contrasto con il Partito Repubblicano, da lui ritenuto ormai troppo dem.

Quando inizia The Loudest Voice, nel 1995, Ailes è stato appena allontanato dalla NBC. Pur avendo firmato un documento che gli vieta di lavorare per la concorrenza, Ailes si fa assumere da Rupert Murdoch, alla ricerca di qualcuno che lo aiuti a rendere grande Fox News, la nuova rete via cavo da poco fondata. Ailes pretende carta bianca e comincia a creare un canale che esprima il pensiero dell’americano comune. Un pensiero, fanno dire gli autori della miniserie al personaggio interpretato da Crowe, che “l’americano bianco, etero e repubblicano non ha più il coraggio di esprimere“.
Attraverso lo stravolgimento dei palinsesti, la spettacolarizzazione degli eventi, l’uso di toni trionfalistici per gli amici e di sonori sberleffi per i nemici, vengono valorizzati alcuni concetti cari a una parte dell’elettorato: “Dio, Patria e Famiglia”. Così, nel giro di pochi mesi, Ailes riesce a creare quello che sarà poi un impero mediatico di lì a qualche anno.

Nelle puntate successive Roger Ailes continua a plasmare il mondo che lo circonda con un racconto particolare degli eventi principali che colpiscono gli Stati Uniti, in primis l’attentato alle Torri Gemelle del 2001. Le scene trasmesse da Fox News sono bene impresse nella memoria tutti e ancora oggi generano profonda commozione. I talk show successivi l’attentato, seguono un copione scritto dallo stesso CEO di Fox News che segue le trasmissioni direttamente dalla cabina di regia, fornendo ai suoi dipendenti i suggerimenti migliori per guidare la forte emozione di quei momenti.
Gli sceneggiatori pongono bene l’accento su come certe scelte non siano completamente condivise dalla redazione e di come questo disallineamento crei non pochi problemi gestionali ad Ailes.

La serie mette in luce il carattere di Roger Ailes: un accentratore incapace di delegare e privo di peli sulla lingua. Fox News, però, diventa con lui il canale televisivo più visto nel mondo. Tutti lo conoscono, tutti ne riconoscono lo stile. Soprattutto, Fox News fattura milioni di dollari e per questo nessuno può permettersi di licenziare il suo indiscusso timoniere.
Ma non tutto quel che luccica è oro. Se da una parte viene evidenziata l’innovativa capacità imprenditoriale di Ailes dall’altra gli autori raccontano la storia di un uomo privo di scrupoli, capace di approfittare del suo potere per piegare la volontà dei suoi collaboratori al suo volere. La narrazione evidenzia comportamenti censurabili da parte di Ailes ripetuti nel corso della sua lunga carriera. Comportamenti agghiaccianti non nuovi e tipici di chi è convinto, questo è chiaro in certe battute pronunciate da Crowe nelle varie puntate, che il potere dia particolari privilegi ben al di sopra della legge.

The Loudest Voice, scritta da Tom McCarthy già autore de Il caso Spotlight, è una biopic che si guarda tutta d’un fiato. Accanto a Russel Crowe c’è una meravigliosa Sienna Miller nei panni di Beth, moglie di Roger. L’attrice interpreta una donna capace di sostenere il marito e di incoraggiarlo a compiere il suo dovere fino in fondo per un bene superiore, gli Stati Uniti, ma che in realtà è banalmente incapace di rinunciare allo status sociale derivato dal potere del consorte. A loro due si uniscono, tra gli altri, Seth MacFarlane (l’ideatore dei Griffin), Simon McBurney, nei panni di Murdoch, e Naomi Watts, come Gretchen Carlson, colei che di fatto ha squarciato la pesante cappa di omertà che copriva Roger Ailes.

The Loudest Voice mette in mostra un certo mondo televisivo, quello double face: davanti le luci abbaglianti e dietro l’oscurità dei compromessi. Russel Crowe, sotto un pesantissimo trucco, risulta meraviglioso proprio nell’evidenziare questi chiaroscuri. Una sapiente regia, poi, lo aiuta nel dare corpo a certi sguardi e voce a certe nemmeno poi tanto velate allusioni. Le violente sfuriate seguite da un calcolato addomesticamento rendono il personaggio di Ailes disturbante e incredibilmente ingombrante. I suoi metodi sempre più estremi, le sue scelte sempre più incomprensibili e i continui, crescenti rumors sulle sue presunte molestie, obbligano i Murdoch a prendere le distanze lasciando Ailes solo con i suoi demoni.

The Loudest Voice racconta in maniera eccelsa e senza mai un calo di tensione una storia raccapricciante. Curata attentamente nei minimi dettagli, è scritta bene e interpretata magnificamente. Malgrado in certi momenti vengano evidenziati dettagli difficili da accettare, la miniserie dimostra una maturità considerevole nel cercare di raccontare la storia di un uomo a 360 gradi, sospendendo su di lui il giudizio che lascia tutto al telespettatore.

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