Vai al contenuto
Serie TV - Hall of Series » The Last Czars » The Last Czars non è The Crown, ma la docuserie Netflix sugli ultimi Romanov è davvero unica

The Last Czars non è The Crown, ma la docuserie Netflix sugli ultimi Romanov è davvero unica

Non esiste spoiler più grande della storia stessa. Pur conoscendo in molti il triste epilogo della dinastia Romanov, il racconto di The Last Czars merita ugualmente una chance.

Se i libri di storia vi hanno fatto venire sonno, diverso è vedere un fatto storico rappresentato e interpretato fedelmente in una serie tv, ed è proprio questo ciò che accade nell’attesissima serie sugli ultimi zar.

A cavallo tra lo show televisivo e il documentario, The Last Czars alterna parti recitate a brevi intermezzi di stampo documentaristico amalgamandoli l’un l’altro in una maniera che non infastidisce l’occhio dello spettatore, anche quello meno avvezzo alla visione di documentari.

Disponibile dal 3 luglio 2019, The Last Czars è una docuserie prodotta e distribuita da Netflix che racconta gli ultimi tragici anni della dinastia Romanov, che vanno dall’incoronazione di Nicola II sino all’agghiacciante fine dell’ultimo zar di Russia e della sua famiglia.

In molti si aspettavano forse una serie alla The Crown, ma il risultato di The Last Czars è ben diverso. Quest’ultima infatti non è un dramma storico, ma bensì una docuserie e in quanto tale è necessaria la presenza di intermezzi descrittivi degli studiosi della famiglia Romanov che intervengono di tanto in tanto dando la loro lettura degli eventi di quegli anni.

A supportare la versione cinematografica dei grandi eventi che sconvolsero la Russia alla fine del Ventesimo secolo, abbiamo un vasto repertorio di foto e video storici che vengono allegati di volta in volta durante le dettagliate spiegazioni dei professori.

Dalla domenica di sangue del 1905 alle più semplici ma altrettanto inedite foto della famiglia reale, il vasto numero di informazioni che ci vengono date non fanno che arricchire il bagaglio culturale di ognuno di noi regalandoci un prodotto appassionante ed educativo come lo è la storia stessa.

Questo e molto altro è The Last Czars.

The Last Czars
The Romanoffs, gli ultimi Zar

Nel 1894, alla morte di Alessandro III è suo figlio Nicolaj a diventare zar con il nome di Nicola II a soli 26 anni. Nonostante all’epoca si pensasse che fosse Dio a scegliere chi avrebbe dovuto governare, Nicola non era dello stesso avviso. Egli si sentiva sempre in difetto e inadatto a un ruolo tanto importante.

In quegli anni vigeva l’autarchia e il suo potere era quindi illimitato. Non bastava dunque essere un buon sovrano, ma anche un ottimo stratega, un ufficiale e un politico eccellente per ricoprire quella carica. Tutte doti che Nicola sentiva di non riuscire a maneggiare in tutta autonomia, motivo per il quale da sempre si circondò di funzionari fidati sui quali far affidamento. Prima facendosi guidare ciecamente dallo spietato zio Sergej e dopo rimanendo soggiogato dalla negativa influenza di Rasputin.

Sposatosi in quello che insolitamente per quegli anni venne definito un matrimonio d’amore, uno dei primi tra regali dell’Europa Occidentale, Nicola II ebbe con sua moglie, la zarina Aleksandra, cinque figli: Olga, Tatjana, Marija, Anastasija e infine Aleksej, il futuro zar.

Aleksej, il tanto atteso figlio maschio, avrà però la sfortuna di soffrire di emofilia, malattia che verrà nascosta dai suoi genitori affinché non venga considerato un invalido e quindi un pessimo futuro zar rovinando la reputazione di Nicola II e di sua moglie, colpevoli di aver generato una discendenza non all’altezza delle aspettative reali.

A giungere in soccorso della zarina, afflitta dal dolore di avere un figlio malato e potenzialmente prossimo alla morte, verrà Rasputin, interpretato magistralmente da Ben Cartwright. La disperazione della donna la portò a credere alle elucubrazioni mistiche del suo consigliere.

Rasputin, l’inizio della fine

The Last Czars

Il poco che si sa su Rasputin è avvolto dalla nebbia, la sua è una biografia insabbiata e mai veramente giunta ai posteri nella sua completezza. Fu un mistico, un consigliere privato e una delle cause della fine della dinastia Romanov.

Grigorij Rasputin entrò subito nelle vite degli zar con il compito di curare il piccolo Aleksej, cosa che inspiegabilmente gli riuscì. Rasputin è una delle figure più rilevanti del Ventesimo secolo e uno dei motivi principali di tale fama era dato dal suo carisma e da un’ineguagliabile capacità di leggere l’anima delle persone che lo circondavano e che vedevano quindi in lui una sorta di salvezza dai loro traumi e dolori terreni.

Empatia e charme furono le doti che fecero cadere la zarina ai suoi piedi e che compromisero il suo rapporto con Nicola II e con la Russia intera.

Non c’era una sola cosa che Aleksandra riuscisse a fare senza il consiglio del fidato monaco, e ben presto fu così anche per Nicola. Soggiogati entrambi dal suo ascendente e da quei profondi occhi blu, la Russia fu, per un certo periodo, controllata da Rasputin stesso, che come un burattinaio guidava e muoveva i fili di ogni decisione spettante agli zar.

Mentre il popolo chiedeva a gran voce un cambiamento, lo spirito rivoluzionario e i sentimenti anti imperiali si facevano sempre più largo, fino a scoppiare nella rivoluzione che però fu sedata nel sangue da Nicola II che sostenne ogni atto di crudeltà verso civili e innocenti.

Sentendosi giustificato dalle parole di Rasputin, Nicola II si rivelò un sovrano sanguinario e profondamente antisemita.

Tutto ciò che Rasputin gli consigliava di fare aveva per lui un valore maggiore rispetto a qualsiasi consiglio datogli da un funzionario di corte o politico dell’epoca. La situazione non era di certo diversa per la zarina Aleksandra che pensava addirittura che Rasputin fosse stato mandato da Dio. Ben presto il loro rapporto venne letto dal popolo rivoluzionario come una relazione amorosa, andando a minare la credibilità stessa dello zar Nicola.

La fine di un’epoca

Come è noto, la fine della dinastia Romanov fu tragica, terribile e violentissima. Lo show racconta magistralmente questo evento che non necessita parole. Con cura e mestizia vengono delineati i più minuziosi particolari di ciò che portò a quella brutalità e a ciò che ne seguì.

Quando lo spirito bolscevico prevaricò lo spirito imperialista per lo zar non c’era più nulla da fare e fu costretto ad abdicare, ma quando invece la situazione sembrò ribaltarsi la stessa esistenza dello zar fu considerata un ostacolo per la rivoluzione, tanto che fu considerato necessario, nonostante non avesse più alcun potere, condannare a morte lui e tutta la sua famiglia.

In quella che a parer nostro è la scena più bella della serie, vediamo la famiglia reale portata con l’inganno nella cantina della casa per uso speciale con la scusa di farli sfuggire all’insorgenza del popolo. Credendo che quel luogo inospitale sarà solo di passaggio, in attesa dell’arrivo della carrozza che li porterà finalmente in Crimea, in salvo dalla rivoluzione, i Romanov ancora non sanno che quello sarà l’ultimo posto che vedranno.

Una volta entrati in quella stanzetta lugubre i sovrani si guarderanno l’un l’altro, le figlie si stingeranno in un angolo della sala come se quelle spoglie pareti potessero proteggerle e Aleksej rimarrà tra le braccia paterne in attesa dell’arrivo di una sedia su cui accasciarsi.

Le sedie arrivano e la famiglia si stringe come se si trattasse di un ritratto di famiglia, seduti e immobili come nei quadri che li raffigurano. Silenzio, un silenzio tale da poter distinguere i respiri di ognuno.

La porta si spalanca interrompendo quel mutismo e una scarica di pallottole si abbatte sull’intera famiglia condannata a morte. In trappola come topi in gabbia Nicola II, la zarina Aleksandra e i loro cinque figli vennero brutalmente sterminati così come tutti i membri della famiglia imperiale. Dei Romanov non c’era più traccia a eccezione dei pochi che riuscirono a scappare.

Anastasija è ancora viva?

The Last Czars

The Last Czars prende il via ponendoci fin dai primissimi minuti della serie questa domanda.

Vediamo infatti nella prima scena quello che era il tutore dei piccoli Romanov entrare in una struttura psichiatrica per riconoscere una donna che dice di essere Anastasija Romanov, sopravvissuta all’assassinio della sua famiglia.

Siamo nel 1925 e nonostante siano passati sette anni dal tragico evento, la donna che vediamo non è di certo la prima ad autoproclamarsi ultima superstite della famiglia reale. Saranno molte in quegli anni le donne che vittime della mitomania dichiareranno di essere la piccola Anastasija fuggita ma vittima di traumi psicologici.

Sarà questa la seconda storyline che si dipanerà in concomitanza con quella principale.

Chi è questa donna che dice di essere la duchessa Anastasija? E se si trattasse proprio di lei? Questa e altre domande verranno sciolte poco per volta durante tutta la narrazione, aggiungendo un tocco di mistero a quella che purtroppo è una storia tristemente già nota.

In conclusione

The Last Czars è un prodotto Netflix valido per quel che si propone di essere: una docuserie fedele alla realtà. Un format che sarebbe bellissimo utilizzare per ogni momento storico (e che avrebbero dovuto utilizzare anche per raccontare anche quest’altra storia).

Provate anche solo a immaginare come sarebbe bello vedere i momenti più salienti della storia moderna venire rappresentati con tale cura e soprattutto con un costante supporto di immagini, video e fonti originali capaci di rendere il racconto ancora più sensazionale.

Con The Last Czars abbiamo scoperto una piccola meraviglia. Una sfilza di episodi di vita vera che spesso dimentichiamo sopraffatti dall’incombente presente.

The Last Czars è stata l’occasione per riprendere in mano un pezzo di storia che molti conoscono superficialmente ma che affascina tremendamente.

Il confronto con The Crown è più che scontato, ma siamo dell’idea che non esista una competizione in atto, ma che si tratti semplicemente di due modi diversi ma allo stesso tempo puntuali di raccontare bene la storia.

LEGGI ANCHE – Cosa dobbiamo aspettarci dalla terza stagione di The Crown